ta. È un criminale che gode di ingenti profitti e della quasi certa impunità. Le pene previste dall'articolo 20 della legge 83/1970 ( che vieta l'intermediazione clandestina nel settore dell'agricoltura specificando il divieto generale previsto dalla legge 1369/1970) sono assai blande, specie se· comparate a queUe previste per altre attività delinquenziali molto diffuse nel Mezzogiorno quali la rapina o l'estorsione, e soprattutto non riguardano mai l'imprenditore che ha usufruito della manodopera reclutata dal caporale. Ma il caporale è anche quello che concede preziosissime opportunità di lavoro. Nella sua relazione alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno del caporalato, istituito su richiesta di due parlamentari prosressisti della provincia d1Bnndisi, Mita e Alò, il pubblico ministero presso la procura di Brindisi Nicola Piacente, fautore delle più imp9rtanti inchieste contro la Sacra Corona Unita, ha dichiarato che "l'aggregazione di consensi creatasi intorno all'attività e alla figura dei caeorali ha fatto sì che questi riuscissero, in taluni casi in occasione di elezioni amministrative nei centri dove svolgono la loro attività, ad orientare le preferenze elettorali dei braccianti e a divenire pertanto anche referenti politici di alcuni candidati". Non è un caso che l'attuale sindaco di Villa Castelli, uno dei centri più interessati dal caporalato, sia stato eletto con il sostegno rilevante· dei caporali, promettendo un imp~gno per la loro legalizzazione. Lo stesso sindacato è purtroppo spettatore impotente e talvolta anche connivente dello svolsersi degli eventi. A denunciarlo è stato proprio un sindacalista scomodo della Cgil di Brindisi, Angelo Leo, che dal 1981 si occupa del fenomeno. "Il sindacato - spiega Leo - è stato protagonista in questi ultimi decenni di una vera e propria deriva assistenzialista, che ha visto ridurre le sue funzioni al disbrigo di pratiche burocratiche. Ha rinunciato al livello della battaglia salariale per i rispetto dei contratti collettivi e non ha saputo porre un freno alla perdita di centralità, del collocamento pubblico ormai di fatto esautorato in tutto il settore dell'agricoltura". Di fronte alla piaga del caporalato si è spesso andati oltre la semplice indolenza. "Ho più volte denunciato - continua Leo - episodi di caporali iscritti regolarmente al sindacato, spesso alla FisbaCisl, alla Cisnal, alla Uila, ma a volte anche alla Cgil e quando, per tali affermazioni, mi è stato chiesto un risarcimento danni di cento milioni, ho fornito alla masistratura gli elenchi dei nomi dei caporali in possesso della tessera del sindacato". La Flai-Cgil di Ceglie Messapica, di cui Angelo Leo è stato per quindici anni capolega, è stata inoltre protagonista del J?rimo episodio di resistenza a, caporali. All'indomani dell'ennesimo tragico incidente·, nel 1986, un gruppo di donne prese l'iniziativa di noleggiare un pullman e di contattare gli imprenditori più disponibili. Questi non avrebbero pagato il salario contrattuale ma quanto normalmente veniva corrisposto ai caporali, e si sarebbero accollati le spese di trasporto; in questo modo le braccianti sono riuscite a spuntare un salario maggiorato di un terzo rispetto a quello percepito con l'intermediazione dei caporali'. In un caso, unico in Puglia dacché esiste la contrattazione collettiva, le braccianti di Ceglie, nel '91, sono riuscite ad ottenere il rispetto del salario contrattuale nazionale. L'esperienza è andata però via scemando anche a causa del poc.o sostesno ottenuto dalle donne d1 Ceglie e al progressivo tirarsi indietro degli imprenditori, poco disponibili ad avere a che fare con una manodopera combattiva e sindacalizzata. Anche le altre esperienze di "resistenza", i trasporti pubblici istituiti a Oria, a Ceglie Messapica, a Francavilla Fontana e nel tarantino sono oggi in crisi: intimidazioni alle braccianti e a chi le organizza (Leo ha subito minacce di morte da parte dei caporali durante una assemblea con le braccianti, la Conte ha visto incendiata la propria auto parcheggiata davanti al municipio), attentati incendiari ai pullman hanno fatto registrare un pericoloso arretramento della trincea. Il punto è che, a dispetto del credo liberista che oggi anche pezzi della sinistra o del sindacato vanno ad abbracciare, il mercato non possiede gli anticorpi per fronteggiare situazioni di questo tipo, anzi le suddetermina. E mentre assistiamo, spesso impotenti, al disastro sociale provocato dal caporalato in agricoltura, ci troviamo quotidianamente di fronte a richieste di "caporalizzazione" dell'intero mondo del lavoro. Che cos'è infatti il lavoro interinale, l'affitto di manodopera richiesto a gran voce dagli imprenditori, se non la estensione pubblica e legale di quello stesso sistema che consente oggi ai caporali, domani ai geston delle imprese di intermediazione di lavoro, di imperversare? Questa forma estrema di flessibilità, parola magica dell'era berlusconiana, che trasforma il mercato del lavoro· in terra di conquista per coloro i quali riescono a fornire alle imprese stock di manodopera ai costi più contenuti (magari in forza del potente potere intimidatorio), introduce nel sistema delle relazioni datore-prestatore di lavoro un elemento di indeterminatezza mai visto in precedenza e cioè la impossibilità per i lavoratori di individuare la controparte in co1 ui il quale materialmente fruisce delle loro prestazioni. È questo l'elemento ·che da sempre ha reso possibile il conflitto industriale e la sindacalizzazione della forza lavoro, efficaci le azioni di autotutela, e che ha consentito, in fin dei conti, la base per l'instaurazione del -sistema dei diritti dei lavoratori. Con la frapposizione di un diaframma (l'intermediario, il caporale) tra il datore di lavoro e i lavoratori si spezza la linearità del conflitto e si espropriano i lavoratori, del potere-dovere di contrattare le condizioni di lavoro e il trattamento salariale con l'interlocutore naturale, chi cioè immette sul mercato i beni e i servizi prodotti con il loro lavoro. Come arginare allora queste perversioni de mercato almeno dove esse sono realtà e non semplice prefigurazione? Molti convengono sulla necessità che in agricoltura il collocamento resti pubblico. Ma, mentre per il giudice Piacente la chiamata nominativa con l'opbligo di una immediata comunicazione all'ufficio di collocamento, per una certa aliquota della forza-lavoro occorrente all'azienda, può scorasgiare il ricorso all'intermed1azione dei caporali, per il sindacalista Leo essa YQQ.
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