La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

mister_odella propria sieropositività e però anche, d1non farne una professione, una identità·. "Io non voglio essere prima di tutto il volto di un virus", afferma in una delle testimonianze iniziali un giovane uomo che ha scelto di pre~ sentarsi con il volto coperto da una maschera, non per mantenere l'anonimato, ma "perché la gente non vuole vederci, vedermi per quello che sono, vedere il mio cuore e dunque si merita la maschera". Gi~, perché nelle belle pagine filmiche di Segre ti rapporto voce narrante- spettatore è fin dalla prima sequenza, ribaltato. Davanti a noi ~filano tante persone qualunque, programmaticamente omologate da un abbigliamento n~n. con~c_:itato-. giacca e cravatta per gli uomm1, ab1t1 neutn per le donne - che non rimanda ad alcuna "storia precedente", ad alcuna sedicente "categoria a rischio" e rende impossibile capire chi abbiamo di fronte a prescindere da ciò che scelgono di dirci di sé. E ql:leleh~ ~i viene racc~mtat? è il loro presente d1 uom1m e donne g1ovam che hanno in comune-la sieropositività e un'acuta capacità di pensarsi, di pensare il tempo, la malattia, la probabilità di una morte precoce, ma anche la relazione con gli altri, una strenua e mai rabbiosa :volontà di vivere fino in fondo la propria umanità, la tenerezza del desiderio amoroso, la paura di essere respinti, esclusi, abbandonati, l'angoscia della solitudine, la ricerca di senso, lo smar~imento e l'allegria di fronte alla promessa d1 un affetto che non cancelli il corpo e non lo riduca ai suoi sintomi, la voglia e il terrore di fare un figlio, di essere madri e padri non solo a se stessi. Temi familiari a tutti noi, in fondo brutal- ~:nt~ banali, eppure affrontati q~i con un di prn d1consapevolezza, con la dolcissima e dolente lucidità che è di chi non può e non vuole permettersi facili rimozioni e comode amnesie. Di chi non può dimenticarsi di essere mortale. Nell'ora del film, interrotti qua e là da fugaci brani di liturgia teatrale (a monte vi sono i laboratori di attività corporea organizzati da A77), _iprotagonisti - soli, a coppie, in piccoli gruppi - raccontano e analizzano, si interrogano_e ci i_nterrogano, sp~lancano voragini di mqmetudme e trovano nsposte che spesso i cosiddetti sani non arrivano neanche a cercare. "Il tempo", dice. una donna, "va usato perché non sappiamo quanto ne abbiamo. La gente non si rende conto della reale concretezza del tempo, se ne accorge solo quando è passato. Magari a sessant'anni, quando si ritrova a chiedersi che cosa ha fatto della propria vita. Ma è tardi". Come prima, più di prima, t'amerò, diretto da . Daniele Segre, è. stato prodotto da "I Cammelli" (via Cordero di Pampanato 6 - 10143 Torino - Te!. 011/747948-7710438) e dalla Associazione A77, in collabora_zione c~:m:Azienda Usi di Cesena, Cgil Lombardia, Anla1ds, RAI 3. Il soggetto è di Daniele . Segre, Maria Luisa Albera, Anna Mazzola, la fotografia di Paolo Ferrari, il suono di Gianluca Costamagna,_il montaggio di°Daniele Segre. Ne sono. in- . terpreu: Barbara Ravaglioli, Piera Robbiani, Marta Debetto, Carmine Barozzino, Fiamma Secchi, Sebastiano Beretta, Sergio Tresoldi, Roberto Ramporie, Cristina Italiano, Flavio Pisano, Vittorio Barco-. lo, Paolo Rassatti, Ulrico Pagani, Giovanni Draghetti, Marco Zenoni, Simone Sistig. ♦ SALUTE E MALATTIA COME PRIMA, PIU' DI PRIMA T'AMERO'. I DIALOGHI Daniele Segre Daniele Segre, documentarista e regista torinese, ha fon dato la società di produzione I Cammelli e dirige una scuola di formazione per giovani film-makers. ♦ Il tempo .è relativo, però Einstein secondo • me non è statò capito, perché lui si è fermato alla formula matematica e invece il tempo è molto più concreto di quello che in realtà noi pensiamo, il tempo è individuale, quindi è vero che il tempo è relativo e va usato perché noi non sappiamo quanto tempo abbiamo non lo sappiamo e non ci pensiamo. Io ci penso per- -ché sono costretta a pensarci perché ho questa scadenza che non so qua_nd'è io la chiamo un po' la mia spada di Damocle e quando verrà giù non si sa. Però la gente non prende in considerazione il tempo, non si rende conto della reale concretezza del tempo, si rende conto che il tempo è passato e allora fa dei discorsi · . "ho già sessant'anni, cosa ho fatto nella vita, e però è tardi". · · Fare questo film è necessario secondo me, è un'operazione necessaria, non sufficiente, come si diceva al liceo, ma necessaria. Io sono sette anni che sono sieropositivo e a distanza di sette anni, mi vergogn;- quasi di dover mettermi questa maschera e di dover dire che un film così è necessario, perché sette anni sono tanti. Un anno, due, tre, ma sette sono lunghi e l'Aids c'è dal 1981, quindi quattordici anni, due volte tanto da·quanto mi riguarda eppure non lo so eh! È come se la gente si mettesse ... Non volesse vedere, non volesse vederci, non volesse vedermi, per come sono! Vede un'altra cosa. Eh si, è giusto, si merita questa maschera da questo punto di vista e il mio cuore non lo vede mai, non vede il mio cuore, la mia anima. · Eh, è necessario perché la gente incontri delle persone, degli esseri umani e forse vedendo questo film incontrerà degli esseri umani, delle persone piene di limiti, incongruenti, incoerenti, contraddittorie, _noi sia~o ta~te cose prima di essere persone s1eropos1t1vesiamo ... siamo come tutti, abbiamo i nostri limiti, i nostri difetti, le nostre vigliaccherie, abbiamo le nostre qualità, le nostre generosità, io ho queste cose qua, almeno, ma non voglio essere prima di tutto il volto di un virus, voglio essere me stesso, per questo però credo che la gente non, non, non ... · alla gente non basti un film ... un ... uh articolo o anche un libro scritto bene, forse deve vedere i nostri volti, o deve sentire le nostre voci, o deve vedere i nostri occhi ... che parlano. · Mi sembra di vivere in un mondo di bugie di, cioè, non puoi essere te stess~ con gli altri

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