fino in fondo, ad esempio, dove lavoro io, c'è una signora che si è accorta dai segni che mi drogavo, e mi ha chiesto: "Ma Piera, tu ti drogavi?" Ed io le ho _detto: "sì". E lì sono stata sincera. E lei mi ha detto, cioè le ho chiesto se c'erano problemi, mi ha detto: "no, no, assolutamente". Poi dopo mi ha chiesto se ero anche malata, se avessi qualcosa e di sicuro si riferiva alla sieropositività e io lì ho detto di no perché non me la sono sentita di dirle di sì e adesso appena al di fuori, c'è sempre un'altra signora che mi ha trovato un lavoro così. e lei ne sente alla televisione parlare di Aids, così, e magari sono là io e lei ha una grandissima paura di questa cosa e continua a dirmi: "Oh Madonna, quei sieropositivi qua, rovinano tutto il mondo, io se ne trovo uno non gli offro neanche il caffè ... ". E tutte queste cose e purtroppo io sono lì a bere il caffè e quando lei dice così, non ho neanche il coraggio di guardarla in faccia, perché mi sento sporca, abbasso la testa e. faccio finta di niente. Quando non so, ti facevi un f iccolo taglio, o ti usciva un po' di sangue da naso, vedevi proprio nel volto degli altri forse quell'incertezza, quella paura di esser contagiati. Quella cosa che mi dà fastidio a me e che ... mi portava a fermarmi su 'ste cose qua, non mi dava la forza di affrontarla veramente 'sta cosa, ma però, però quando succedevano 'ste cose, cioè, ero io che prendevo in mano la situazione, io aggiravo, facevo finta di niente, facevo finta che non li vedevo con lo sguardo attraverso i loro occhi, facevo in modo di pulirmi, di mettermi un cerotto, così subito come mettevo il cerotto, vedevo, come si spegnesse una luce, la luce dei loro occhi veniva cambiata proprio. In certi casi gli altri hanno insicurezza magsiore rispetto a quello che può esser la tua felicità, ·ma proprio perché gli altri non avvertono. E in un caso come questo, in più c'è una malattia che c'è e non c'è ... com'è. Nessuno la conosce nella realtà, è molto sottile, soprattutto per chi è sieropositivo da poco tempo, per cui è solo una cosa detta, una parola, e allora è strana da afferrare, è strana per sé, è strana per se stesso, per cui puoi immaginare com'è strano per qualcuno che non ha mai sentito parlare di queste cose o comunque semplicemente è sieronegativo, riuscire afferrare che cosa significa cosa ... che sensazione si prova. Quando ricevetti la telefonata che mi diceva: "È lei signor tal dei tali?" e feci: "si!" "Guardi sono dell'Ufficio d'Igiene e le telefono per comunicarle la sua sieropositività, adesso non si preoccupi, non c'è da allarmarsi più di tanto". Ed io... "va bene, grazie". Chiaramente io, beh, io non è che abbia drammatizzato più di tanto poi, un po' perché non me ne sono nemmeno reso conto di che cosa significasse, mi ha dato più l'impressione che fossero le persone che mi circondavano. Io l'ho ricevuta in casa, ero in famiglia e s'era intorno al tavolo ... si stava mangiando e lì c'è stato il silenzio, si è... è come se si fosse fermato il tempo, ricordo mia madre, che poi si è alzata è andata in cucina, si è messa a piangere, ma io non è che mi rendessi ben conto di che cosa significasse questo, ho solo avuto una conferma, forse era ... non so un presentimento che si è... si è confermato. Me l'ha detto un medicò di cui non mi ricordo assolutamente nulla, mi ricordo solo il tono della voce, che era assolutamente freddo, non dico disinteressato, ma comunque no·n partecipe. Io sono quasi svenuto quando me l'hanno detto, mi son sentito male e l'infermiera ha detto: "Dottore il {'aziente l'ha presa male", come se una notizia così si potesse prendere bene, io a tutt'oggi ... Mi ha detto che ero sieropositivo come se mi avesse detto: "Guardi ha una piccola ulcera". Per me è stato sconvolgente, letteralmente sconvolgente. Oggi sono molto meno sconvolto di questa cosa, ma mi ricordo che uscii dall'ospedale e mi attaccai al telefono e parlai con una mia amica e cercai altre persone, ero come impazzito, non capivo più nulla. La decisione test l'ho presa dopo la morte del mio più grande amico, proprio l'amico d'infanzia, qùello con cui sono cresciuto, quello con cui ho giocato a scuola, ho fatto le prime cazzate, le prime donne, insieme e... lui è morto e io non lo sapevo ancora, non l'avevo ancora fatto il test, parlo già di parecchi anni fa, la sua morte è stata quella che mi ha dato l'imput per ... per andare a farlo anch'io, e... e mentre aspettavo un po' la diagnosi mi sono fatto tante fantasie; tanti voli, la prima, l'India, mi metto lì stupendo, sulla mia spiag~ia, Gùa, questi posti da favola e aspetto che fimsca così, poi invece quando è arrivato il responso e mi ha detto: "Signore, ecc. ecc... Lei è sieropositivo ... ". Ho detto no, non ci sto, mi è cresciuta come una rabbia, si una grossa rabbia, ho detto no non accetto questo. Da me si aspettereb- ·bero questo ormai, un'equazione facile no? Sieropositivo, uguale malattia, uguale morte. No non ci sono stato da lì e ho cominciato· tutta una storia che mi ha portato ad esser qua oggi a distanza di nove anni. Chi sono, eh, una bella domanda. Io nella vita ho fatto tanti lavori, ho anche fatto e disfatto dei lavori, io"sono. figlio degli anni Settanta, degli anni in cui sembrava che ci fosse molto lavoro, un po' per tutti, lavoro anche· creativo. Il lavoro mi sembrava uno strumento per realizzare me stesso, per capire chi ero. E per quello che oggi ho fatto tanto sul lavoro, anche se poi non ha funzionato perché il lavoro è una parte, un pezzo di me, dopo non è tutto. Forse è per quello che sono diventato sieropositivo, perché il lavoro non bastava, io avevo bisogno di essere amato, di gente che mi amava. Anche se non ero il manager che avrei voluto diventare, anche se non avevo fatto apparire quello che volevo disperatamente fare, perché io volevo fare carriera, non ero un carrierista, l'ho capito dopo, ma ... volevo realizzarmi sul lavoro, questo sì, però questo vuoto doveva essere colmato in qualche modo, allora uno lo compra, compra le carezze che si trovano sui marciapiedi delle strade e compra illudendosi che siano carezze, illudendosi che sia far l'amore, illudendosi di se stessi. Volete la commedia? O volete la tragedia? Voi siete la commedia! Voi siete la tragedia! · Volete che cammini sull'acqua? Voi potete camminare sull'acqua! Questa è una battaglia, è una ... io l'avevo definita la nostra banalmente ... È una battaglia, una vera guerra e allora tu dici: "Su quanSALUTE MALATTIA
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==