Le ragioni dei conflitti In questo senso, uno dei maggiori studiosi pacifisti, Johann Galtung, ha paragonato la formazione dei conflitti a quella di un terremoto, e alla luce di questa metafora ha individuato sette linee di faglia, di rottura J?Otenziale; sette zone di formazione del conflitto, sette contraddizioni che lo alimentano e che si esprimono in terreni diversi, a volte intrecciati e convergenti a determinare la complessità della conflittualità contemporanea. Una prima questione è quella ambientale, che esprime la contraddizione, la linea di faglia tra umani e non umani, poi c'è quella tra uomini e donne che provoca i conflitti di genere e quella tra giovani, adulti e anziani che determina i conflitti generazionali; e poi naturalmente i conflitti di razza in cui la contraddizione è il colore della pelle, quelli di classe e infine due linee di faglia che suscitano la maggior parte delle tensioni contemporanee, cioè quella tra culture diverse che determina conflitti sul piano della nazione, dell'etnia -e anche, aggiungo, dell'appartenenza religiosa; infine quelli tra paesi diversi con conflitti sul piano del territorio. Galtung vede insomma i conflitti nascere da fattori economici, culturali, biologici, geografici e sociali, complessi e differenziati. Quello che è necessario segnalare subito sono due conseguenze: la prima è che queste linee di faglia, questi fronti di questioni e contraddjzioni aperte si presentano tanto nelle relazioni internazionali quanto nella vita interna delle singole società; cioè mi sembra che noi tutti ci troviamo ad operare in situazioni in cui queste diverse ragioni di tensione e di conflitto -da quelle ambientali a quelle sessuali a quelle generazionali, socioeconomiche, razziali, territoriali- sono compresenti e si presentano in maniera più o meno intrecciata. La seconda conseguenze è che qui la chiave politica, l'interpretazione panpolitica che è prevalCartina 2 - Aumento del numero dei rifugiati 28 26 24 22 20 18 milioni 16 14 12 10 8 6 4 2 o sa specie in Italia, anche nei movimenti apparentemente nuovi, dimostra una pa.rziahtà e una inattualità ai limiti dell'inutilità. Le tensioni e i conflitti hanno infatti una _complessitàe una profondità tale che non possono essere ridotti alla dimensione e alla spiegazione ra1;- presentata dal conflitto politico, per quanto m esso siano presenti tanto gli interessi che gli ideali umani. In generale i conflitti hanno piuttosto ragioni che per mancanza di altri termini possiamo definire spirituali, esistenziali, di identità -forse quest'ultima è la definizione più utile. Il terreno su cui affrontarli è dunque quello che, sempre in assenza di termini più precisi, possiamo definire come culturale. Vale a dire che anche la soluzione istituzionale non può essere prodotta dalla mediazione politica ma solo dalla trasformazione culturale. Per riferirmi ancora ai modelli di soluzione immaginati da Galtung, cosa significa - come lui propone - promuovere gli aspetti meno rigidi di tutte le religioni, favorire culture diverse dal fondamentalismo consumistico oppure ridurre le correlazioni tra razza e classe o tra cultura e classe? Si tratta evidentemente più di trasformazioni culturali che di riforme o anche rivoluzioni politiche. O ancora: quando il terreno del conflitto è, come nella ex Jugoslavia, alimentato prepotentemente dalla memoria non solo di gruppo e collettiva ma anche familiare, personale è chiaro che il problema diventa quello di come agire su questa dimensione profonda dove la politica (per esempio il federalismo jugoslavo apparentemente così ben congegnato) ha drammaticamente fallito; e dunque la questione è culturale, riguarda la sfera della comunicazione, dell'educazione, della formazione della personalità e dell'opinione pubblica. La pace del futuro Questo è il passaggio decisivo oggi di fron196019621964196619681970197219741976197819801982198419861988199019921995 Fonte: Nazioni Unite. LEZIONI
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