La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

media anche con quelle non funzionanti, l'ultima decisione della Giunta lombarda (agosto '94) di autorizzare i sindaci a escludere da un molto ipotetico blocco della circolazione le arterie più transitate, hanno reso totalmente inoperante il dettato lesislativo di tutelare la salute del singolo cittadmo nell'area, strada, incro~ cio più colpiti dall'inquinamento. Queste misure grossolane e altre più sottili riducono l'evidenza dell'inquinamento anziché ridurre gli inquinanti e la causa che.li produce, e proprio a opera di quelle Istituzioni e di quei Decreti che dovrebbero per mandato legislativo operare la bonifica dell'aria. Per rispettare la legge a Milano il traffico automobilistico dovrebbe essere ridotto dal 50 all'80%. Si dovrebbero cioè mandare in bicicletta i residenti, permettere la circolazione dei non residenti soltanto con automobili a pieno carico, raddoppiare i mezzi pubblici urbani e regionali ... Questa difficile realtà fa sì che anche le forze più consapevoli, per esempio i Verdi, attendano di creare un vasto consenso alla possibilità di cambiamenti che comunque vedono-- graduali, e nel frattempo accettino di avallare un'immagine tollerabile per le soglie degli inquinanti e sottoscrivano l'immagine di prevehzione che danno le autorità costituite, soprattutto quando di queste autorità anch'essi fanno parte. Tutte le forze politiche, consociativamente, · agitano la necessità di rendere più salubre l'aria ma lasciano che l'inquinamento divenga una natura accettabile nelle abitudini della popolazione. Il bollino blu che obbliga a controllare il motore dei mezzi di trasporto sarebbe indispensabile se questi fossero quelli pubblici e ·collettivi; rispetto al parco macchine privato sono_invece non solo un palliativo, ma una vera promozione al mercato automobilistico che spinge a gettare i mezzi usati per acquistarne di nuovi, e a rinnovare la fiducia nello spostamento automobilistico privato. L'uso dell'automobile in Italia è stato forzato nell'interesse dei produttori di carburanti e di automobili e si è legato in seguito alle attività speculative sulle aree che dalla città hanno aggredito, cementificandole, le campagne. L'immagine del benessere è stata per decenni · quella di possedere un'automobile e potersi velocemente spostare in ogni direzione. Anche l'identità personale di questo dopoguerra si è plasmata sul senso di libertà e di potenza che l'automobile sottolinea. Meno onnipotente è l'identità di chi per spostarsi deve riferirsi agli altri e al mezzo pubblico: è un'identità più socievole, che andrebbe recuperata e sviluppata. L'individualismo automobilistico, divenuto uguale per tutti, ci ha annullati nelle code, ammalati di inquinamento, impoveriti per tutto ciò che non sia la nostra capacità di spostarci. Dove siamo in tanti non c'è più nient'altro che automobili. Lo sviluppo del trasporto privato in questi decenni è stato imposto dalla impossibilità di muoverci sul territorio. Abbiamo dovuto investire a livello collettivo un'enorme somma di denaro nel procurarci un mezzo di locomozione autonomo ("è stato anche questo lo sviluppo"). Se a ciò si aggiungono i co~ti sociali della costruzione e manutenzione di un'enorme rete stradale e autostradale, quelli dell'inquinamento con i costi correlati in spese sanitarie, e a questi aggil\ngiamo il costo in lavoro (ciascuno guida il suo mezzo ogni giorno, anche per lunghe distanze), si può forse pensare. che anche economicamente una transizione alla costruzione di una rete di trasporti pubblici possa oggi essere conveniente. Oggi l'ingombro più ancora dell'inquinamento è quello che decreta finita l'era dell'automobile. Come dice la Commissione Cee: "Certo gli autoveicoli a energia elettrica contribuiranno significativamente ad abbassare i livelli di inquinamento, a patto che risolvano in fretta alcuni problemi tecnici e di infrastrutture in relazione alla durata reale della sua autonomia e alle possibilità di ricarica, ma non risolveranno i problemi di congestione del traffico né quelli dell'ingombro fisico... Le soluzioni definitive dovranno prevedere una decisa scelta di campo, favorendo i trasporti pubblici rispetto a quelli privati". Nella città l'auto privata soffoca il trasporto pubblico, liberare le strade dalle automobili (e anche dai vari tipi di motociclette, che emetton? ancox:apiù ~e~zen_e):en_d~rebbepossibile . la c1rcolaz10ne d1 fiumi d1 b1c1clette fn strade dedicate solt;i.nto a loro; i mezzi pubblici sarebbero ni.olto più rapidi e i pedoni tornerebbero a essere contemplati nella consapevolezza pubblica. Ancora vent'anni fa la città era fatta di strade e di piazze, di edifici e di attività differenti. .Arte, cultura, una pluralità di soggetti informavano il· passante e lo rendevano cittadino: ricco di spazi e di immagini. Muoversi nella città era un aspetto della vita cittadina. La vita di quartiere apparten,eva alla popolazione come la vita di casa, i bambini giocavano nei cortili e sui marciapiedi. Il ral?porto verde-abitazioni-uffici seppure insufficiente rispetto agli standard edilizi si equilibrava con la vicina campagna. Oggi uscire dalla città dalla mattina alla sera non permette nessun vero rapporto con la natura, talmente si sono estese le zone urbanizzate e ristrette le campagne. Stare lontani dal cemento è diventata una sensazione rara, per avere la quale si viaggia molto di più. La città si è svuotata di vita per divenire piena di asI?etti I?-olto parziali della vita: il inondo degli affan e delle banche, una sequela di uffici, l'opportunità di fare acquisti, un luogo socialmente caotico nel quale non si può stare immersi continuamente. . Il piacere di muoversi tra case e strade come parte del proprio ambiente e della propria identità non c'è più. Da diversi anni la strada è solo una necessità per tornare a rintanarsi ne- &li ~nterni. Il x:u!11ore,l'i,ngo~bro delle au!o, l'ana che respiriamo· e 1 estetica complessiva oggi in città sono per lo più un dispiacere. Per questo è divenuto un imperativo, per chi può, uscire dalla città sovente e comporre la propria vita con un altro luogo e con un viaggio per raggiungerlo. Ma la metà dei milanesi ha soltanto l'aria di Milano, e non solo l'aria; anche l'assenza del bello è un'assenza che ammala. Non è pensabile che tutti debbano avere più case, si debbano spostare ogni settimana attraversando altri territori, rié che interi luoghi, i più salubri, diventino città-ombra che costringono pochi abitanti a vivere tra le case vuote di chi è in città. Neppure si può sopportare che i luoghi di incontro e di socialità diventino solo un enorme posteggio. Una civiltà'di massa deve darsi una forma vivibile per tuiti. Un ordine che sia parte di me è pensare che l'aria faccia bene. Io lo ricordo come·ordine di ONTHE ROAD

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