SUOLE DI VENTO Emiliano Morreale, Michele Esposito, Hugues Bazin, Roberta Torre, Luca Mosso, Alberto Rondalli, Marce! Cordeiro, Gianni Zanasi, Elena Fantasia, Andrea Dedda, Alice Vox, Angela Regio e amici L'ODIO: UN'OPERA PRIMA PIUTTOSTO ODIOSA Emiliano Morreale Accompagnato da un curioso destarsi del1' attenzione dei giornali intorno al tema delle periferie, arriva in Italia L'odio del ventottene Mathieu Kassovitz che racconta ambienti e personaggi di giovani nella banlieu parigina. Tre ragazzi (un ebreo, un arabo e un nero) si muovono senza meta all'indomani di un episodio di "guerra civile molecolare": durante la notte i loro coetanei (e forse anche uno di loro) hanno messo a ferro e fuoco la zona dopo il ferimento di un ragazzo arabo da parte di un a~ente. Uno dei tre protagonisti ha ritrovato la pistola di un poliziotto e sembra proprio intenzionato a servirsene. La giornata balorda dei tre prosegue la sera con una trasferta a Parigi, tra varie disavventure e con un epilogo tragico. Kassovitz ~ira in un bianco e nero squisito ma piuttosto mcongruo; non il bianco e nero del povero, alla Clerks, per intenderci, ma quello "elegante e trasgressivo" dei videoclip. Scandisce la giornata con le cifre di un orç,logio a condurre verso l'inevitabile escalation di assurda violenza, e incastra protagonisti e comprimari in geometrie di macchine raffinate e solenni. Si vede che ha studiato gli americani, Tarantino e Spike Lee anzitutto, e li applica perlopiù pedissequamente ai fatti di casa propria (i dialoghi, gli apologhi, le storielle· che nutrono il fast talking di Tarantino qui sono malamente copiati in un chiacchiericcio reso ancora più fastidioso dal doppiaggio; le storielle che si raccontano i personaggi sono piuttosto abusate, compresa quella che incornicia il film, stranota e che viene qui ripetuta tre volte). Senza infingimenti, Kassovitz scavalca la sociologia e punta allo spettacolo. O meglio: cerca di raccontare il mondo delle grandi periferie degradate cercando di rendere anche l'autorappresentazione di questo mondo, la sua SUOLEDI VENTO ( Ri ne cultura e il suo ritmo, il suo modo di pensarsi. L'operazione riesce in parte, e soprattutto (mi sembra) non riesce mai .a nascondere un razzismo di fondo, una non-comprensione delle teste dei personaggi. È anche corag~ioso scegliere dei protagonisti odiosi come il giovane ebreo, ma per non cadere nel consolatorio filantropico, Kassovitz sfiora un cinismo (derivato da una lettura molto "parigina" degli americani di cui sopra) che lo porta a rendere alla fine molto più simpatici I poliziotti "di frontiera" (e questo lo costringe a "coml'ensare" con l'episodio dei poliziotti parigim sadici). Per dirla brutalmente, non è che il protagonista del film, teenager ottuso e violento che gioca con le armi, sia poi tanto diverso dal Lorenzo della trasmissione "Avanzi". Se un talento ha Kassovitz è nella narrazione degli spazi metropolitani. Da vero postmoderno egli trascura su tutti i nessi di causa ed effetto, descrive il tempo in senso "orizzontale" con le sue inquadrature· dell'orologio/cronometro e, con quel rigore geometrico cui accennavo, dipinge una non-città che i cinefili diranno carpenteriana e che è invece fin troppo reale. Luoghi di cui si sono perse le tracce della funzione originaria, brandelli di città in cui masse di giovani e bambini ricreano istintivamente piazze sui tetti di palestre bruciate, o punti d'incontro (e di spaccio) in casermoni desolati. Certamente la parte migliore del film è la prima mezz'ora (titoli di testa compresi), in cui non accade nulla e il regista si limita a vagare sulle macerie dell'insurrezione, e lo stile estetizzante (per scelta istintiva di regia, si direbbe) sembra proprio guello che un abitante della zona, nutrito di video e cartelloni, potrebbe scegliere per raccontarsi. Poi però, non avendo il fegato o il respiro per impiantare tutto un film sul pur~atono di queste periferie, Kassovitz sceglie di isolare i tre protagonisti e di spedirli in giro per Parigi. Da quel momento s1finisce sul terreno (letteralmente) dei luoghi comuni e il film ha un crollo di violenza e di intensità. Ciò non toglie che la volontà di Kassovitz di confrontarsi anche in modo superficiale e narcisistico con un mondo che preme ai suoi (e ai nostri) confini sia comunque portatrice di novità. La sua è una posizione discutibile, ma tuttavia "forte", con cui può forse essere utile confrontarsi, pur non cond.ividendola o sentendosene irritati. ♦
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