La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

ma di rappresentazione, di denuncia o d\ provocazione, ma come se si aggrappass~ro, più in profondità, in una dimensione strutturale, in virtù di un approccio esperienziale più diretto. Mi rendo conto che per dar corpo a queste sensazioni dovrei citare qualche esempio (l'esperienza fatta da Studio Azzurro con Tavoli e Coro, pensando a ~ualche lavoro recente). Tra I altro il pubblico di queste esibizioni è sempre più diversificato e mostra caratteristiche lontane da quegli atteggiamenti tipo "addetti ai lavon" che ritrovi in molti ambiti artistici o da quelle presenze "deresponsabilizzate" che contraddistinguono le manifestazioni più spettacolari. Un altro aspetto che può favorire questo avvicinamento al dialogo sui problemi sociali è dovuto al fatto che l'espansione di certi mezzi comunicativi nella società contem r.oranea ha creato una sensibilità, spesso inconsapevole, condivisa tra moltissime persone. Una sensibilità cresciuta soprattutto nei meandri della programmazione televisiva, in diffuse forme d'intrattenimento, persino nell'utilizzo domestico di oggetti elettronici. Si è creata una sorta di lingua sotterranea, quasi gergale, che esprime l'evoluzione artificiale di questi anni e che attraversa strati sociali e identità culturali. Se da una parte questo attraversamento invadente sta provocando guasti irreversibili, impoverendo proprio la ricchezza delle distinzioni culturali, dall'altra costituisce però una base su cui poggiare un rinnovato dialogo tra pubblico e sperimentatori: un dialogo basato su codici facilmente recepibili, una comprensione che sta già nel gergo che si usa, di cui non è necessario comprendere tutto, ma di cui si intuisce con chiarezza il senso. Questo "gergo" ci permette di ritrovare un contatto con le persone, in modÒ non ambiguo, perverso o provocatorio ma naturale, anzi naturalmente artifici'ale. · Economia dell'arte Il costo dell'arte, della sperimentazione è diventato altissimo. L'uso di apparati complessi, di dispositivi onerosi è spesso inevitabile e l'apporto di svariati contributi e collaborazioni è necessario. La ricerca con i linguaggi YS2.Q. tecnologici ha ribaltato alcune regole _dell'economia dell'arte, a cominciare dal fatto che per fare un'opera, oggi, quasi sempre occorre venderla prima della sua realizzazione. Si tratti di un film, una installazione, una performance, un video. La difficoltà di accedere a questi linguaggi e di avere il tempo per appropriarsene, ha contratto drasticamente la possibilità di ceare quell'humus sperimentativo, quella vitalità esplosiva necessari a creare un contesto favorevole ali' evolversi anche della qualità della ricerca. Inoltre questa difficoltà ha spinto molte delle energie creative, attraverso lusinghe ben orchestrate, direttamente all'interno di istituzioni industriali, finanziarie, e anche militari. Lì si sono imposte mediazioni (per esempio nei confronti del gusto del pubblico) e condizionamenti (per esempio nei confronti delle necessità del committente) a volte insormontabili e spesso inaccettabili. Qualche pezza a questa situazione sinora ce l'ha messa il settore "pubblico" con interventi a favore di alcune discipline. Ma un po' perché lo Stato ( particolarmente il nostro) non ha vocazione e quoziente per intraprendere nella cultura, un po' perché l'assistenzialismo e tutte le sue deviazioni non vanno più di moda, un po' perché soldi a disposizione per queste cose ce ne sono sempre meno, qu~sta con?i~ione non tudera a esaunrs1. Su questa strada si potrebber intravedere oggi il profilo del mausoleo delle arti, del sepolcro. tombale della ricerca. Per non arrivare a tanto, credo ci siano due sentieri percorribili onde trovare aree da cui acquisire risorse e dove insediare i "luoghi della ricerca". Luoghi, per intenderci, che non assomiglieranno più agli atelier, agli studi, alle soffitte, ai pensatoi, agli asettici laboratori, ma più a degli agorà attraversati da flussi: di dati (se collocati in rete) o di sensibilità umane (se collocati nello spazio). Questi percorsi ci portano da una parte verso un contesto industriale, un diverso rapporto con le imprese, d!ll'altra verso un ambito formativo, una differente concezione delle scuole. Sotto, il territorio solido, deve essere quello di uno Stato più che finanziatore creatore, attraverso i propri regolamenti e i propri organismi, di quelle condizioni che rendano questi rapporti costruttivi. C'è il rischio che questa visione sembri un po' troppo educata, e si sa, viceversa, quanto gli artisti appaiano "sregolati" e "maledetti". Ma forse si conosce meno che di fronte a un budget, da comp<;>rresulla base di svariate decine di milioni, anche il più trasgressivo degli artisti rivela un'anima trafficona e a volte mercenaria. Preferisco, quindi, un progetto meno ambiguo. Può sembrare anche una visione edulcorata, che sembra far conto su una classe politica illuminata, industriali mecenati e baroni universitari capaci; mentre ben conosciamo quanto la situazione sia differente. Ma se non fingiamo e non ci deprimiamo forse possiamo riconoscere e interpretare qualche segnale che aiuta a muoversi nella direzione ipotizzata. Cultura industriale Qualcosa infatti occorre rilevare, sulla base di alcune esperienze, negli spostamenti delle strategie mdustriali. C'è una tendenza a sueerare l'interesse per la creatività applicata solo al "far immagine" dell'azienda o a quella di investire nel prestigio attraverso il solo "far vetrina" con le sponsorizzazioni. Non è una conversione: è una necessità. Avvertono, le imprese, l'esaurirsi della fase del consumismo sfrenato, il declino dell'investire sull'aspetto seducente delle cose attraverso forme e servizi effimeri, del puntare sull'usa e getta, del_la noncuranza verso lo scempio delle risorse compresa la risorsa umana. Intravvedono insomma il capolinea di quella cultura industriale tutta basata sul desiderio del referente, da sollecitare prima e da soddisfare poi. . Emerge, ancor timidamente, un atteggiamento più attento alle persone e all'ambiente, rivolto al recupero di alcuni valori come l'affettività verso le cose, la cura nel tempo, il servizio "friendly". .Emerge con particolare evidenza proprio dalla parte che ha avuto una responsabilità ·non secondaria nell'estetizzazione del prodotto, nella sua superficializzazione: il design. Il disegno industriale attraversa una stagione di grandi ripensamenti che coi-

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