EUROPA Atene, Lisbona, Madrid: tre storie · Mimmo Càndito In questo inizio d'anno, ad Atene, a Lisbona, e Madrid, tre storie si sono chiuse quasi contemporaneamente. Sono tre storie fortemente personali, anche se si mostrano inserite con evidenza nel contesto di processi politici; ma non sono affatto tre storie individuali: dietro i nomi dei tre protagonisti - Papandreu, Soares e Gonzalez - passa piuttosto il percorso comune di un progetto di cambiamento drammatico, l'itinerario che ha segnato per tre paesi di difficile stabilità politica (e di dittatura, allora ) il quasi contemporaneo avvio della transizione alla democrazia, e poi il lungo tempo del suo radicamento nella cultura politica delle società nazionali. Fu vent'anni fa , o poco più', tra il '74 e il '75, che Portogallo, Grecia e Spagna mutarono i regimi autoritari che li governavano, ultima giacenza del passato nell'Europa democratica: le circostanze furono diverse per ogni paese ( la rivoluzione dei garofani, il fallimento del golpe contro Makarios, la morte di Franco), ma il cambiamento arrivò con una sequenzialità imprevedibile, quasi contagiosa nella rapidità della sua espansione oltre frontiera. .s'iniziò in quei mesi una stagione politica intensa, di grandi speranze e di forti tensioni ideali; ma, naturalmente, il passaggio alle regole della democrazia ebbe poi a realizzarsi in forme e tempi distinti per ciascun paese. Se Alvaro Cunhal poté perfino immaginare "una rivoluzione socialista" nel paese dei capitani coraggiosi, ad Atene prevalse invece il gradualismo moderato di Karamanlis, e in Spagna la successione del Caudillo passo' nelle mani di un re che sembrava nato da una costola del franchismo. Eric Hobswam, nel suo recente Age of Extremes, riduce l'autonomia nazionale di quei processi politici a un Y.QQ modulo interpretativo unitario, commentando che "quelle trasformazioni· possono considerarsi come la liquidazione delle questioni rimaste pendenti dopo l'era fascista e la seconda guerra mondiale". Nell'ottica della lettura di un secolo tormentato da sconvol$imenti epocali e da conflim e tensioni che hanno fatto decine di milioni di morti, dentro i lager, nei gulag , nello scontro dei nazionalismi o delle ideologie totalizzanti, l'understatement che lo storico inglese esercita verso le tre "piccole rivoluzioni" degli anni Settanta è anche comprensibile; però una disaggregazione degli elementi sociali e politici che composero quella "liquidazione" di un passato comune può servire utilmente a capire le ragioni delle diversità oggi dello sviluppo del sistema politico di ciascun paese. È, questo, il problema della eredità politica· di un regime, secondo la definizione che meglio di tutti, forse, ne ha dato J ohn H. Herz, nel volume antologico From dictatorship to democracy. Herz, in realtà, fissa l'analisi della eredità soprattutto in funzione di due fondamentali obiettivi politici, connessi tra di loro ma opposti: da una parte, i moduli nei qual~ il 1:uovo govern<;>democratico 10tende esprimere e affermare la propria immagine; dall'altra, le forme con le quali si realizza ..,.nel nuovo sistema democratico - lo svelamento della identità della dittatura sconfitta. In una transizione i codici del potere non sono ancora definiti, la loro articolazione è un procedimento che si realizza gradualmente, talvolta anche tortu os amen te sotto la spinta delle forze sociali. Che le storie di Soares, Papandreu e · Gonzàlez, ritrovino ora, alla fine della loro lunga traiettoria perso.nale, una comune identificazione politica, offre ali'analisi delle "eredità" della democrazia le migliori ragioni per verificare come si formino e si consolidino questi codici del nuovo potere. Nella seconda metà del nostro ventesimo secolo i compilatori delle cronache stanche hanno già contato trentaquattro casi di transizione alla democrazia (che viene istaurata, o restaurata, dopo una dittatura o un regime autoritario). Tra queste trentaquattro storie i tre casi del sud d'Europa hanno una singolarità che naviga a mezzo tra l'interesse dottrinario e la falsificazione mediatica della realtà: si realizzano quasi nello stesso tempo e ora licenziano quasi congiuntamente le figure-simbolo di questo passa~gio politico. Mario Soare, 10 Portogallo, ha chiuso la propria storia ufficiale a gennaio, con la fine del mandato presidenziale: era una scadenza naturale, ma egualmente segna la conclusione simbolica di un ciclo che ha accompagnato ogni fase del processo di istituzionalizzaione della democrazia, dall'arrivo trionfale nella stàzione del Rossio, durante la felice primavera dei garofani, fino all'assunzione della guida del paese in un progetto moderatamente riformista. E' una sorta di scadenza naturale anche queHa che ad Atene ancora in gennaio, ha imposto ad Andreas Papandreu di abband o nare il potere, dopo una vita interamente passata nei palazzi del governo: la sua lunga malattia gli impedisce· . ormai quell'esercizio carismatico di trascinamento della vita pubblica nel quale si realiz- . zava, con successo, il modello populista della sua visione politica (questa lenta consunzione fisica, segna però anche un mutamento profondo del costume greco, che per la prima volta misura il dibattito politico con la ragione delle idee e non nel profilo deviante dei grandi demagoghi, della destra come della sinistra). Felipe Gonzàlez, infine, trova nel risultato delle elezioni del 3 marzo l'ostacolo che interrompe - per la prima volta dal '75 - la sua lunga marcia nel potere: cominciata già prima della morte di Franco, con la ricerca di una autonomia socialista .dall'egemonia del pce di Carrillo, questa marcia era poi diventata nel tempo la lenta deriva cesarista di una leadership di J osè Vidal-Beneyto ha definito "intransiti-
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