La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

fili (o i loro parenti stretti o i loro più fidati maggiordomi). Dal punto di vista della trasparenza si è dunque andati molto più avanti che da quello dell'onestà: è sotto gli occhi di tutti, ormai, come funzioni il potere, alias governo, alias amministrazione, alias contabilità degli affari pubblici. Ogni responsabile di condominio o possessore di un libretto di risparmio - che sia uomo di casa o donna di strada - è oggi in grado di comprendere che è la vile e bassa ragioneria quella che conta (in tutti i sensi), ma questo non è soddisfacente, non lo gratifica come spettatore e comparsa, non lo solletica a candidarsi fra i prossimi attori delle elezioni locali o nazionali. La sua difesa della politica dei partiti di oggi è legata davvero all'affezione sportiva o al suo gusto per lo spettacolo delle opinioni, che ha decisamente soppiantanto il vecchio "dibattito". Il dibattito; riconosciamolo, era difficile: chi voleva parteciparvi doveva faticosamente frequentare parrocchie o sezioni, passare attraverso interminabili riunioni, leggere le dispense e i volantini in cui venivano rispettivamente raccolti i progetti e gli slogans - tutti mal"edettamente complicati - in un linguaggio artificioso e parallelo indispensabile. Oggi invece la politica è la sua immagine, e vivaddio siamo tutti più preparati a rece- . pirla, anche perché è vero che si è tutti un po' disponibili ad accettare una parte qualunque nel film o a far capolino in una delle frequenti e periferiche foto di gruppo. Questo vuol però dire che, quando si dice che "è in crisi l'immagine della politica o dei politici", l'allarme è davvero grande: vuol dire che sta cadendo la faccia insieme al trucco. E l'affannarsi delle telecamere e delle dichiarazioni, qualche concessione allo sgarbo e qualche scivolone nella volgarità, qualche rivelazione, sparizione, agnizione o altri intercambiaoili coups de théatre, sono indispensabili a sorre~- gere una trama in cui altrimenti non succederebbe nulla. Per contro, la liturgia solenne del Quirinale e della Banca d'Italia, della Confindustria e delle Grandi Famiglie (che poi si riassumono in una soltanto), ognuno vede e capisce al volo come e perché sia una faccenda diversa. A quei riti, è vero, si affacciano con diritto di parola anche i Tre Sindacati, e perfino la lunga fila di quei Leaders, che poi hanno le parti maggiori nell'altra più popolare e accessibile rappresentazione. Ma il pubbli~o non può dire più ~i essere mgannato, non fa pm confusione - se non volontariamente e proditoriamente - fra i due compiti e i due livelli, dello Stato o del suo Teatro. Ormai è chiaro che Amato, Ciampi, Dini e ma~ari Maccanico sono i ragiomeri-capo di un gioco freddo e un tantino noioso che davvero ci riguarda, ma che noi non guardiamo volentieri. A noi non piace il gioco vero del governo, piace la lotta e la lotteria di quelli che da anni si stanno preparando per una rivoluzione o meglio per una restaurazione che forse non gli riuscirà più: quella che in fondo ci riporterebbe ai bei tempi in cui i tecnici e i ragionieri lavoravano e contavano . nell'ombra, in cui le mediobanche e i grandi patroni non si fidavano soltanto dei dipendenti e dei parenti, ma concedevano fiducia agli avvocaticchi e professoroni, ai funzionari di carriera o sindacalisti di successo, ai siornalisti di fama o agli stilisti di grido, che riempivano non soltanto il Parlamento e ·1a Tv, ma a pieno titolo comparivano nelle locandine dello spettacolo politico più avvincente d'Europa. Ecco perché, mentre nelle alte sfere, il governissimo numero quattro stava per succedere al terzo con spietata e rassicurante regolarità, noi guardavamo, e guardiamo ancora, fiduciosi e ingenui spettatori, verso il teatrino popolare della politica del dentro casa (perché c'è la tv), ieri del sotto casa (c'era la piazza), attendendo di sapere come finisce la storia dei nostri beniamini. Già, perché in fondo anche Maccanico e persino Agnelli - m'è sfuggito! - deve in qualche modo fare i conti, se non con la democrazia politica, almeno con lo spettacolo democratico della politica. Ecco perché, al di sotto dei loro piani nobili, c'è ancora tutto un pianeta di semigiovani impiegati dalla faccia pulita (un tempo li chiamavano yuppies ma ancora prima si sarebbero detti ca~iufficio), i più emergenti dei quali si esibiscono in continuazione sotto il fuoco di fila delle domande di altri impiegati più casual (telecronisti che un tempo si sarebbero limitati a fare i paparazzi), come se fossero davvero loro a contare n.el presente e a costruire il futuro. Una gigantesca e instancabile macchina di rilevazione delf'opinione stimola continuamente la Gente (cognome politico di tutti quelli che propriamente hanno il nome di "consumatori") a optare per l'immagine, la voce, il buonsenso (mai più le idee) e stabilire così incessanti classifiche, · come se quegli impiegati fossero davvero in gara. Non è colpa di nessuno se mediamente preferiscono il biondino con gli occhiali rispetto al moretto con i baffi. Oggi come oggi, fa più Fini. ♦

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==