La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

condannati alla sterilità, ed escono rassegnati dal gioco o si abbandonano inermi al più forte. Maggior impressione desta il fallimento del fanatismo etico. Il fanatico crede di potersi opporre al potere del male armato della purezza di un principio. Ma, come il toro, si scontra, fiaccato e sconfitto, col drappo rosso e non con la persona che lo regge. Si impania in cose inessenziali e cade nella trappola di chi· è più intelligente. L'uomo della coscienza si difende solitario dal superiore potere delle situazioni eccezionali davanti alle quali è richiesta la decisione. Ma viene dilaniato dall'enormità dei conflitti nei quali è chiamato a scegliere, consigliato e guidato da nient'altro che dalla sua personale coscienza. Gli innumerevoli travestimenti, rispettabili e seducenti, nei quali il male gli si fa incontro, rendono ansiosa e insicura la sua coscienza, finché egli finisce coll'accontentarsi di salvarla, anziché di mantenerla· buona; finché egli non finisce col mentire ad essa per non cadere preda della disperazione. Infatti l'uomo il cui unico sostegno è la propria coscienza non potrà mai capire che una cattiva coscienza può essere più salutare e più forte di una coscienza ingannata. Il dovere sembra capace di fornire la guida sicura per uscire dallo sconcerto provocato dalla quantità di decisioni possibili. Ciò che viene ordinato appare come la cosa più certa; responsabile dell'ordine è solo chi lo impartisce, non chi lo esegue. Ma attenendosi a ciò che è conforme al dovere non si giunge mai ·al rischio dell'azione che si compie in forza della propria personale responsabilità, mentre è solo questa che può colpire in profondità e vincere il male. L'uomo del dovere alla fine dovrà compiere il proprio dovere anche nei confronti del diavolo. Chi d'altra parte cerca di cavarsela nel mondo nella più piena libertà personale, chi dà più valore all'azione necessaria che a mantenere immacol.ata la propria coscienza e la propria reputazione, chi è pronto a sacrificare uno sterile principio a un fecondo compromesso, o anche la sterile saggezza della moderazione a uri radicalismo fruttuoso, costui stia attento che la sua libertà non lo forti alla rovina. Per impedire il peggio darà i suo assenso al male, e non sarà più in grado di capire che proprio il peggioÈche vuole evitare, potrebbe essere il meglio. da qui che la tragedia trae la propria origine. C'è chi, sfuggendo al confronto pubblico, sceglie l'asilo della virtù privata. Ma costui deve chiudere occhi e bocca davanti all'ingiustizia che lo circonda. Solo mentendo a se stesso può evitare di contaminarsi agendo in modo responsabile. Qialsiasi azione egli compia avvertirà l'inquietudine per ciò che tralascia di fare. Ne sarà prostrato, oppure diventerà il più ipocrita dei farisei. Chi resta saldo? Solo colui che non ha come criterio ultimo _lapropria ragione, il pro-· prio principio, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma che è pronto a sacrificare tutto questo quando sia chiamato al1'azione ubbidiente e responsabile, nella fede e nel vincolo esclusivo a Dio: l'uomo responsabile, la cui vita non vuole esser~ altro che una risposta alla domanda e alla chiamata di Dio. Dove sono questi uomini responsabili? Coraggio politico? Che cosa sta dietro all'assenza di coraggio politico, di cui tanto ci si lamenta? In questi anni abbiamo trovato molto valore e grande disponibilità al sacrificio di sé, ma, anche tra di noi, pochissimo coraggio politico. Faremmo della psicologia alquanto semplicistica se riconducessimo questa assenza alla codardia delle singole persone. Le ragioni ·di fondo .sono completamente diverse. Nel corso di una lunga storia noi tedeschi abbiamo dovuto imparare a conoscàe la necessità e la forza dell'ubbidienza. Individua,vamo il senso e la grandezza della vita nel subordinare ogni desiderio e idea personali al compito assegnatoci. I nostri sguardi erano rivolti verso l'alto, non nel timore dello schiavo ma nella libera fiducia .che il compito contenesse una missione (Beruf ) e la missione una vocazione. In questo si tratta di una dose di giustificata diffidenza verso il proprio cuore, dalla quale nasce la disponibilità a seguire piuttosto l'ordine proveniente dall' "alto" che il proprio arbitrio personale. Chi non riconoscerà ai tedeschi i massimi livelli di valorosità e di coinvolgimento personale nell'ubbidienza, nello svolgimento del proprio compito o nella professione (Beruf )? Ma i tedeschi hanno difeso la loro libertà - e dove al mondo si è parlato più appassionatamente di libertà che in Germ·ania, cominciando da Lutero per finire con la filosofia dell'idealismo? - cercando di liberarsi della propria volontà particolare nel servizio al tutto. Missione e libertà rappresentavano per loro due lati di un'unica realtà. Ma in questo modo i tedeschi hanno commesso un errore di valutazione nei confronti del mondo: non avevano fatto i conti con la possibilità che fosse fatto un uso malvagio della loro disponibilità alla subordinazione e al coinvolgimento, personale nel proprio compito. Quando questo è accaUZlQl:J1

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