La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

ROBIN HOOD E IL SOGNO DELL'ADOLESCENZA Marco Cavedon Marco Cavedon si occupa della formazione degli operatori sociali.e del coordinamento di progetti per adolescenti per conto di_diverse Usi e amministrazioni locali del Nord. E' dirigente dell'Arei a Milano. ♦ C'era una volta, molto tempo fa, un Re buono e giusto, che governava un grande Paese. Ma un giorno il Re partì per le Crociate, lasciando la reggenza al fratello. Questi si dimostrò presto avido e ingiusto, opprimendo i sudditi con tasse e balzelli iniqui, imprigionando chi protestava, punendo chi non poteva pagare. Un gruppo di giovani, ribellandosi a questo stato di cose, cominciò ad incontrarsi nel fitto di un bosco, organizzando da lì u,:iaresistenza fatta di tranelli, sabotaggi, di furti, di evasioni, nell'attesa e nella speranza del ritorno del Re buono. Il Re, frat'ianto, ·sullavia del ritorno vittorioso, fu catturato a tradimento e imprigionato. Per la sua liberazione venne chiesto un forte riscatto al fratello. Questi, che già meditava di usurpare il trono, si guardò bene dal pagare e dal rendere pubblica la notizia, diffondendo piuttosto la voce•della morte del Re nel viaggio di ritorno. La notizia giunse ugualmente ai ~iovani della foresta che, incrementando le azioni di furto e sabotaggio ai fedeli dell'usurpatore (appoggiati in questo dal popolo, stanco delle angherie del tiranno) riuscirono a raccogliere il prezzo della libertà per il Re buono. Con il ritorno del Re, l'usurpatore fu cacciato, con i suoi sgherri e ai giovani ribelli spettarono titoli ed onori. Fin qui la leggenda: chi non conosce Robin Hood e gli allegri compari della foresta di Sherwood, il Re buono, Riccardo Cuor di Leone e il fratello traditore, il Principe Giovanni Senza Terra? Racconti, ballate, romanzi, film, cartoni, ne narrano le gesta. Eppure ... Adolescenti molesti Vorrei che non cifosse età di mezzo fra i dieci e i ventitré anni·o che la gioventù dormisse tutto questo intervallo; poiché non c'è nulla in cotesto tempo se non ingravidare ragazze, vilipendere gli anziani, rubare e darsi · legnate. W. Shakespeare In questa citazione di Shakespeare (già ripresa da Winnicott ne Il bambino deprivato), a parlare è un vecchio pastore, cui due ragazzotti hanno fatto scappare alcune pecore. Analoghe citazioni si pç>ssonotrovare in autori ben più antichi, latini e greci, o di altre culture, a testimonianza del fatto che alcune caratteristiche di rumorosità e molestia degli adolescenti, soprattutto maschi, sembrano connaturate alla condizione adolescenziale, al di là del contesto culturale e sociale. Seppure non desiderabili (a~li occhi degli adulti, almeno) queste caratteristiche sembrano perciò "naturali", transitorie e per niente patologiche, ma anzi funzionali al processo di crescita. La profezia che si avvera Peraltro, chi lavora a contatto con gli adolescenti "difficili" si trova a notare che sia il contesto socio-culturale (macro e micro) in cui si sviluppano queste caratteristiche, sia elementi della personalità stessa dell'adolescente fossono interagire, risultando determinanti ne favorire un'evoluzione positiva o, al contrario, una degenerazione patologica verso comportamenti violenti e antisociali e verso la strutturazione di personalità devianti. È estremamente difficile, però, individuare, con valenza predittiva, in che modo la presenza di determinati elementi (o mix di elementi) possano portare verso esiti positivi o negativi. Per la mia esperienza, e per quanto conosco delle ricerche effettuate in questa direzione, mi sembra che si sia solamente in grado di indicare alcuni "fattori di rischio" decisamente generici. Certamente possono influire particolari condizioni socio culturali o socio economiche della famiglia, come pure può essere determinante (ma al di là della possibilità diretta di interven- · to) la capacità di proporre modelli adulti positivi da parte del contesto micro e macrosociale, mentre una dimensione su cui è probabilmente possibile lavorare con più profondità è la capacità di attenzione e di risposta del contesto microsociale di fronte alle prime manifestazioni "naturali" di comportamenti oppositivi. Siamo comunque di fronte a una capacità diagnostica molto approssimativa. Questo benché l'esperienza renda molti operatori sociali capaci di riconoscere con discreta certezza i ragazzi che "prenderanno una brutta strada". Questa capacità predittiva, però (oltre al rischio di risultare una vera e propria "profezia che si avvera") non riesce comunque a strutturarsi in un quadro di strumenti comunicabili o in elementi identificabili. Ma allora, in questo quadro, quali chiavi di lettura e quali strategie di attenzione e di prevenzione possiamo realisticamente sviluppare? Il quadro è complesso, e complesse saranno le risposte. Però, tra le tante possibili descrizioni e interpretazioni e azioni, vorrei qui proporre una lettura metaforica della Leggenda di Robin Hood, nella convinzione che, per lo meno, non ne scaturirà un lavoro noioso. Una premessa Vorrei però, innanzitutto, fare due brevi pre- . messe tese ad avvalorare la pertinenza (se non la dignità scientifica) dell'uso interpretativo di una metafora letteraria. La prima premessa riguarda la leggenda in sé: credo (supportato in questo da ben più dotti studiosi) che tutte le storie che sopravvivono così a lungo nel tempo, abbiano in comune almeno due ingredienti: - da una parte, contengono nuclei di significatoprofondo, relativi a sentimenti, esperienze e comportamenti fondamentali e condivisi dagli esseri umani, al dilà dei cambi culturali, politici, ecc. - dall'altra, consentonopiani di lettura diversi, diversi livelli di approfondimento, facilitando così il tramandarsi della storia senza richiederne una comprensione totale, ma invitando a letture e identificazioni parziali e molteplici. Un'altra La seconda premessa riguarda invece il momento scientifico attuale e l'irrompere della scienza della complessità, come tentativo di BUONI E CATTIVI

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