incapacità di convincere gli elettori, ma alla "riforma" che, affermano, è percepita come una politica "anti-poveri". La "riforma" consiste nell'abbattimento delle barriere tariffarie che proteggevano l'industria indiana dalla concorrenza straniera e nella limitazione discrezionale della burocrazia - "serva sciocca" del potere politico - sull'industria stessa. Il tutto viene fatto còn un gradualismo che molti giudicherebbero esasperante ma che fino ad ora ~a permesso di procedere senza grossi scossoni. L'apertura del mercato. televisivo - dove oggi i principali attori sono la "Star Tv" di Rupert Murdoch che trasmette da Hong Kong e la televisione di stato indiana, la Doordarshan (J?iù o meno "visione lontana") - è stata possibile perché in India quasi tutti parlano, o almeno capiscono, l'inglese : la diffusione a tutti i livelli della "lingua franca" è una delle carte che Manmohan Singh ha giocato con successo per attirare gli investimenti stranieri. L'altra è stata il sistema legale indiano sul quale - contrariamente, per esempio, alla vicina Cina - si può contare come un quadro certo di riferimento. La "rivoluzione liberista", contrariamente a quanto affermano i suoi critici, è arrivata anche nelle campagne, o per essere più precisi, in una parte delle campagne. Nei villaggi dell'Uttar Pradesh (provincia del Nord), il più popoloso degli stati indiani, si cominciano ad aprire dei negozi: sono piccole baracchette di legno con tre o quattro prodotti ma rappresentano una riv?luzione. Ho fat_touna _picco_Jainchiesta nell Uttar Pradesh, in un vt!lagg10·:su una specie di piccola piazza all'ingresso del paese c'erano una quindicina di negozi. Tutti eccetto uno avevano aperto i battenti dopo il 1991. "Ora le donne", mi disse uno dei negozianti, "vengono e chiedono un particolare tipo di sapone, che probabilmente hanno visto reclamizzato in televisione. Io vado in città e faccio rifornimento di quel sapone". Primo: non devono andare, una volta alla settimana al mercato cittadino; secondo, scelgono quello che comprano, non prendono la prima cosa disponibile. Ma le cose non vanno così lisce dappertutto. Per evitare l'esplodere di tensioni sociali in un paese nel quale una struttura sociale feudale convive con il capitalismo avanzato ci vorrebbe ben altro che la prudenza e il buon senso un po' opportunistico di Narasimha Rao: forse ci vorrebbe una bacchetta magica. Le tensioni sociali si sono espresse negli ultimi cinque-sei anni in un movimento che nella pubblicistica indiana viene indicato col nome di "Manda]". Mandai era un sociologo che negli anni Settanta, su richiesta dell'allora primo ministro Indira Gandhi, identificò alcune centinaia di "altre caste arretrate" (Obc, other backward castes nella sigla inglese) per le quali raccomandò qualche forma di protezione legale. La novità della politica indiana degli anni Novanta è che le "altre caste arretrate" sono diventate un serbatoio di voti e una forza politica di primo piano. Governi espressi da una "casta arretrata" - gli yadav, i pastori- sono al potere in Uttar Pradesh e nel vicino Bihar. L'U ttar Pradesh ha 150 milioni di abitanti, il Bihar ne ha 85 milioni. Insieme mandano in parlamento 140 deputati (su un totale di 515). I leader politici più potenti si chiamano rispettivamente Mulayam Singh Yadav e Lalu Prasad Yadav: a sostenerli è una coalizione che PIANETATERRA viene chiamata Hym: harijans (gli "intoccabili"), Yadav (cioè le caste basse ) e musulmani. In genere si ritiene che le caste fondamentali secondo il tradizionale sistema hindu siano quattro: sacerdoti, guerrieri, commercianti e servi. Giusto, ma estremamente semp"Jificato: in realtà le caste sono migliaia, stratificate in modi che variano da regione a regione ma che comunque nella società contadina sono considerati immutabili, perché hanno sanzione divina. A dispetto dei padri della repubblica e della sua costituzione, la casta oggi è la definizione fondamentale nella politica e nella società indiane. Lavoro, ricchezza, potere si ottengono in base all'appartenenza di casta. A Lucknow, capitale provinciale dell'Uttar Pradesh un importante _avvocato (bramhino) mi ha sf iegato così la situazione creata dall'avvento a potere di Mulayam Singh Yadav: "non è cambiato niente, eccetto quelli a cui devo andare a chiedere i favori". Forse è cinismo, ma a me sembra una rivoluzione: il bramhino deve andare a raccomandarsi dallo yadav. Il mondo si è capovolto. · · Una delle conseguenze - o forse uno dei presupposti - della rivoluzione politica di Manmohan Singh e delh rivoluzione sociale degli Yadav è che in India non esistono più i grandi partiti nazionali. Diamo uno sguardo alla "mappa politica" del paese: il Partito dèl Congresso è al potere in cinque stati; il più grande partito di opposizione, l'integralista hindu Bharatiya Janata Party (il partito del popolo indiano) governa, oltre alla capitale Delhi, il Maharastra, il Rajastan e il Gujarat, cioè l'India del nord-ovest. Il Janata Dal (organizzazione del popolo) governa in due stati: il Karnataka e il Bihar, dove più che il partito e la sua organizzazione conta la personalità dei leader locali. Negli altri stati, sono al potere partiti regionali - i casi P,iù clamorosi sono l'Uttar Pradesh e il Tamil Nadu - a parte il West Bengal, dove il Partito comunista indiano (marxista) tiene il governo dal 1970. In altre parole, tutti i partiti sono di fatto regionali. La realtà va verso una sorta di struttura federalistica, che la cultura "imperiale" della classe dirigente indiana si ostina a negare. L'unico partito veramente nazionale e interclassista, una sorta di versione orientale della fu Democrazia cristiana, sarebbe il Consresso, il partito dell'indipendenza, il partito' de, Nehru e che fu del mahatma Gandhi. Il miracolo del Congresso fu quello di tenere insieme le classi dirigenti e tradizionali - le caste alte, in primo luogo i bramhini - e gli strati più bassi della popolazione, gli intoccabili e i musulmani. Oggi, a torto o a ragione, intoccabili e musulmani non hanno più fiducia nel Congresso. Le caste alte sono dtvise tra la fedeltà al Congresso e il cedimento al fascino dell'integralista - però nazionalista e, in alcune sue componenti, liberista - BharatiyaJ anata Party (Bjp ). Il Bjp rappresenta una corrente di pensiero presente in India fin dagli albori del movimento indipendentista: una componente che, attraverso la chiave dell'ortodossia religiosa suona una corda alla quale tutti gli hindu sono sensibili. "Noi hindu", è il messagsio, "siamo stati dominati prima dai musulmani poi dagli inglesi, perché la nostra religione è tollerante e positiva. Ma se ci arrabbiamo ..." Ma l'ortodossia hindu gli rende difficile, nonostante gli sforzi dei suoi dirigenti, rendersi accettabile alle caste basse e ai musulmani che sono la maggio-
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