Charles Lindblom e sintetizzata con le categorie del muddling trough e del disjointed incrementalism). Il tema è centrale nel (nutritissimo) dibattito sulla decisione, sia tra i pianificatori che tra gli studiosi di policy analysis (una introduzione, p.es. in C.HamM.Hill, Introduzione all'analisi delle politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna 1986). 16. Mentre la ricerca di investitori suggerisce, fin dal giorno successivo alla approvazione degli indirizzi, un tour di presentazione dei programmj urbanistici napoletani fuori di Napoli, in città non si registrano iniziative volte a strutturare le successive tappe del dibattito pubblico, a incentivare la partecipazione, a facilitare la comunicazione ... 17. La storia della "fuga", così definita nel sommario dell'articolo, in una intervista de "la Repubblica" 12.10.94. Il detto si traduce "Giorgio se ne vuole andare e il vescovo lo vuole mandare via". 18. Cfr. Comune di Napoli - Dipartimento assetto del ti:rritorio, Due varianti per Napoli, Edizioni Graffiti, Napoli 1995 19 Per esempio, a J acoviello la ventata illuminista che gli sembra di avvertire a Napoli piace. Gli piace il nuovo look : " ...per la prima volta non ho provato la sensazione di trovarmi al Cairo". Viceversa, specializzato in giudizi (e forse perfino pregiudizi) negativi sul progetto in questione, Mariano D'Antonio va ripetendo da tempo il suo dissenso. Richiesto di un lapidario giudizio sul primo anno di governo, rincarava la dose: "Quest'idea di una città di pizzaioli e camerieri non mi piace. Con la città museo, turistica, non si va molto avanti ... ". ("La Repubblièa" 2.12.94). 20. In poche parole, la variante sottopone a vincolo le aree non ancora urbanizzate di tutto il territorio comunale e propone di equiparare gli insediamenti abusivi ai coml?lessi di edilizia popolare ex lege 167. I meccanismi giuridici proposti incontrano numerose obiezioni tecniche, che non discuterò per i motivi suddetti. 21. La zona interessata fa parte dei campi fle~rei e comprende il versante della collina di Posillipo verso Coroglio, Nisida, le aree già industriali tra la collina e il fascio dei binari, gli abitati di Cavalleggeri e Campegna, la Mostra d'Oltremare, il quartiere di Bagnoli, la conca di Agnano fino ai bordi degli Astroni. 22. Un nuovo d'estinoper le aree dismesse di Bagnoli, "la città nuova" 1/1995. Una replica di V. De Lucia alle obiezioni mosse in questo articolo è nel n. 2-3 della medesima rivista. 23. Tra tutti, cfr. Carlo Trigilia, Sviluppo senza autonomia. Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno, Il Mulino, Bologna 1992 e Ada Becchi, Opere·pubbliche, "Meridiana" 9/1990 24. La definizione è di Mare Augé, Non -· Lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité, Editions du Seui!, Paris 1992 (tr.it. Nonluoghi, Eleuthera, Milano 1993) 25. Se è consentita una incursione nel merito delle soluzioni tecniche, non avrebbe più senso vietare la sosta, ma fare circolare gli autobus turistici in tutta la piazza (eliminando la barriera di fioriere e transenne)? I turisti potrebbero così 'sbarcare' in centro, mentre i pullman potrebbero poi parcheggiare in un luogo più consono dell'adiacente calata Trinità Magsiore, per recuperare il loro 'carico' ancora nella piazza, o alla fine di alcuni itinerari nel centro. Mi rendo conto che in questo suggerimento pesano un giudizio personale e l?erfino un riflesso ~ondizionato, da architetto ,che s1 ribella all'aspetto attuale dello spazio unitario della piazza. Altre persone e altri punti di vista potrebbero portare a soluzioni molto diverse. Tuttavia il problema è appunto che non ci sono sedi in cui sia possibile fare questo genere di discussioni. 26. La distribuzione di fioriere, lumi, panchine, cestini e quant'altro si ritiene necessario all'ordinato (e ordinario) godimento di spazi pubblici è certamente un bene, ma non riesco a non pensare come un bene maggiore l'orsanizzazione democratica di un uso umano di quegli spazi fisici. Che solo se e in quanto siano pensati in una con le persone che in essi si muovono e fanno cose diventano luoghi. 27. Soprattutto 'localmente', cfr. "La Repubblica" 24.1.1995 28. "Se non sono capaci di mettere in contrasto il bello con il brutto coesistente, le forme non fanno che documentare la morte della città". Insieme con molte altre interessanti riflessioni, in Arnaldo Bagnasco, Fatti sociali formati nello spazio, Angeli, Milano 1994 29. Rubo la definizione coniata da un amico che trovo particolarmente azzeccata. 30. Molto in breve, si defiQiscono iconici i disegni che raffigurano oggetti, reali o immaginati. A essi si oppongono i disegni "convenzionali", propri di linguaggi specialistici, che usano segni astratti e codificati, diversi dalla realtà cui fanno riferimento. Tra i due tipi, con un esempio, c'è la differenza che passa tra la prospettiva di un luogo progettato e una mappa di piano, in cui vari colori indichino diverse modalità di intervento. Da qualche anno gli urbanisti affiancano a disegni convenzionali molti disegni iconici, ritenuti più comprensibili alle persone e dunque I?iù capaci di stimolare l'interazione tra pianificatori e utenti.(cfr. per es. Patrizia Gabellim, Il disegno nel piano, "Urbanistica" 82/1986). Le varianti napoletane usano in generale pochi disegni, e quasi tutti convenzionali. 31. Anche questa immagine viene da conversazioni amicali, l'autore però è diverso. 32. Viene in mente la critica di Herbert Gans ai contenuti e allo stile dei primi, medi, master pian americani : " ...molti parchi, campi da &ioco, ma non cinema, taverne, club ... musei e chiese, ma non chioschi per hot-dog e night club ... autori'messe per le automobili, ma non officine di riparazione". I fini sottesi a questi obiettivi, che riflettevano il modo di pensare la città del ceto medio protestante, impedivano di riconoscere valori diversi: "Gli urbanisti non capivano che molti abitanti attribuiscono minore valore agli spazi liberi; che la loro vita non si svolge intorno alla scuola elementare; che non sono interessati alla realizzazione, molto costosa, di un modello di uso del suolo più che altro apprezzabile sulla carta o dall'aereo". Quanto alla sottovalutazione del ruolo della politica, l'attribuzione al piano di un ruolo super partes, portava a liquidare ogni opposizione come espressione di "motivi egoistici e perversi" (cfr.H.Gans, City planning in America: a Sociologica/Analysis, 1968: tr.it. in P.L.Crosta (ed.), La produzione sociale del piano, Angeli, Milano 1987). Alla persistenza di questa tradizione, legata alle origini utopiche dell'urbanistica, fa fronte un'altra tradizione, purtroppo marginale ma pure presente fino dagli inizi tra le molte matrici di questa disciplina: l'urbanistica come civics (arte-scienza civica), che alla 'media' prassi italiana sembra addirittura sconosciuta. 33. I rinvii possibili, considerata l'ormai avanzata maturità di questo tipo di dibattito (specie fuori d'Italia) sono troppo numerosi, cfr. comunque (anche per una ottima rassegna) Alessandro Balducci, Disegnare il futuro. Il problema dell'efficacia nella pianificazione urbanistica, Il Mulino, Bolo~na 1991 e (sul ruolo della persuasione) Giovanni Ferraro, La città nell'incertezza e la retorica del piano, Angeli, Milano 1990. 34. Sul tema, cfr. Bruno Dente, Metropoli per progetti?, id.et al., Metropoli per progetti, Il Mulino, Bologna 1990. Un'idea delle complicazioni connesse all'ipotesi metropolitana, si può ricavare dalla lettura che di questo concetto ha recentemente proposto Guido Martinotti, lv[ etropoli. La nuova morfologia sociale della città, Il Mulino, Bologna 1993 35. Questo testo è stato scritto prima dell'estate 1995. È possibile che al momento della sua pubblicazione alcune delle 9.uestioni poste si pongano in modo parzialmente diverso e che alcune decisioni siano modificate da ulteriori atti dell'amministrazione. È probabile invece che anche dopo l'estate non saranno del tutto inattuali i motivi di fondo della discussione. ♦ LA CITTÀ
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==