La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

le testimonianze mettono in rilievo questo triden,te offensivo. È una specie di refrain: ottenuto il finanziamento, il giovane neoimprenditore si scontra subito con i paradossi della burocrazia e con i suoi tempi assolutamente incompatibili con le necessità del mercato; nel mentre ha modo di sperimentare amaramente che per gli istituti di credito il decreto ministeriale di finanziamento non è che un pezzo di carta senza valore e che occorrono ben altre garanzie per ottenere un prestito, anche quando l'azienda è avviata e consegue utili più _cospicui; e come se non bastasse, in tutta la fase preliminare di costituzione dell'impresa, l'atteggiamento della gente oscilla fra incredulità e derisione, mentre a cose fatte, nonostante i concreti successi, non si va spesso oltre lo stupore, (speriamo che resistano ... ) e un guar_~ingo atten~ismo. A_ tutto c10 deve agg1ungers1 l'inquietante possibilità del ricatto malavitoso, che gli undici casi intervistati asseriscono di non avere subito, e comunque di non potere assolutamente accettare e sopportare, anche a costo di chiudere l'impresa. Tuttavia, la possibilità stessa di una pressione delt-a delinquenza organizzata è ~ià bastevole a frenare lo sviluppo, a determinare quello che viene definito il "rischio espansione". Un'altra zavorra, quindi, che ritarda la crescita delle imprese, ma forse addirittura in modo meno incisivo e determinante degli interessi passivi assorbiti dalle banche senza alcuna plausibile ragione (e poi si chiacchiera di leggi contro l'usura), del boicottaggio puro e semplice di regioni come la Sicilia che, con la "voragine" del suo meccanismo perverso, ha costretto il palermitano Francesco Sedita a impiantare la sua fabbrica di containers ad Anagni, vicino Roma (unico caso, significativamente, di fuga dal Sud). Ci si stupisce di come questi giovani ce l'abbiano comunque fatta, superando ancora l'ottusità e la pigrizia dell'Inps, la scarsa elasticità di un sindacato sospettoso che stenta a capire questa nuova figura di lavoratore-imprenditore, il "muro" eretto dalle autorità, come racconta Luciano Ottanà di Lamezia Terme, "contro le giovani aziende meridionali quando si tratta di affari internazionali". Eppure queste giovani aziende riescono più facilmente a farsi finanziare dalla Cee trattando direttamente con Bruxelles (vedi il racconto di A. M. Ca1;ozzo di Termoli) o ricevono in subappalto commesse dall'estero. Superare l'ottica "coloniale" e centralista della committenza pubblica e privata, l'egoismo e l'irrisione di un popolo storicamente disabituato al rischio dopo secoli di fallimenti e promesse non mantenute ("il siciliano non raccoglie e non fa raccogliere", commenta uno dei giovani imprenditori, ma il detto potrebbe applicarsi, col beneficio di qualche eccezione, a tutto il meridione), superare i limiti stessi di una legge come la 44 che più che finanziare "rimborsa", come giustamente sottolinea Salvatore Mariuccia di Castrignano dei Greci presso Lecce, risolvere infiniti problemi di ordine tecnico, politico, psicologico, tutto ciò costituisce, alla resa dei conti, un percorso formativo, un apprendistato, particolarmente efficace. Carlo Borgomeo, presidente del Comitato per l'attuazione della legge 44, intervistato nell'appendice del volume, sottolinea infatti il carattere quasi educativo, pedagogico, che assume il difficile iter del- !' approvazione del progetto, il quale finisce per assolvere i1 compito di forgiare l'imprenditore, temprarlo, si potrebbe forse dire iniziarlo a una prof es si one che sempre dovrà confrontarsi e scontrarsi con ostacoli e problemi che è difficile, se non impossibile, mettere in preventivo. Questo carattere istruttivo della legge 44 è avvalorato anche dalla presenza di un'azienda consolidata che svolge funzioni di tutor: un aspetto, questo, che è stato molto attentamente valutato anche ali' estero. Ma il carattere scardinante della 44 rispetto agli endemici handicap del Sud è dato soprattutto da alcuni semplici e apparentemente irrilevanti aspetti tecnici: l' ordine categoricamente cronologico dell'esame delle pratiche e la non preripartizione per regioni delle risorse disponibili. Due "banali" precauzioni che hanno reso quasi del tutto ininfluente il tradizionale 'sistema clientelare, rendendo incompatibili i tempi tecnici dell'iter con le esigenze delle raccomandazioni politiche ed evitando a monte la losica della spartizione territonale. Ma ovviamente è soprattutto la filosofia della legge ad avere determinato gli esiti favorevoli di cui abbiamo già reso conto: una nuova mentalità, cioè, per cui è possibile diventare imprenditori senza già essere ricchi o amici di potenti. È la logica turistica per la quale è meglio fornire la canna da pesca che il pesce già pescato. E ancora: un messaggio di individualismo che però crea aggregazione. Molti di questi gio.vani esprimono un'ideologia che Maffìa definisce efficacemente una "militanza imprenditoriale". Sono soggetti fortemente indipendenti che mettono in gioco con srande determinazione valon personali e una vocazione autentica a creare lavoro e ricchezza più che ad arricchirsi. Sono animati da una sorta di "febbre", da una passione per il proprio lavoro, da un'etica quasi calvinista del fare, del produrre, dell'innovare, dell'introdurre tecnologie più avanzate, sviluppo, crescita. Ma al tempo stesso in tutti loro c'è un tenace radicamento al territorio, una solidarietà con la gente, un meridionalismo non retorico né biecamente campanilista, un impegno sociale e talvolta esplicitamente politico. Molti rimarcano il fatto che la loro équipe è composta interamente da sardi, calabresi o siciliani. Altri raccontano di aver voluto "mantenere saldo il gruppo". Le loro esperienze di sregolatezza e di frontiera, dal punto di vista prettamente imprenditoriale, sono al tempo stesso una orgogliosa opzione per il Sud, una scelta scomoda e tuttavia fortemente voluta e proclamata, tanto da arrivare ad affermare che il consenso e la simpatia della gente sono l"' ossigeno" stesso che consente all'impresa di svilupparsi. In tal senso la legge 44, più che creare piccoli capitalisti che crescono, ha innescato un processo di socializzazione, laddove invece "le cattedrali nel deserto", come la Fiat di Termoli, continuano a non integrarsi nella realtà produttiva, a disgregare il tessuto sociale con un'atteggiamento non collaborativo, diffidente e in buona sostanza colonialista. Al centro di questo processo aggregativo troviamo ancora una volta la· famiglia, tradizionale cemento ideologico (nel bene e nel male) del-

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