ORDINARIA AMMINISTRAZIONE Giacomo Vaiarelli Non è mai stato facile parlare di Palermo. Il rapporto tra la politica e gli intellettuali, poi, in questa città, si è rivelato quasi sempre problematico. Mi riferisco, ovviamente ai pochi, tra sii intellettuali palermitani, non omologati, critici e non alla maggioranza di essi, la cui propensione al silenzio o ali' effimero, alla cura del proprio orticello è ampiamente nota. Sciascia riassumeva emblematicamente 'questa con- _trapposizione irrisolta. Il rilievo non riguarda solo il passato, l'era democristiana, a quanto pare, se si considerano le recenti polemiche seguite alla pubblicazione di un articolo di Goffredo Fofi e all'uscita del film di Ciprì e Maresco Lo zio di Brooklin. Colpisce la qualità, si fa per dire, delle risposte alle provocazioni dell'uno e degli altri (sul tono è meglio stendere un velo pietoso), accusati di aver dato un'immagine falsa di Palermo. Questa. volta non sono scesi in campo. soltanto i soliti paladini di un sicilianismo straccione, che perfino ne~li anni Ottanta si ostinavano a paragonare il capoluogo siciliano a un'amena città elvetica, ma anche alcuni degli artefici del rinnovamento politico palermitano cui pure vanno attribuiti non pochi meriti. Anche le reazioni di questi ultimi sanno di arroccamento, di difesa acritica. Intendiamoci, non è che si debbano sottoscrivere in toto e necessariamente guelle provocazioni. Non è questo il punto. E difficile, a due anni di distanza dall'insediamento della Giunta Progressista al Comune, accettare la rappresentazione di Palermo come di una città amara, dall'alito cattivo e dalla digestione difficile, puntellata e bombardata come se fosse ieri, città in bianco e nero, di poca fede, città che seppellisce e dimentica i suoi morti? Se ne discuta civilmente, si apra un dibattito di alto profilo sui nodi irrisolti, sulle luci e sulle ombre della nuova esperienza amministrativa. Ciò che non si può accettare è il vecchio gioco della demonizzazione, dell'invettiva infastidita, dell'assenza di dialettica che sottende una visione subalterna, si sperava tramontata a sinistra, della cultura e degli intellettuali. Gioco, fra l'altro, perdente perché le difficoltà esistono, i nodi devono essere recisi e su di essi è preferibile che riflettano quanti hanno creduto e credono nella svolta di due anni fa, piuttosto che gli avversari politici di sempre, i berlusconiani di oggi. Marcello Benfante nel suo articolo di apertura ha efficacemente posto l'accento sui ritardi del risanamento urbanistico della città, del centro storico in particolare. Non è il caso di insistervi oltre. È invece importante sviluppare la sua considerazione finale secondo la quale senza un risanamento culturale e morale oltre che economico e sociale questa città rischia di non àndare da nessuna parte. Anche in questa direzione non si possono LA C[ITÀ negare motivi di preoccupazione. È impressione diffusa che o~gi il clima complessivo della città sia mutato 111 peggio, che le grandi speranze nate sull'onda della reazione popolare agli omicidi di Falcone e Borsellino, le grandi attese che seguirono alla vittoria dei progressisti alle elezioni comunali del '93 si siano attenuate. È probabile che qualcosa di esse continui ad animare il movimento carsico delle associazioni del volontariato, dei centri sociali, dei piccoli gruppi dispersi sul territorio. È un fatto indiscutibile però che questi frammenti, queste microprogettualità - una vera e propria miniera di energie morali spese a favore dei ceti emarginati e nelle battaglie contro l_amafia - abbiano perso in visibilità e incisività. Prima infatti, riuscivano a trovare, seppure con qualche difficoltà, punti di incontro, occasioni di dibattito, di imziative comuni, siner~ie, davano insomma l'idea di una società civiie in fermento. Oggi accade molto più raramente. A mio avviso, l'aver concesso (o aver permesso) all'amministrazione comunale di dettare, in termini quasi esclusivi, i tempi e le forme della partecipazione politica dei cittadini, è stato un grave errore. In questo modo si è concretizzato il pericolo, da qualcuno paventato dopo l'investitura plebiscitaria di Orlando, di un possibile declino del ruolo, dell'autonomia dei movimenti, nel delicato passaggio da una cultura d'opposizione a una cultura di governo. Anche sul piano politico e istituzionale non mancano motivi di riflessione seria. Il sogno di un consenso popolare, definitivamente acquisito dalle forze del cambiamento, è andato in frantumi nelle elezioni del 27 marzo che hanno offerto un quadro della città irriconoscibile ad appena due mesi di distanza dalle comunali. Eppure nessuno poteva ragionevolmente credere che il crollo di un intero ceto di governo, sotto il peso della questione morale, si sarebbe tradotto, nel capoluogo siciliano, nella immediata dissoluzione e nella diaspora definitiva del suo variegato blocco sociale, cementato da una quarantennale distribuzione affaristica e particolaristica delle risorse pubbliche. È_ cosa nota che ampi settori politici, segmenti significativi della borghesia palermitana, orfani della Dc e di Craxi, abbiano trovato in Forza Italia il loro referente nazionale, e che oggi si muovano compatti dietro Berlusconi nella dichiarata guerra contro la magistratura. In particolare contro la Procura di Giancarlo Caselli, ora che nelle inchieste dei giudici stanno emergendo le loro pesanti responsabilità, che vanno ben oltre l'i{'otesi di contiguità a Cosa Nostra (caso Mannmo, caso Musotto per citarne solo alcuni). Cosa si è fatto finora per disarticolare quel blocco sociale, per se{'arare gli interessi della borghesia mafiosa dai bisogni della maggioranza dei cittadini, specialmente di quelli, privi di risorse e chances di vita, che popolano le borgate e le periferie egemonizzate dalla mafia e hanno votato in massa per la destra? Ponendo questa domanda, non si vuol disconoscere che i molti interventi (dal traffico, alla viabilità, all'assistenza, alla scuola, al recupero di edifici pubblici, alla riforma della macchina comunale ecc...) attuati dalla nuova Giunta, tra ostacoli di ogni tipo, abbiano migliorato in qualche modo la vita di questa città. Ma lo spazio concesso, nell'attuale fase di profonda
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