La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

ra buono, sanamente egoista e serenamente ironico; l'unico suo problema è campare felice senza fare soffrire troppo gli altri. Per far ciò un nemico va combattuto: l'idea della morte. Ora, è chiaro che in Spagna la generazione di Savater abbia da fare i conti con una tradizione opprimente di cultura della morte, da certo cattolicesimo controriformista al "sentimento tragico della vita" di Unamuno giù giù al "Viva la muerte" dei fascisti, ma per reazione egli elabora un'etica assolutamente anacronistica ed inadeguate all'oggi. Il male? Savater non trova di meglio che citare il mostro di Frankestein che dice: "Sono cattivo perché sono disgraziat~", e chiosare: "se è vero che più uno si sente felice tanto meno. avrà voglia di essere cattivo, non sarà più prudente cercare di far felici gli altri anziché renderli infelici e quindi propensi al male?" (p. 76). La violenza? Come problema etico, Savater non lo prende nemmeno in considerazione: per lui, riguarda l'attualità, la cronaca, è uno di quei temi per lagne da moralisti tipo !'"ansia di guadagno", la "crisi di valori", "la mancanza di solidarietà" il "consumismo". Nemici principali dell'etica, secondo Savater, oltre alla meditatio moriis ("penso che sia buono solo colui che sente un'antipatia attiva verso la morte", p. 45), sono !'"imbecillità" (gli egoisti non-filosofici, diciamo) e, udite udite, il "puritanesimo" ("in assoluto l'atteggiamento più contrario all'etica", p. 89). Battaglia, quest'ultima contro "i denigratori del piacere di professione", che, se in buona fede, è perlomeno di retroguardia. "Che cos'è la felicità? Un "sì" alla vita che ci scaturisca spontaneo da dentro, a volte quando meno ce lo aspettiamo. Un "sì" a quello che siamo, o meglio a quello che sentiamo di essere." (p. 92). Ma, impegnato a fare i conti con la tradizione della meditatio mortis, Savater non si accorge, o non vuole accorgersi, che una "gaia scienza" non nutrita da un "sentimento tragico della vita", più che "sereno laicismo" rischia di essere l'ideologia del villaggio Valtour. . E tutti i difetti del libro di Savater sono ancora più evidenti nel "sequel" Politica per un figlio. Forse perché concepito (come l'autore onestamente ammette nella prefazione) a sco-· po di lucro, il libro non ha la disinvoltura del primo e lo stratagemma funziona meno. Il tono colloquiale diventa falsetto, e mostra chiaramente che Savater (e con lui gli altri consiglieri non richiesti) intende lo scrivere di nuo- _vegenerazioni, a dispetto del tono scettico, semplicemente come una scusa per.ribadire a se stessi le _proprie scarne certezze. In Politica per un figlio infatti il figlio-interlocutore si svela come mero artificio retorico (mentre nel primo libro ci si poteva ancora chiedere se la banalità delle massime non nascesse magari dal fatto che il figlio di Savater era un ragazzo troppo per bene e si ritrovava nel buon senso paterno). Politica per un figlio è un semplice, apodittico manifesto del neo-moderatismo; in Italia lo si definirebbe "doroteo". Savater tende a mostrarsi liberale; ma i vecchi liberali erano molto più attenti alle contraddizioni del presente e sensibili ai grandi temi del loro tempo. Dal libro di Savater, con la scusa che è scritto "per il figlio", tutte le teorie politiche sono ridotte a macchietta per far risaltare la ragionevolezza suprema, naturale dei principi liberali. Già perché, come viene fuori adesso, l'uomo non è solo naturalmente ironico, tollerante e sereno; è anche liberale, (e lo sarà dunque anche l'ormai ipotetico figlio dell'autore). I nemici del liberalismo di Savater sono tutti gli estremismi, i radicalismi: pagine particolarmente astiose sono dedicate al terzomondismo ed ag_li"eccessi" ecologisti. "E normale sentir dire nei paesi occidentali che tutti i mali del Terzo Mondo sono causati dal Primo: naturalmente nei paesi del Te.rzo Mondo questo punto di vista è ancor più diffuso, perché incolpare l'esterno serve da alibi. per non sentirsi responsabili né obbligati a cercare soluzioni al loro interno. Sarebbe assurdo negare gli abusi e i saccheggi delle grandi potenze coloniali sui paesi più deboli, meno informati e più corrotti. Tuttavia, sono con-. vinto che la maggior parte delle cause dell'atroce sottosviluppo di molti paesi non vadano cercate all'esterno o nel passato, ma all'interno di essi e nel presente" (pp. 93-94). Ossia, come è chiarito nella pagina precedente, nell'assenza delle libertà politiche e civili in molti di essi; nell'assenza del liberalismo. Per liberare questi ii/ ,y SUOLE DI VENTO

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