La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

dell'Onu sulle ceneri della vecchia, e illusoria, Società delle Nazioni. Il fallimento ora nei Balcani, dopo il fallimento in Somalia, e dopo il fallimento in Cambogia, rischia di schiacciare il profilo orgoglioso delle Nazioni Unite su quello della Società ginevrina. Rose'... mary Righter, nel suo recente Utopia Lost: The Utzited Nations and World Order (Ed. Twentieth Century), raccoglie il valore dram~atico di questa sconfitta: "L'Onu è più che mai al centro del confronto politico mondiale, ma le domande che le piovono addosso superano ormai la sua capacità di risposta, la spingono lontana da una percezione efficace della realtà, costringono all'inazione gran parte dei s~o~ proget!i". Le controversie 1deolog1che che avevano coperto per quarant'anni la. debolezza dei suoi interventi oggi sono sparite, e l'impotenza di un progetto sovranazionale carente di mezzi per affrontare la resistenza degli interessi nazionali tarda a spingere le Nazioni Unite dentro la storia del XXI secolo. Altrimenti, sarebbe inspiegabile come l'Onu possa sottrarsi ancora oggi all'obbligo che impone di scegliere tra l'aggre~sore e la vittima: nessuna, neutralità è possibile di fronte all'aggressione, nessun casco blu può ricevere l'ordine di non scegliere e di subire. Gli Usa e la guerra Il terzo elemento di rottura trascinato alla guerra dei Balcani è il ruolo che di sé disegnano oggi gli Usa, nella politica mondiale. Nel suo libro di memorie Richard Nixon scriveva che "se gli Usa vogliono continuare a guidare il mondo, allora debbono decidersi a farlo, e per farlo debbono prendere decisioni che rendano operante questo progetto". La realtà di oggi è fortemente contraddittoria. Mai gli Stati Uniti sono stati altrettanto impegnati a costruire attorno a Washington blocchi di potere economico globale, nel continente Americano, nell'anello· del Pacifico, nel nuovo progetto Transatlantico con l'Europa; eppure mai, dagli anni Trenta, gli Stati Uniti sono stati altrettanto pronti a chiudersi dentro le spiagge della Fortress america, recuperando quella voglia di isolazionismo che Franklin Roosevelt aveva visto affondare per seinpre insieme a~li incrociatori che colava~o a p1eco nella baia di Pearl Harbour. Il "New York Times" ha scritto: "La guerra in Bosnia potrà apparire a posteriori come l'iruzio dello sganciamento america:no in Europa". Le incertezze ripetute di Clinton, i suoi contrasti con i comandi centrali della Nato, le sue dichiarazioni un giorno che l'America era pronta a mandare truppe sul terreno, e la sua marcia indietro il giorno dopo (che "le truppe americane vanno soltanto dove ci sono interessi ·vitali della nazione"), tracciano un profilo assai ambiguo dello stato delle relazioni internazionali degli Stati Uniti. Gale~ Carpenter, del centro di ricerche politiche Catho lnstitute, lo chiarisce èosì: "Non lo chiamerei isolazionismo. Mi pare che la parola "unilateralismo" sia più risJ?ondente alla realtà. È una vis10ne più nazionalista, della nostra politica estera, un più selettivo uso delle nostre risorse militari in risposta alla domanda: Qual è il vero interesse americano in questa faccenda?". Carpenter parla di una sorta di fascinazione de.Ila vecchia politica gollista, dell'idea éioè di una nazione con una forza speciale, una storia speciale, un destino speciale. "Noi vogliamo trarre ogni profitto dal nostro impegno nel mondo, ma ·non vogliamo più pagare i costi che per tanto tempo abbiamo pagato". E quest'analisi di un intellettuale riceve ora ogni appoggio politico dai banchi di un Congresso che, se sempre è stato molto scettico sull'Onu, e sull'impegno internazionale della leadership americana, lo è più che mai oggi, quando a governarlo è una maggioranza repubblicana con il Contract With America di N ewt Gingrich. All'inizio del suo mandato, Clinton aveva modificato in qualcosa, ma forse non sostanzialmente, il disegno tracci ato da Nixon nelle Memorie: la costruzione di istituzioni internazionali, e una diplomazia multilaterale, avrebbero appoggiato la politica estera americana, "poiché gli Usa non apparivano al . Presidente capaci di· risolvere da soli i molti problemi del mondo". Lo ricorda oggi Arthur Schlesinger jr., nell'articolo che apparirà il prossimo mese su "Foreign Affairs". "Ma questa spinta verso la collaborazione internazionale ormai si è fermata, e · la vittoria repubblicana ha dato fiato nuovo all'unilaterali-. smo ". Oggi gli V sa sono al ventesimo posto, nell'elenco dei paesi che forniscono truppe alle missioni dell'Onu, ben dietro a paesi di scarso peso internazionale come il Nepal, il Ghana, o il Bangladesh. E sono anche ventunesimi, ultimi tra i paesi industrializzati, nell'elenco degli Stati contribuenti delle Nazioni Unite. Il N eoisolazionismo, come lo chiama Schlesinger jr., trae forza certamente da una reazione agli anni di Reagan e Bush, "quando i pro'blemi interni degli Stati Uniti furono un po' messi da parte". Larga parte dell'opinione pubblica americana appoggia questo nuovo indirizzo: il National Opinion Research Centre, che da sempre svolge ricerche sul grado di consenso che la politica governativa ha nel paese, aveva misurato l'appoggio degli americani a un "politica attiva nel mondo" tra il minimo del 65 (nel 1986) e il massimo del 73 per cento (nel 1991). Oggi la percentuale m~~urata è del 51 per cento, la pm bassa dalla fine della seconda guerra mondiale. Clinton si prepara a una nuova corsa per la Casa Bianca, lè elezioni nel New Hampshire non sono poi lontane. È difficile immaginare che il Candidato non tenga conto dei desideri della gente. Commenta Schlesingèr jr.: "Una ristretta visione dell'in-· teresse nazionale può darci anche sicurezza, in un mondo . in preda all'anarchia. Riconosciamo però che con questa scelta noi abbandoniamo un magnifico sogno,,. Forse quel sogno è già stato abbandonato nelle montagne·della Bosnia. Quando Bob Dole ha detto che "mai nessun soldato americano andrà a combattere agli ordini del 'feldmaresciallo Boutros-Gha-. li", gli è toccato il più lungo applauso della sua storia parlamentare. L'Onu e gli Usa sono su rotte divergenti, anche Europa e Usa hanno difficoltà nuove a trovarsi sulle stesse linee d'interpreta.zione della realtà internazionale. E ad Halifax il presidente Eltsin ha incassato il ricavato della diffici- . le crisi bosniaca, promettendo pressioni su Milosevic. Tutto si tiene. Dalle montagne che circondano Sarajevo calano i fantasmi di un passato che volevamo finito per sempre. ♦

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