Ma di questa normalità sulle pagine di La Stampa e La Repubblica non resta traccia alcuna. Quasi quotidianamente i giornalisti delle due testate utilizzano la parola "razzismo", ma sempre e solo al negativo: tutti vengono detti e si dicono non razzisti e/ o antirazzisti. Dai rappresentanti di Alleanza Nazionale a quelli della Lega Nord, dai comitati spontanei dei cittadini "esasperati" ai pidiessini fautori del decreto, nessuno si dice razzista, e molto di rado del resto qualcuno viene accusato di esserlo. C'è una vera e propria febbre dell'antirazzismo che pervade tutti e non c'è personaggio che passi per più ottuso e intollerante di chi eventualmente accusasse qualcun altro di razzismo 16. Ma se nessuno è razzista, perché tanto bisogno di prevenire le accuse? Il fatto è che, come ribadiscono di continuo le cronache cittadine, "i torinesi non sono razzisti", ma lo diventeranno certamente se non si porrà fine al problema dell'illegalità. Cacciato dal reale e dal simbolico, il razzjsmo rientra dall'immaginario, si aggira come un'ombra che è sempre appena dietro l'angolo, infatti "ogni atteggiamento lassista· porterebbe acqua al mulino dell'intolleranza e del razzismo", "se non si dà una risposta alla domanda di legalità, allora razzismo e xenofobia dilagano". Come nella tattica del J?Oliziotto buono e del poliz10tto cattivo prima si lascia immaginare che cosa si rischia, fin dove si potrebbe arrivare 17, e poi si offre una sigaretta o un caffè e un compromesso da sottoscrivere "coniugando solidarietà e legalità". La scelta politica e culturale prevalente nella sinistra della parola d'ordine dell'antirazzismo, senza ulteriori specificazioni (così è passata ad esempio la manifestazione del 19 novembre), mi sembra quindi condannata all'inefficacia, all'afasia (se "nessuno è razzista" il dibattito politico diventa una partita di ping pong in cui ci si rimpalla l'intolleranza) o allo strabismo strategico (se per scongiurare l'immaginario razzista va bene pagare qualunque prezzo). Sulle pagine dei giornali come alle manifestazioni, dovunque lo stesso modello discorsivo: "noi siamo antirazzisti, sii altri dicono di esserlo, ma 111 realtà sono razzisti". Dovunque lo stesso bisogno di tracciare confini, di individuare un nemico: la Lega per il Pds, il Pds per Rifondazione, Rifondazione rer gli autonomi e i centri sociali. Un nemico che non siano gli i•mmigrati, un nemico che non siano i cittadini, ma sempre, os·sessivamente, il nemico, che mi permetta di continuare a dire "10". Alla "contromanifestazione" antirazzista del 18 novembre !"'estrema sinistra" mostrava di avere fatto proprio, nel modo più grottesco, questo stesso atteggiamento. Giunto al mercato di Piazza Madama Cristina a San Salvario, il corteo, per bocca di un leader da cui nessuno si è dissociato, affermava di volere dialogare con "la gente del quartiere" e poi si lanciava in un comizio urlato e cadenzato accusando ordinatamente da destra a sinistra tutti di ese::> sere razzisti, e concludendo con un tono di biasimo verso Ingrao, razzista anche lui, reo di avere affermato che a San Salvario c'è un problema. La "gente" tra i banchi chiac- • chierava, guardava e si chiedeva: "Sono i missini?", "No, penso sia il Pds". La fascinazione È il 21 dicembre, incontro in via Saluzzo una vecchina piegata in due dagli anni, vestita elegante, con una borsa della spesa e un pacco di rotoli di carta igienica in ma - no. La vecchina si volta a guardare una ragazza africana è commenta: "Queste ne$re hanno un fisico meraviglioso". A San Salvario esiste una questione razziale, la questione della fascinazione. Italiani e immigrati 'africani condividono qui uno stesso luogo, ma le strade del quartiere sono insieme un tessuto connettivo (ci si incontra, ci si sfiora, ci si guarda) e uno spazio che separa (non ci si parla, non ci si conosce), un territorio in cui esistono luoghi meticci (le feste interculturali, rochissimi bar, alcuni negozi, soprattutto il mercato e i supermercati), ma soprattutto luoghi separati (frequentati o da africani oppure da italiani) 18. È in questa prossimità nella separazione, in questo incontro senza incontro, che si gioca anche la mia fascinazione per gli africani immigrati a San Salvario, che rimangono per il mio immaginario assoluta 2 mente altri, diversi e misteriosi, e che mi si impongono inevitabilmente sotto la dimensione dell'apparenza, della superficie, dello shock sensoriale. Che l'aspetto fisico degli r
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==