LE NUOVE VESTI DEL LIBERALE Ernest Gellner (traduzione di Monica Campardo) Ernest Gellner, nato a Praga e lì recentemente scomparso, ma vissuto in Jnghillerr~ è stato docente di Fi7osofiaalla London Scliool qf uonomics per 20 anni. Successivamente si è trasfè,rito a Cambridge dove è stato docente di Antropolo_gia sociale. Tra i suoi ultimi libri Postmodernisll1. Keason and Religion e Conditions of LibertY,. E tradotto in Italia presso Il Saggiatore. Ha collaborato con "Linea 'd'ombra". Lo ricordiamo pubblicando la stesura iniziale di uno dei suoi ultimi articoli, sulle metamosf osi ·· del liberalismo e del relativismo. I pensatori di cui egliparla sono Isaiah Ber/in, il ben noto autore di Il ncc10 e la volpe (Adelphi) e ]ohn Gray che insegna Teoria politica a Oxford e che hapubblicato un libro su Berlin. Questo testo èfreso tfa "The Guardian" di sabato 4 novembre 199 . • La volpe conosce molte verità; il riccio ne conosce una sola ma grande. Isaiah Berlin ha lodato le virtù della volpe per così tanto tempo, in modo così tenace e coerente che è diventato il vero e proprio riccio della "volpinità". Sembra avere un'unica idea fissa, e cioè che non dobbiamo avere idee fisse. Secondo lui nel sistema di valori dell'uomo non ne esiste nessuno superiore e onnicomprensivo, una sorta di corte d'appello suprema che decida di tutte le questioni. · Eppure lo stile di Berlin è rilassato e se esiste una tensione sotterranea al tema centrale, il lettore che non 1a nota è ampiamente scusato. Di certo non si può dire lo stesso di Gray quando espone ·il proprio giudizio su Isaiah Berlin (Harper Collins, 1995, ora anche in edizione economica nella collana Fontana Modem Masters). Gray insegue con fervore quello che è in realtà un unico tema: accettare una pluralità di valori contrastanti o inconciliabili è in linea con il liberalismo? Gray entra nel sistema filosofico di BerlinJ.si identifica con esso e ne rivive le tensioni. e talmente 1;reso dai problemi del pensiero di Berlin da mseguirli con una risolutezza che nello stile pacato, o forse blasé, di Berlin è molto meno evidente. Il Berlin che emerge dal ritratto intellettua- . le di Gray è in un certo senso più coerente e simile al riccio, molto più turbato dai problemi della propria posizione filosofica e molto più tena-ce nel cercare di risolverli di quanto non lo sia in realtà. Gray afferma che "l'intera opera di Berlin è pervasa da un'unica idea di enorme forza sovversiva" e l'idea è, chiaramente, la perspicacia della volpe. Gray elogia Berlin come la fonte di un genere di liberalismo nuovo e superiore che .va oltre il liberali~ smo convenzionale riconoscendo una pluralità di valori contrastanti. È importante inserire Berlin nel proprio contesto storico-filosofico. Gray cerca d1 distaccarlo dai filosofi del linguaggio oxfordiàni del secondo dopoguerra, quali J. L. Austin, ma è proprio qui che sbaglia. Egli stesso fa una lunga citazione da Berlin che è pura filosofia del linguaggio. Berlin denuncia e di fatto "rivela" quella che definisce "una falsa teoria del significato" secondo cui un universo fondamentalmente omogeneo si riflette in un linguaggio fondamentalmente omogeneo. Wittgenstein aveva affermato che il linguaggio può essere compreso solo da una volpe e che l'errore dei filosofi del passato stava nel fatto che erano tutti dei ricci. Sebbene questo errore riguardasse in particolare il linguaggio, come un virus informatico si era diffuso e aveva contaminato tutto. · La scoperta di questo presunto errore venne accolta entusiasticamente dalla filosofia oxfordiana del secondo dopo!$uerra come la soluzione ai problemi filosofici e politici. Ma se questa era la filosofia, qual era il ruolo della teoria politica? Se solo Wittgenstein fosse vissuto e avesse scritto le sue opere prima, si sarebbero forse evitate la rivoluzione francese, quella americana e quella russa? Sarebbe bastato che spiegasse a tutta· quella gente che non c'era niente per cui arrabbiarsi una volta capito che il linguaggio possiede numerose forme inconciliabili? E sarebbe bastato leggere alla folla rivoluzionaria alcuni brani scelti dell' opera di Wittgenstein anziché l'Act of Riot (la Dichiarazione di Rivolta)? · lsaiah Berlin trova più o meno un modo per superare questo piccolo scoglio. La filosofia politica non diventerebbe altro che lo studio della storia delle teorie e k teorie sottoposte a indagine non sarebbero destinate a priori a una validità puramente limitata; nella pratica la filosofia politica non interferirebbe mai troppo con niente. Potrebbe solo, per così dire, consigliare di prendere le cose con calma. Se l'umanità si basa sulla pluralità di valori inconciliabilì, come sostiene Berlin, allora la critica che si può muovere ai filosofi del passato è di non essere riusciti a capirlo, un errore intrinseco nella loro strategia di fondo: la ricerca di un principio politico onnicomprensivo (Platone, Kant e tutta la grande tradizione del pensiero occidentale). Forse, come conseguenza di un simile monismo morale, si posso no accusare addirittura di totalitarismo. Tutti sostenevano questa idea centrale del pluralismo e quindi, sebbene intellettualmente ·validi, vennero ipso facto privati della possibilità di un eccessivo intervento nel mondo reale. Berlin in realtà individua dei precursori di questa visione (anche se alcuni sembra che la formulassero in modo ambivalente) in Machiavelli, Vico, Herder, Tolstoj, un ~ccostamento che desta qualche sospetto. Per Gray, capire come questa idea centrale possa davvero essere originale pur rifacendosi a un simile, straordinario quartetto (almeno) di predecessori, è un problema minore. Più importante sembra stabilire se l'affermazione che i valori dell'uomo sono inconciliabili sia davvero originale. Gli eroi tragici greci, per esempio, erano forse estranei all'idea di un irrisolvibile conflitto di valori? Antigone non ha provato l'incompatibilità degli obblighi verso la propria famiglia e verso lo stato? Gray non nomina altri che hanno sostenuto lo stesso principio, ad esempio William Jàmes o Raymond Aron. Il riferimento a Max Weber invece è davvero assurdo: Gray ammette che Weber parlasse di "valori inconciliabili"; ma lo critica per non essere riuscito a dare "alcuna spiegazione delle cause di questa incompatibilità conflittuale tra forme culturali diverse". Questa è una delle accuse più ridicole mai fatte a Weber e può significare solo che LEZIONI
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