di valutazione, un'authority, il collegio dei docenti, gli alunni, i genitori, un sistema oggettivo a punteggio (e non oso nemmeno pensare a un improvvisato Assessore), l'accertamento delle qualità professionali di un docente risulterà fatalmente problematico, relativo, discutibile, scabroso, autoritario, coercitivo e in definitiva controproducente. Dare voti a un insegnante non lo renderà più motivato ed efficiente, anzi contribuirà a deprimerlo e mortificarlo ulteriormente, scatenerà fughe dalla scuola (e presumibilmente dei migliori), darà la stura all'arte di arrangiarsi dei mediocri, a siri e raggiri clientelari, al d1stoglimento di enersie al comune lavoro didattico per l'ampliamento ipertrofico di attività di dubbia utilità e trasparenza. Ma soprattutto contribuirà in maniera decisiva a rendere più docile un corpo docente che al suo interno mantiene una consistente e scomoda minoranza di non integrati. Questa prospettiva è assolutamente catastrofica, e non esagera certo in allarmismo chi sottolinea il pericolo che si compromettano in tal modo la laicità della scuola e della libertà di insegnamento. Lo scoeo politico della manovra nsulta ancora più evidente e soltanto si riflette per un istante sulle illusioni velleitarie riguardo alla possibilità di valutare oggettivamente la qualità di un lavoro in gran parte insondabile, i cui esiti sono assai meno verificabili di quanto ha preteso una didattica degli obbiettivi programmatici psuedo-scientifici e meccanicistica, che a forza di insistere sulla verifica ha finito per diventare una metafisica non falsificabile. Può essere utile per una riflessione in tal senso uno studio serio e in gran parte condivisibile (nonostante alcune contraddizioni, incongruenze, lacune e reticenze) quale ProfessoressaAddio , di Norberto Bottani, ricercatore dell'Ocse, edito da Il Mulino. "Non è così semplice definire i criteri di merito e valutare con metodi oggettivi le prestazioni dei docenti", avverte Bottani. È lo stesso stallo in cui si trova il docente quando d·evegiudicare l'alunno, sapendo benissimo che le prestazioni, le abilità, le capacità, le cognizioni, i comportamenti da un lato sono difficilmente accertabili in termini quantitativi, dall'altro non sono tutto e non rendono conto - almeno non in maniera esaustiva - di un percorso normativo, di una crescita della personalità, di una dimensione interiore che si sottrae inesorabilmente alle definizioni tassonomiche. "Una buona dose di umanità, di buon senso, di capacità di ascolto contano quanto i titoli di studio e non si acquistaf\O con una preparazione scientifica", avverte ancora il Bottani parlando della formazione del docente. Sono doti, queste, che fanno parte del bagaglio professionale dell'insegnante e che sfuggono a ogni possibilità di controllo e valutazione oggettivi e sistematici. Solo chi non ha mai messo piede in una classe può ritenere che qui si stia tentando di eseguire un ritratto romantico e idealista dell'insegnante. Tuttavia non v'è dubbio che l'attività docente è abbastanza routinaria e formalizzata per poter essere sottoposta a talune verifiche obbiettive, ancorché parziali. Bisogna allora cercare di capire, insieme ai limiti, anche lo scopo di simili operazioni di monitoraggio del lavoro dei docenti. In Gran Bretagna, scrive ancora, Bottani "il prosramma di valutazione non si limita ad osservare il comportamento dei docenti in classe o a misurare le loro competenze professionali e linguistiche, ma comporta anche indagini sui modi di pensare, sulle idee pedagogiche e forse anche su quelle politiche". A questo punto dovrebbe scattar.e un campanello d'allarme. Ma oltre a questi aspetti e risvolti per così dire ideali, ve ne sono altri assai più concreti. Negli Usa, dove il problema della impreparazione degli insesnanti ha assunto dimensioni allarmanti e paradossali, si è fatto ricorso alla somministrazione massiccia di test miranti a accertare il possesso da parte del corpo docente di requisiti culturali basilari. Il risultato è stato una vera e propria voragine finanziaria. I test costano troppo, soprattutto in relazione a1modestissimi risultati che tramite essi le autorità scolastiche riescono a conseguire (in pratica il semplice allontanamento dei docenti macroscopicamente ignoranti). Non ne deriva invece alcun miglioramento del sistema scolastico, anche perché la sovrabbondanza della domanda di insegnanti rispetto all'offerta rende necessari meccanismi di reclutamento poco selettivi. Ma i test non funzionano anche per altre ragioni. Una prima obiezione è che essi "non possono misurare il grado di dedizione, le motivazioni, la perseveranza, l'integrità e l'impegno dei docenti", come dice Bottani. E quest'aspetto l'abbiamo già esaminato. Ma c'è di più: i test appiattiscono il lavoro docente e instaurano un circolo vizioso che degrada e squalifica la stessa formazione degli insesnanti: gli istituti magistrali e gli istituti specializzati nell'aggiornamento finiscono infatti per modellare il loro addestramento in funzione dei test, soffermandosi quasi esclusivamente sulle tecniche di individuazione della risposta esatta. Inutile dire che il risultato non può che essere una scuola ancora più nozio-: nistica, meschina e arida. Un simile sforzo economico e organizzativo avrebbe quindi l'esito disastroso di mortificare e dequalificare gli insegnanti, cioè esattamente il contrario di quanto apparente men te si erefiggeva. In realtà l' obietuvo è eminentemen te politico. Simili controlli servono a instaurare e a ribadire precisi rapporti di
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