La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

ad uno stato d'animo o nel migliore dei casi si risolva in testimonianza personale, di fatto impotente a modificare la situazione. Per promuovere un'azione in qualche misura efficace bisogna poter poggiare i piedi su un terreno solido, o meglio avere chiaramente presenti le fonti da cui trarre ispirazione, capaci di produrre e nutrire convincimenti profondi. Dunque, occorrono dei precisi riferimenti culturali. Ne indico sommariamente due. ' a. Il patrimonio culturale della tradizione socialista. Un patrimonio di irrinunciabile valore, ma che oramai giace in uno stato informe e pressoché amorfo. Si tratta qui di decidere se la distruzione totale o parziale delle sue forme storiche (comunismo, operaismo, sindacalismo rivoluzionario, socialdemocrazia, ecc.) comporta altresì il tramonto delle sue istanze culturali e sociali, oppure se esso può essere inverato in forme nuove e infine positive. Osservo che in questo momento tutto congiura a favore della prima soluzione, in particolare sotto la spinta di un resuscitato liberalismo, pronto a giocare la carta di una sua egemonia culturale nelle società occidentali (gli esempi nostrani, pur non particolarmente esaltanti, sono significativi di questa strategia politico culturale). Non ho dubbi che tale soluzione vada rifiu-· tata in quanto rappresenta la copertura ideologica della "rivoluzione di destra", ovvero del dominio dell'economico. Mentre occorre proporsi una mutazione radicale in ordine al sentire sociale e, in rapporto a questo, allo stesso modo di produzione. Voglio dire che è del tutto illusorio e ingannevole predicare solidarietà e giustizia sociale senza mettere in questione le forme di produzione e dunque il primato del mercato. E dunque anche sulla base della tradizione socialista che occorre costruire una alternativa al modello socioculturale oggi imperante. D'altra parte è chiaro, data l'esperienza fatta, che tale patrimonio va rivisitato criticamente e va assunto per i valori che è in grado di esprimere, cioè non in forma ideologica. b. Il patrimonio religioso della cultura occidentale. Mi riferisco soprattutto alla tradizione ebraica e cristiana, pur non escludendo l'opportunità di una più ampia riflessione che comprenda anche la radice pagana. Qui il discorso è più complesso, perché siamo assuefatti a considerare la cultura religiosa come patrimonio esclusivo o quasi delle diverse confessioni; inoltre la cultura moderna si è costruita sulla separazione del religioso dal profano, separazione peraltro inevitabile finché il primo è considerato patrimonio delle Chiese e si avverte di conseguenza il pericolo di una riaffermazione del primato della religione. Tuttavia oggi il patrimonio religioso ebraico cristiano può essere reso in larga misura disponibile alla cultura profana nella misura in cm matura nei credenti la distinzione tra fede e appartenenza confessionale. Distinzione resa necessaria dalla consapevolezza del fallimento delle Chiese rispetto al compito di evangelizzazione del mondo moderno. Al riguardo può qui bastare una considerazione di ordine generale. Negli ultimi tre secoli le chiese cristiane hanno vissuto il confronto con la modernità come lotta per il dominio ideologico, ed hanno di conseguenza assunto come interlocutore privilegiato la borghesia in quanto classe portatrice della cultura moderna: illuminismo, razionalismo, marxismo, liberalismo; come se la confutazione di tali ideologie fosse sufficiente a restituire loro l'egemonia culturale perduta. Non si sono invece poste, se non secondariamente e marginalmente, il problema di una comprensione adeguata della realtà socioeconomica del mon- -----"_,,,,.--------- ... ----------------i illl.QljJ.

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