La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

in Capitini - appena l'estensione nei confronti della società, d1un'ansia di liberazione e un impegno di opposizione che prima di tutto scaturisce contro la realtà e la sua inadeguatezza, la sua ingiustizia, la sua malvagità. Ma se Capitini costituisce un'eccezione di coerenza, di radicalità, di anticonformismo, non è in fondo questo il pe,;corso normale della presa di coscienza di tutti? Non è la "non accettazione" della realtà, quella che divide chi fa della politica una scelta e un'arte autonoma da chi non la pratica come mestiere ma la confonde con l'integrità della propria vita, e con il sano integralismo della propria coscienza? Non è questa scoperta della parte negativa del reale - e il suo conseguente, ingenuo e ineffabile rifiuto - ciò che distingue dai politici "di professione" (nel senso, di professione di fede nella politica) gli abitanti dei movimenti e i testimoni dei fermenti rivoluzionari? Non è questa insofferenza esistenziale contro il male nella realtà prima ancora che nella società, ciò che distingueva all'origine il "progressismo" di sinistra (il progressismo non come fiducia o fuga nella storia, ma come tensione ininterrotta verso il cambiamento radicale) dal "conservatorismo" di destra? Una differenza che forse è l'unica a non essersi dissolta, anche se gli è successo di peggio: la si è svalorizzata insieme alla coscienza stessa. Eppur~, quella coscienza che ci fa dire "non accetto"' è ancora la nostra primitiva ma assoluta distinzione dalla realtà; per quanto ci si sforzi di mediarla, stemperarne ~li imperativi o non ascoltarla del tutto, non c1 è facile dire di non averne fatto esperienza, di non esserne dotati. La non accettazione religiosa della realtà non è dunque affatto eccezionale: "l'anelito alla liberazione" o l'opposizione al male o l'obiezione alla morte è di ogni individuo, di ogni fanciullo direbbe Capitini7. Quello che è eccezionale è riuscire a farla diventare il motore dell'azione sociale e politica: l'eccezionalità non sta nell'avere una coscienza ma nel farla agire, dunque nel farla obbiettare coerentemente e continuamente. Nel pic~olo di un grande esempio, ecceziQnale è diventare "obiettori di coscienza". Ma l'obiezione di coscienza a questo punto non è soltanto la definizione di un comportamento limitato al rifiuto del servizio militare - o, come lo chiama Capitini, del "servizio dell'uccisione militare" - ma di un atteggiamento contro il peccato, la malattia, la morte, contro i mali e le ingiustizie della realtà e della società, quindi contro la guerra che è il contrario della vita, prima ancora che della pace. Diventare obiettori di coscienza equivale - come dice ancora Capitini - a "farsi sacerdote di una visione ideale". Ancora una volta, non lasciamoci impressionare dall'altezza delle parole o dalla purezza dell'obiettivo. La radicalità non è necessità della perfezionè, ma riconoscimento di una disposizione alla perfezione che è già in atto. Si tratta di rivalutare e di riammettere nel discorso o nel progetto o perfino nel mercato della cultura la Coscienza - ad esempio tramite l' educazione che dovrebbe riprendere il posto che le è stato sottratto dall'informazione, avrebbe concluso Capitini. Si tratta di non fermare la critica o di favorire l'apertura, ma prima ancora si tratta di liberarsi dalle false dico- .. tomie di un dibattito culturale e politico che si consuma in una sterile guerra di posizioi:ie, anziché impegnarsi nella costruzione di una cultura della pace. E la cultura non ha nulla a che vedere con la propaganda. In cultura si procede per sfide, dilatazioni, moltiplicazioni ... Non c1 si fa attrarre dal dibattito, ma lo si distrae procedendo "per aggiunte". Ad esemJ?io,oggi che il servizio civile è lo strumento d1 cui intende servirsi perfino Chirac per poter dall'altra parte professionalizzare l'esercito, ugualmente un moderno ed istituzionalizzato servizio civile può diventare il luogo e il momento di un'educazione alla nonviolenza, alla nonmenzogna, ma soprattutto alla noncollaborazione: non c'è contraddizione, quando si procede per "aggiunte". "In un paese come l'Italia - scriveva a proposito dell'obiezione di coscienza Aldo Capitini nel 1949 -, nel quale questi problemi non sono ancora popolari, e il rapporto tra l'individuo e la società è sentito con faciloneria, grossolanità o conformismo, l'obbiettore di coscienza attua una forma pura ed evidente di richiamo a quella ulteriore forma di vivere civile, che porta più concretamente articolati quei princìpi di libertà e di amore che sono, almeno nel riconoscimento verbale, esaltati come superiori ad ogni altro. Non toglie le armi di mano a nessuno, ma aggiunge liberamente la sua posizione di coscienza (pensiero e azione) per dissolvere un costume di irreggimentazione coatta, apre un altro modo di sentire il rapporto con gli altri... " B Oggi che, grazie alle conquiste ottenute dai primi eroici obiettori, disponiamo di un gran numero di optanti per il servizio civile, l'obiettivo politico, culturale e morale non è affatto mutato. Anzi, se ieri bisognava esporsi a dei rischi per difendere l'Obiezione, oggi non ci sono più ostacoli al nuovo lavoro che è quello di dare valore e voce alla Coscienza. Il risultato non dovrebbe cambiare: obiezione e coscienza sono la stessa cosa. Note 1) N.Bobbio, Maestri e compagni, Passigli, Firenze, 1984. 2) L.Borghi, Maestri eproblemi dell'educazio- . ne, L;i Nuova Italia, Firenze, 1987, cfr. p.237. 3) A.Capitini, Religione aperta, Neri Pozza ed., Vicenza, 1964, cfr. p.12-13. (Prima edizione: 1955) 4) L.Borghi, op.cit., cfr.p. 235. 5) A.Capitini, Aggiunta religiosa all'opposizione, Parenti, Firenze, 1958. E questo il suo testo politico più originale e più importante, ancora oggi utilissimo per approfondire la storia o la possibilità della relazione tra politica e religione, magari interrompendo l'eccessiva attenzione data all'infecondo rapporto fra comunisti e cattolici. 6) L.Borghi, op.cit., cfr.p. 231. 7) A.Capitini, Il fanciullo nella liberazione dell'uomo, Pisa, 1953. 8) A.Capitini, Italia nonviolenta, Centro Studi Aldo Capitini, Perugia, 1981, cfr. p.75-76. ♦ LEZIONI

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