La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

presenza in una classe di bambini ha ,un impatto importante e per tanti aspetti utile. Ma se una bambina cingalese di undici anni, figlia di immigrati poven, si trova a frequentare una seconaa elementare perché non conosce l'italiano - il fatto è realmente accaduto - l'impatto è sconvolgente per tutti. Come può sentirsi una bambina di undici anni proveniente da un mondo così radicalmente diverso, alle prese con le sue prime mestruazioni, in una classe di bambini di sette anni ? Il disadattamento, lo sradicamento, la nostalgia, la malattia psichica si insinuano inevitabilmente, dal trauma dell'immigrazione fino alle più sottili umiliazioni. Il ciclo delle sofferenze inutili - magari meno sconvolgenti e totali della morte dei bambini abbandonati alla fame, ma non meno profonde di quelle materiali, perché la sofferenza è un sentimento molto complesso - quelle che tolgono senso al mondo e che rendono intollerabile l'idea di un Dio che possa averlo creato per punire così duramente e senza ragioni comprensibili l'umanità, si perpetua e si complica. E lo psicologo diventa l'ultimo anello della catena della sofferenza inutile. Franco Lorenzoni, in un bellissimo articolo su "Linea d'Ombra" di circa due anni fa, si domandava che dialogo fosse possibile tra la ricerca di un'esistenza felice, spontanea e in armonia con la natura di un bambino dell'occidente privilegiato e l'esperienza della natura, fatta di sofferenza fisica, distruzione dell'infanzia, fatica e malattie, vissuta da milioni di bambini in altre parti del mondo. Si domandava, msomma, quanto fosse ~iusto, in simili condizioni, il diritto all'ambiente pulito rivendicato per i bambini dell'occidente. E ancora si chiedeva come fosse possibile unire l'educazione alla gioia con la conoscenza e la coscienza della sofferenza, in particolare della sofferenza inutile così diffusa in tanta parte dell'umanità. Domande molto serie e difficili, a cui si può però tentare di rispondere. È vero che solo l'esperienza della felicità consente di comprendere davvero l'infelicità propria e altrui e che quindi l'impatto con la sofferenza dovrebbe essere risparmiato ai più piccoli, ma c'è da domandarsi se allo stato attuale delle condizioni della famiglia, dell'ambiente - nelle città in particolare - della · qualità della vita in generale e anche data l'invadenza dei mezzi d'informazione sia _possibile,anche per i "privilegiati" bambini dell'occidente, un'autentica esperienza di felicità. Temo che, non per scelta degli educatori ma per una sorta di necessità storica, l'impatto con la sofferenza sia inevitabile per tutti i bambini, privilegiati e non. Qualunque educatore, teI mo, dovrà tener conto da subito di questa maggiore e più "adulta" percezione del male - che favorisce tra l'altro l'uso della violenza quando non è accompagnata da una maggiore consapevolezza - che rende i bambini di oggi più lontani dall'infanzia quale noi l'abbiamo conosciuta. Quanto al diritto all'ambiente pulito, che rischia, è vero, di apparire come desiderio di un surplus di egoismo e di consumismo da parte dei principali inquinatori, la scienza e numerose esperienze ormai hanno dimostrato che una mancata tutela dell'ambiente danneggia prima e più dei paesi ricchi i ~aesi e i popoli più deboli, m[articolare i bambmi e le generazioni future. A esempio il fatto che i danni al manto di ozono e il mancato filtraggio degli ultravioletti colpiscono soprattutto, già da oggi, alcuni paesi aell' America Latina e che i più vulnerabili siano proprio i bambini, è un'altro dei paradossi infernali così difficili da accettare e s_piegare. In particolare gli insegnanti dovrebbero / / / / / 1 /,; I trovare il modo di conciliare l'educazione alla gioia con la coscienza della sofferenza proprio attraverso l'insegnamento della storia e della geografia - assolutamente paralleli - e valorizzando la presenza nella scuola di bambini stranieri. Facendo raccontare, ad esempio, a un bambino dell'Ecuador o dello SriLanka quello che sa della sua storia e ael suo eaese, anche vi~ cende personali significative, senza pietismi, e introducendo così anche gli altri bambini alla storia del dominio e della distribuzione del potere e delle ricchezze. I bambini sapranno capire benissimo e l'ecuadoriano o il cingalese non dovranno essere "integrati" nella classe, ma semplicemente messi in condizione di parlare di sé e insegnare qualcosa agli altri. Un insegnamento sincronico della storia attraverso la comparaz )Ile tra culture cosiddette primt ·ve e culture tecnicamente avanzate, individuando le strutture comuni attraverso i concetti chiave dell'antropologia, è un'altra possibile strada per una concezione critica e non piattamente evoluzionistica della storia, eliminando anche la divisione artificiosa tra "preistoria" e storia. Si è dimostrato utile anche il contributo di bambini provenienti da paesi dove le culture cosiddette primitive continuano a esistere, come gli indios latinoamericani altre civiltà africane o asiatiche. Attraverso lo studio comparato di differenti civiltà, i bambini possono essere aiutati a capire che il modello occidentale, consumistico, di vita e di gioco, di uso e di funzione del gioco, non è il solo possibile. La resistenza al modello consumistico - probabilmente il più potente veicolo dell'occidentaliz-

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