della più moderna impresa agricola ad alta tecnologia e a coltura intensiva. Intorno alla metà degli anni Sessanta infatti la bonifica di vaste zone del metapontino e del sud-est barese mediante la installazione di pozzi artesiani, la redistribuzione della terra conseguente alla riforma fondiaria (molti braccianti divennero coltivatori diretti), la adozione delle redditizie colture ortofrutticole (fragole, pesche e arance) ha accresciuto notevolmente -la domanda di manodopera in quelle zone. Al contempo il Salento è rimasto bloccato alla olivicoltura che, richiedendo manodopera solo in parte della stagione invernale, ha determinato un esubero della forza lavoro·in tutto il resto dell'anno. I caporali hanno saputo incunearsi in questo spazio lasciato libero dal mercato e dallo Stato. Essi erano originariamente degli ex braccianti o degli emigranti ritornati in patria, in possesso di un pu,1mino o di altri mezzi di trasporto, che trovavano profittevole fungere da collegamento tra le imprese agricole e i braccianti. Questo era reso possibile dalla latitanza del collocamento pubblico, incapace di collegare e zone in cui vi è squilibrio tra la domanda e l'offerta di lavoro, e dalla connivenza delle imprese, ben liete di contrattare il salario . delle braccianti con un solo soggetto, dotato, per di ,più, di un forte potere di intimidazione e tale quindi da contenere il costo del lavoro ben al di sotto di quello previsto dalla contrattazione con i sindacati. Ben presto però nel sistema si è fatta largo la malavita organizzata. Uomini legati ai clan criminali, spesso ex detenuti, hanno ottenuto il conYS2.Q trailo della intermediazione clandestina forti della capacità di contenere al minimo le richieste salariali delle braccianti, aumentando così il lucro dell'attività. Oltre al compenso ricevuto dagli imprenditori, i "nuovi" caporali hanno introdotto la pratica di taglieggiare i guadagni delle lavoratrici, con il pretesto di ottenere un rimborso per le spese di trasporto. "I contratti sindacali prevedono attualmente un salario giornaliero di circa 80.000 lire. I caporali riescono a diminuire tale cifra di oltre la metà e sulle rimanenti 35-40 mila lire percepiscono una tangente di circa 10 mila lire. C'è da aggiungere che i pulmini con cui vengono normalmente trasportate le braccianti, omologati per nove, arrivano a contenerne 20-25, con guadagni che ciascuno può benis·- simo calcolare da sé. La contrattazione dei caporali non si ferma però al solo salario ma riguarda anche le modalità e l'orario di lavoro che arriva sino alla 10 o 12 ore giornaliere cui si sommano le ore di viaggio (almeno due all'andata e altrettante al ritorno) per giungere dal cuore del Salento alla Basilicata o alla provincia di Bari. Solo le lavoratrici più produttive e più disponibili (anche alle richieste "extra" del caporale) avranno la garanzia cli poter lavorare all'mdomani; per le altre, dopo lo sfruttamento, verranno anche la disoccupazione e la miseria. Tutto ciò è, purtroppo, solo la fisiologia del fenomeno, quello che non fa notizia, con il quale siamo abituati a convivere. C'è però la patplogia, che emerse di tanto in tanto agli onon della cronaca, e che consiste nelle violenze che le donne sono quotidianamente costrette a subire dai caporali (risale a circa due anni fra l'episodio delle due ragazzine di Villa Castelli, in provincia di Brindisi che hanno trovato il coraggio, costrette però poi a lasciare il paese e a rifugiarsi in un convento, di denunciare i due caporali che ripetutamente le avevano sottoposte a violenze sessuali) e 11egliincidenti stradali causati dalla assoluta inadeguatezza dei mezzi e dal loro sovraccarico, in cui molte donne hanno perso la vita (l'ultimo risale all'agosto '93 allor quando rimasero uccise tre ragazze di Oria, due delle quali minorenni, di ritorno da una giornata di lavoro dalla quale avevano tratto ventitré mila lire a testa. Scriveva sul numero di dicembre 1993 di Partecipazione, il mensile della comunità di Capodarco, una bracciante, Lorenza Conte: "il caporalato è una cappa di piombo che ti impedisce di pensare, di ·essere te stessa, di essere donna, ti sfruttano, ti molestano, ti violentano in silenzio, ti uccidono ancor prima di morire (...). Dobbiamo vincere la nostra paura ed il silenzio delle nostre donne: Sono la paura e il silenzio di chi non ha diritti e di chi non ha diritto ad avere diritti, di chi crede che il diritto e le leggi sono solo dalla parte dei potenti, di chi ritiene çhe la cittadinanza è un privilegio". Lorenza è diventata uno dei simboli della lotta al caporalato: eletta in consiglio comunale a Oria, ha ricevuto la delega del sindaco per dirigere le iniziative contro il caporalato ottenendo, fra l'altro una sovvenzione a favore delle braccianti finalizzata all'utilizzo delle linee pubbliche per raggiungere i luoghi di lavoro. Sta di fatto però che oggi il caporale è diventato una figura sociale temuta e rispetta-
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