FUMETTO UN'OSSESSIONE CHIAMATA DISEGNO StefanoRicci Stefano Ricci è nato a Bologna, dove vive, nel 1966. Inizia a pubblicare fumetti nel 1986, sulle pagine di "Frigidaire". In seguito collabora a pubblicazioni come "Avvenimenti", "Il Manifesto", "Panorama" e "Linea d'Ombra". Ha esposto suoi lavori a Salonicco, Bologna, Lucca e Milano. Nel 1994, con Philippe De Pierpont, pubblica per la Granata Pressdi Bologna il volume Tufo. ♦ Per me è stato fondamentale frequentare, una decina d'anni fa a Bologna, una scuola di fumetto in cui insegnavano disegnatori allora trentenni come Daniele Brolli, Lorenzo Mattotti, Igor Tuveri e altri. Era una scuola molto "viva", poiché tutti i docenti erano attivi nel mondo dell'editoria e pubblicavano già i loro lavori. Ci sono stati seminari assai belli con autori come Magnus, Josè Mu.fioz e Carlos Sampayo: il seminario tenuto da Magnus, in particolare, è stato utilissimo in quanto Magnus non sapeva bene come svolgere la sua attività didattica e ci ha pertanto chiesto di realizzare direttamente una nostra storia a fumetti. In seguito ho pubblicato qualche storia breve su "Frigidaire", ma molto presto mi so- . no dedicato, a differenza di altri colleghi e amici come Francesca Ghermandi, Roberto Menotti, Otto Gabos e Massimo Semerano, esclusivamente alle illustrazioni per i giornali. La questione della crisi delle riviste-contenitore come "Comic Art" o "L'Eternauta", pertanto, non mi tocca molto da vicino. Non credo, comunque, che oggi le riviste di fumetto "autoriale" non vendano più solo perché la gente preferisce un altro tipo di fumetto: non mc la sento di giudicare così negativamente il pubblico. Latitano, più probabilmente, il coraggio e la capacità di produrre qualcosa di valido. Io ho letto a lungo "Frigidaire", che mi piaceva molto, così come l'esperimento di "Dolce Vita", due riviste accomunate dallo sforzo, insieme eroico e ingenuo, di adottare uno sguardo che fosse il più ampio possibile, che abbracciasse un po' tutte le forme dell'espressione umana. In ogni caso, anche se in Italia, per chi decide di vivere disegnando, le cose sono tutt'altro che facili, la nostra situazione è ugualmente preferibile a quella francese, almeno secondo me. In Francia, infatti, le continue richieste di materiale che provengono dagli editori rischiano davvero di frenare la ricerca stilistica di un autore, la sua possibilità di assecondare l'estro. Tanino Liberatore, per esempio, da quando si è trasferito a Parigi non ha fatto altro che disegnare illustrazioni su commissione, anche belle se vogliamo, ma non è certamente per queste ultime che viene e sarà ricordato. Le persone con cui mi sento più profondamente in sintonia sono Gabriella Giandelli e SUOLEDI VENTO Francesca Ghermandi, malgrado noi tre abbiamo stili di disegno molto differenti. Grande feeling esiste anche con Davide Catenacci, un ragazzo che ha seguito con me il corso di fumetto a Bologna e che adesso lavora come sceneggiatore per la Disncy. Con lui abbiamo realizzato per le edizioni E.Elle un libro di racconti per ragazzi. Questo per quanto riguarda gli amici. Tra i miei "riferimenti" artistici ci sono invece prima di tutto Mufioz (grandissimo il suo modo di usare bianco e nero) e poi Lorenzo Mattotti, al quale ho guardato molto, ma più per il suo approccio alla tavola che _per altro. Mattotti infatti ha imboccato principalmente la strada del colore, mentre il sentiero che percorro io è quello del bianco e nero. Ho ricopiato tantissimo sia Mufioz che l'Alberto Breccia della metà degli anni Sessanta, cercando di assimilare il loro stile un po' sporco. Come dice Stefano Benni, se anche ti limiti a copiare un libro, alla fine qualche cosa dentro d1 te succede comunque. Diciamo che la mia formazione, rispetto a quella di Mufioz, è meno "fumettistica" e più incentrata sul puro disegno. La mia è soprattutto una ricerca sulla figura, sulle possibilità di modellare e fare esprimere le figure. E' normale, quindi che i miei "miti" siano autori come Diane Arbus, Francis Bacon e Alberto Giacometti. Della Arbus, che era una fotografa, potrei parlare come se fosse stata un incisore, la sua teoria della "tecnica sporca" è divenuta per me una lezione utile per il disegno. Bacon è un confronto inevitabile del Novecento, ma per chi come me usa degli strumenti tradizionali (carta, matita e gomma), è stato più che mai importante per imparare a usare in un certo modo la gomma da cancellare. Per fare della gomma, voglio dire, uno strumento di disegno non meno indispensabile della matita . Passando al mio fumetto "Tufo", è necessario sr.endere due parole su colui che ha scritto 11soggetto della storia e l'ha cosceneggiata con me, il belga Philippe De Pierpont. Lui è uno sceneggiatore che ha fatto per molti anni teatro e che poi ha cominciato a filmarlo, il teatro. Ora è documentarista. Viaggiando nel Sud dell'Italia ha ascoltato tre aneddoti che hanno costituito l'ossatura del libro. Ini- · zialmente, dal soggetto lui intendeva ricavare un film, ma poi ha pensato di farne un fumetto e si è rivolto a me dopo avere visto dei miei disegni su "Il Manifesto", rintracciandomi tramite il nostro comune amico Mattotti. A quel punto, Philippe e io abbiamo riscritto il soggetto e la sua urgenza di raccontare il rapporto tra i luoghi e i personaggi e la mia di concentrarmi soltanto sul rapporto esistente tra i due protagonisti (che è un rapporto di dipendenza, che tende alla complementarità, alla fusione in una cosa unica), le nostre due urgenze, dicevo, hanno originato un confronto, uno scambio di opinioni quanto mai fruttuoso. Una volta disegnati i personaggi, è stato necessario riscrivere i dialoghi sulla base di q1,1elloche i personaggi avevano rivelato di essere. Non so se realizzerò mai dei fumetti completamente miei, scritti e disegnati da me. Quello di scrivere non è per me un principio di necessità: il disegno, per ora, soddisfa del tutto il mio desiderio d1 esprimermi. Sì, è la mia ossessione, in fondo, il disegno. ♦
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