La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

va" (esempio di "transizione transitiva" è invece, secondo il politologo spagnolo il caso di Vaclav Havel nella rivoluzione ceca). Questo, per la cronaca. Quanto a una definizione, invece, degli elementi che hanno caratterizzato i tre processi di cambio di regime, pare corretto fare riferimento tanto al contesto geopolitico -regionale e mondiale - quanto agli attori politici nazionali. Per i fattori di contesto, la durezza del confronto che oppone_va _i d\fenso~i dei yec~ ch1 reg1m1 e 1 mov1ment1 e 1 partiti di un progetto democratico non poteva sottrarsi alla rigidità dei blocchi, che subordinava la propria logica di "contenimento" qualsiasi altra considerazione ideologica. Il cambio di regime portava una rottura della continuità, ma la continuità era considerata (all'interno dei blòcchi ereditati dalla guerra fredda) un elemento positivo, rassicurante, fino al punto che gli Usa guardavano ai regimi autoritari di Spagna, Portogallo e Grecia come aree di stabilizzazione consolidata. C'è un interessante, e poco conosciuto, documento del senato americano che riferisce di un'udienza dedicata ai servizi segreti, Cia e Dia; parlare al generale Graham, e il testo stenografico racconta: "Quando il Portogallo impazzì, sapete, quando montarono quella loro rivoluzione. ogni cosa andò ali' aria. Io mi ricordo che il sottosegretario alla difesa Clemens mi domandò: 'ma, generale, perché non mi fa avere più carte e rapporti da Lisbona ?', e io gli nsposi: 'signore, lo sa lei quanta gente ho avuto che lavorasse per la Dia in Porto- . gallo? Soltanto la sesta parte di un agente, perché il mio analista era un giovanotto che doveva occuparsi contemporaneamente di Spagna, Portogallo, Angola, Mozambico, e di un altro paio ancora di posti'" (il documento si può leggere nel "N ational Intelligence A~t of 1980"). La "disattenzione" che aveva accompagnato il corso dei regimi au~oritari si trasformava immediatamente in attenzione (e perfino intervento diretto, anche se coperto) quando la transizione apriva nella continuità politica dinamiche nuove; e al centro di ogni analisi finiva per proporsi, naturalmente, il ruolo che negli equilibri incerti del cambiamento si disegnava il partito comunista nazionale. In Portogallo e in Spagna (per la Grecia lo sviluppo è parzialmente diverso) la Germania di Brandt, ma anche gli Usa, sono stati gli sponsors più attivi della concorrenza che i socialisti muovevano contro i comunisti per conquistarsi l'egemonia iniziale del processo di riforma; in Por_tog~llo Washing~on usò spregiudicatamente 1 ambasciatore Frank Carlucci per bloccare la possibile vittoria dei comunisti civili e militari, mentre in Spagna i marchi che Bonn mandava a Gonzales (si fece storia la battuta rabbiosa alle Cortes che "aq uì, senoires, no hay nì flick nì flock") contribuivano decisamente a dare peso e immagine al progetto del Psoe. Poi, naturalmente, nella fase della stabilizzazione il complesso di relazione politica, commerciali e culturali nato dalla adesione alla Comunità Europea ha non soltanto consolidato il radicamento della democrazia ma anche - scrive Brzezinski nel suo_ The Grand Failure - "ha diffuso tra le masse la sensazione che nascesse una nuova era, portatrice di grandi opportunità e di una modernizzazione accelerata, contribuendo così, con que- · sto nuovo spirito a sottrarre all'ideologia comunista gran parte del suo ascendente". Per quanto riguarda gli attori interni della transizione certamente lo specifico della storia nazionale ha agito in modo distinto per ciascuno dei tre paesi, chiamando la società civile e le forze armate a integrarsi nel progetto di cambiamento secondo modelli autonomi (per i quali è uno strumento d'analisi insostituibile il primo dei quattro volumi che O'Donnel, Schmitter e · Whitehead hanno pubblicato con il titolo Transition from Autoritarian Rule). Ha valutare la conclusione di quel processo di cambio oggi, nel momento di ritiro dalla scena per tre deì suoi grandi protagonisti, la riuscita può essere misurata con vari parametri: secondo il parametro culturale, il successo sta nella modernizzazione di società che si presentavano generalmente chiusa, bloccata dentro il culto di una tradizione passatista; nel!' economia si è realizzata la liberalizzazione di strutture produttive obsolete e forzosamente protezioniste; nella società, i militari sono tornati a fare il loro lavoro dentro le caserme e le nuove costituzioni hanno adottato modelli di chiara influenza europea; per la politica, infine, i sistemi di rappresentanza e di governo hanno consentito la piena realizzazione del principio di alternanza nel potere, cancellando i timori di un possibile ritorno al passato dopo la vittoria elettorale dei partiti conservatori. L'unico caso che mostra, forse, una residua carenza nella chiusura del processo della transizione è la Spagna, dove era ancora mancato il ritorno al potere di un patito erede - in qualche modo - dello spirito conservatore del regime franchista. A differenza della Grecia e del Portogallo, dove la sconfitta dei colonnelli di Papadopulos e A Revolucao dell'Mfa hanno troncato la continuità del passato, la Spagna si era inserita nel processo della transizione senza che venisse realizzata - almeno nell'immaginario collettivo - una vera rottura con il regime autoritario; tanto che qualcuno nel novembre scorso al tempo delle c;elebrazioni per i vent'anni della morte di Franco, ha tentato di contrabbandare l'idea che quella spagnola sia, stata una "inmacu lada transicion" (questo era !'efficacie titolo del quotidiano El Pais), una sorta di partenogenesi del regime franchista. In realtà la transicion è stato il prodotto di un patto ideale che Juan Carlos ha concluso non soltanto con la destra riformista, per bloccare l'immobilismo del bunker franchista, ma anche con la sinistra spagnola, comunisti compresi, che si presentava come interprete autentica delle tensioni liberali modernizzatrici che muovevano dal basso la società civile. Il giudizio del paese ora sulla destra moderata guidata da Josè Maria Aznar chiude anche quest'ultima accezione; e che gran parte del voto giovane vada al conservatore Aznar - p·erché il socialista Gonzalez rappresenta comunque l'establishment per i giovani nati dopo il franchismo - suggella s1mbol·icamente la fine di una storia lunga almeno vent'anni. Si chiude un ciclo, la transizione è finita. ♦ YQQ.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==