La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

(per altro introdotta con il d.!. 31/95) non fa che dare una veste legale al fenomeno. "Da più tempo vado proponendo - dice Leo - un sistema di reclutamento della manodopera che, senza ricorrere alla chiamata nominativa, preveda la possibilità per i braccianti d1 prenotarsi ogni anno presso le singole aziende agricole che poi chian:ieranno coloro di cui hanno bisogno dando precedenza a coloro che hanno già lavorato presso l'azienda l'anno precedente e a quelli che hanno una maggiore anzianità di disoccupazione". Secondo Piacente, inoltre "appare indispensabile l'informatizzazione di tutti gli uffici di collocamento e la creazione di una rete di informazione e scambio di dati che metta detti uffici in collegamento tra di loro, nonché con gli ispettorati del lavoro e gli uffici previdenziali. Ma molto altro si può fare. Innanzitutto le pene per la interme'diazione abusiva devono essere estese anche agli imprenditori che si servono della manodopera procurata dal caporale. Devono infittirsi le linee pubbliche di collegamenti tra le zone a forte offerta di manodopera agricola e quelle a forte domanda. Le imprese del meridione devono poi essere in grado di resistere su un mercato, quello della Cee, estremamente competitivo, attraverso la riduzione dell'Iva, più alta che nel resto dell'Europa, e dei costi di trasporto delle merci (trasportare un carico di ortaggi da Brindisi a Francoforte è diverso che trasportarli da Padova).L'altra iniziativa necessaria è quella di curare che il credito agrario sia utilizzato per gli scopi per cui è concesso: è documentato che molte imprese ottengano dei finanziamenti a tasso agevolato (3-4%) e che invece di utilizzarli per le colture li investano in bot, lucrando così sull'interesse. Si dovrebbe infine poter attingere ai fondi comunitari per garantire un'integrazione del salario dei braccianti in modo che esso si avvicini quanto più possibile a quello contrattuale. ♦ 'i.QS;1 IMMIGRATI San Salvario: simbolico e immaginario Norman Gobetti Norman Gobetti, torinese, si occupa di cinema e scrive su "Garage". ♦ Premessa. Il peep show di San Salvario San Salvario è un quartiere di Torino, tra la stazione' di Porta Nuova e il Po, ai margini del centro storico. È il quartiere dove abito, e dove abitano anche molti immigrati (si dice 4000), provenienti in parte da paesi africani: Nigeria, Senegal, Costa d'Avorio, Gabon. Di questo quartiere negli ultimi tempi si è parlato e scritto molto, in modo insolito per una realtà locale piuttosto marginale e avara nel produrre fatti di c;ronaca rilevanti, facendone · un simbolo massmediatico dei difficili rapporti tra italiani e migranti stranieri. Mi sono chiesto perché, e soprattutto come, prendendo in analisi in particolare gli articoli pubblicati dal quotidiano cittadino, La Stampa, e dall'unica testata nazionale dotata di una redazione torinese, La Repubblica, nel periodo compreso tra l'appello del parroco di San Salvario, Piero Gallo, sul supposto stato di grave tensione esistente nel borgo (13 settembre 1995) e l'emanazione del decreto legge n. 489 sull'immigrazione, contemporanea alla manifestazione nazionale contro il razzismo tenutasi nelle vie della città (18-19 novembre 1995). Leggendo con attenzione i due quotidiani mi sono trovato in una posizione discorsiva estremamente ambigua, sospeso tra finzione e documento, tra credulità e incredulità: il giornale si presenta infatti come il vetro-specchio di un peep show, attraverso cui io posso credere di guardare il reale che si specchia e non mi ~ede, ma, come in un peep show, so che ciò che è davvero in scena è solo l'immaginario di chi guarda, di cui il corpo guardato si fa attore e strumento. Consapevole di questa ambiguità ho scelto così di andare alla scoperta non della veridicità o meno delle affermazioni giornalistiche, ma della loro dimensione simbolica e immaginaria, anche perché ritengo che solo a questi livelli sia possibile rintracciare il senso di discorsi dominanti e pratiche legislative che altrimenti appaion_o i_ncomprensibilmente m10p1. L'emergenza San Salvario emerge dal suo tranquillo anonimato il 13 settembre 1995, quando, nelle pagine locali de La Stampa, appare un'intervista a Piero Gallo, nella quale il parroco descrive una situazione "al limite dell'esplosione" e si fa portavoce della volontà degli abitanti del quartiere di passare alle vie di fatto, cioè alla violenza, al farsi giustizia da sé, se entro la fine del mese non sarà ristabilito l'ordine pubblico. Quale è il problema ? Gallo parla di risse, schiamazzi notturni, spacci o di droga da parte dei "neri", degli "africani". L'editing dell'articolo accentua enormemente il concetto di esasperazione, ponendo nel titolo, nell'occhiello e nel sommario le espressioni "voglia di spranghe", "clima da guerra civile" ed "esplosione di violenza". Nei giorni seguenti il borgo, di cui nei mesi precedenti le cronache si erano occupate solo saltuariamente, viene posto al centro dell'attenzione dai due giornali, che, nelle due settimane successive, dedicano-quasi quotidianamente una o due pagine locali a quella che La Repubblica definisce !"'emergenza immigrazione", concentrandosi ossessivamente sul "caso San Salvario" 2 . Articolo dopo articolo, si accumulano espressioni sempre più colorite per rendere l'impressione di una situazione di esasperazione: si parla di "quartiere polveriera", "stato di tensione continua",

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