La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

facciata esiste una gerarchia di valori in base al merito. Apparentemente predomina l'inconciliabilità dei valori, ma in realtà Berlin si concede una teoria politica positiva e generale. Proprio perché i valori sono molteplici e incompatibili Berlin raccomanda una politica di compromesso ed equilibrio. È un consiglio lodevolissimo - e per una volta sono felice di seguirlo e sostenerlo - ma è conforme a quel pluralismo dei valori inconciliabili (e quindi eguali) che è alla base di tutto? Se lo è, chi potrà fermare il fondamentalismo religioso dal tentativo di compromesso su principi religiosi inaccettabili? Se invece non lo è, allora che ne sarà della teoria stessa? Come riporta giustamente Gray, questo tipo di critica è già stata mossa da Perry Anderson, ma è un'obiezione importante e merita di essere ribadita. Gray inserisce Berlin nel contesto della storia del pensiero astratto. A volte sembra che il destino della libertà dipenda dalla qualità delle argomentazioni illustrate nelle riviste filosofiche. A questo proposito, in generale ho seguito l'abitudine di Gray, ma poiché Gray acclama Berlin come il profeta di un nuovo liberalismo, è opportuno c·onsiderarlo sullo sfondo del mondo reale. In questo secolo il destino della· libertà è stato abbastanza strano. All'inizio sembrava procedere bene, poi il terribile crollo: la catastrofe della prima guerra mondiale, la reazione dell'antiliberalismo di sinistra e di destra; una vittoria di misura sull'antiliberalismo di destra seguita dalla conquista di mezza Europa da parte dell'antiliberalismo di sinistra. E poi in maniera del tutto imprevista e provvidenziale il' mondo sembra costruito di nuovo in modo da favorire la libertà. Da ciò alcuni hanno dedotto che la storia è giunta al termine (i colleghi oxfordiani di Berlin pensavano che non fosse mai iniziata). Non condivido questo ottimismo compiaciuto. La libertà si è conquistata la vittoria servendosi del consumismo. Grazie a Dio. Fino a quando i commercianti, alleati di finanziatori e speculatori, e forse di truffatori e mafiosi, continueranno a vincere e finché la logica della loro situazione interna li manterrà politicamente tolleranti, andrà tutto bene. Ma sarebbe da pazzi credere che continuerà ad essere così. Il futuro ci riserva delle minacce per la nostra libertà avida di benessere. Me ne vengono in mente almeno otto. 1. Il governo basato sulla crescita economica non può durare in eterno, anche se continuerà ancora per un po'. Ha permesso ai paesi in grado di ragsiungere la crescita economica di essere liberali e allo stesso tempo di mantenere l'ordine senza i tradizionali, e forse inevitabili, metodi brutali. Ma alla fine si arriverà a un punto di saturazione, e la lavatrice non potrà più avere la funzione di controllo dell'ordine sociale. 2. Sebbene una tecnologia abbastanza potente .favorisca la libertà, l'avvento di una tecnologia ancora più potente potrebbe rivelarsi fatale. 3. La fase recente dell'industrializzazione non potrà più portare a quell'individualismo che invece era peculiare del primo stadio del processo. 4. L'estendersi della tecnologia all'ambito umano, se davvero accadrà, potrebbe reintrodurre forme estreme di diseguaglianza, per esempio trasformando la salute e la longevità in beni di lusso. Ciò potrebbe neutralizzare l'effetto positivo del benessere nell'appianamento dei conflitti sociali. 5. L'ulteriore progresso dell'industrializzazione da un lato stimola il nazionalismo e dall'altro lo contrasta provocando migrazioni in massa di manodopera., e quindi provocando tensioni che non potrebbero essere contenute con metodi liberali. 6. Un mercato libero dei valori inconciliabili privi di basi sociali o dottrinali può provocare un vuoto morale insostenibile. 7. Quelle società che raggiungono un livello di industrializzazione avanzato basato non su una tradizione preindustriale, ma sulle rovine di un sistema centralizzato "socialista", potrebbero in alcuni casi rivelarsi incapaci di raggiungere quel compromesso - incoerente da un punto di vista logico, ma praticabile da un punto di vista sociale - che caratterizza il liberalismo consumistico. Questo tipo di società pouebbero degenerare nella criminalità, nel neoautoritarismo o in qualcosa di ancora peggiore ed essere socialmente contagiose. 8. Infine, in futuro la fine della pluralità politica potrebbe rivelarsi l'unico mezzo per arrestare le minacce ecologiche e terroristiche che la tecnologia moderna comporta. Sta a noi fare fronte a questi pericoli. Berlin può contribuire in qualche modo? Ci si aspetterebbe un po' di aiuto da un importante e innovativo profeta del liberalismo. Ma quello che manca nell'opera di Berlin è il senso concreto del contesto sociale delle pratiche liberali, che invece si trova per esempio in Max Weber. È indispensabile cercare di vedere cosa succede alla libertà nel mondo reale. Può un simile valore dipendere da argomentazioni così astruse e complicate come quelle del libro di Gray, che un docente universitario, come me, riesce a seguire con estrema difficoltà (e a volte per niente)? Se da un lato la filosofia si preoccupa poco della trascendenza e dell'oggettività, dall'altro è troppo astratta. Dà l'impressione che la filosofia della storia sia tutto, o quasi, e che le esigenze non intellettuali non ci riguardino. Ma Gray fa un'osservazione acuta quando afferma che alcuni principi di Berlin possono entrare a far parte del gergo postmodernista. In effetti sembra esservi una sovrapposizione tra "liberalismo conflittuale" e i sentieri più impervi dell'attuale moda relativista e soggettivista: Gli stili potrebbero essere distanti anni luce: i postmodernisti antinomici potrebbero affermare che i mondi sono "costruiti socialmente" per avere qualcosa da "decostruire". Il relativismo di Berlin, presentato come l'affermazione dell'inconciliabilità, in realtà è il lucido riconoscimento della condizione umana. Tuttavia, nell'interpretazione di Gray questa teoria è dominata dalla percezione che sia liberali che antiliberali amngono alla stessa fonte. Sono troppi gli ospiti mdesiderati che approfittano di questo banchetto, ma cercare di escluderli porterebbe solo alla confusione logica. Quindi, anche se le radici del postmodernismo e del liberalismo conflittuale possono essere diverse, Gray ha ragione a sottolinearne il !esame. Forse potremmo soprannominare Berlm il Savile Row postmodernista. ♦ illJQl:J1

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