B La realtà diventa cioè sempre più irreale. E gli studiosi della mente e della psiche umana sanno bene quanto fragile, labile e fluttuante diventa la personalità di individui addestrati in questo modo. I mass media stanno occupando tutto lo spazio in cui, fino a un paio di generazioni fa, si realizzava la mediazione con l'ambiente. Il nostro corpo scivola via sull'ambiente, non lo percepisce-più come un'entità consistente, qualcosa che esiste stabilmente fuori di noi ed è regolata da leggi proprie, modificabili solo con tempo e fatica. I mass media stanno sostituendo la mediazione operata un tempo dal lavoro fisico e dalle attività artistiche. Il lavoro fisico, che richiede una precisa ambientazione fisica nel tempo e nello spazio, diventa sempre meno importante nelle nostre società. E anche le tecniche artistiche sono minacciate dai computer: che rendono tutto "più facile" e più rapido, promettono di saltare i lenti processi artigianali, manuali, come suonare un violino, un pianoforte, recitare in teatro, dipingere con spatole e pennelli, o magari con le dita. 12. I giornali, quando la loro diffusione era solo alle origini, sembravano già una mostruosa forma di falsificazione della realtà. Scrittori e filosofi hanno polemizzato a lungo contro l'influenza dei giornali e la mentalità giornalistica: Kierkegaard, Leopardi, Baudelaire, fino a Kraus, Heidegger, Orwell, gli autori più diversi hanno sentito il giornalismo come una grave minaccia, un temibilissimo strumento di "copertura" della realtà attraverso un linguaggio speciale, un gergo che trita i dati reali e ce li restituisce in forma irriconoscibile: e, ciò che è peggio, come se la Realtà fosse quella che compare sulle prime pagine. Era l'idea dell'attualità e di ciò che fa notizia come surrogato e come sostituto della realtà di cui ognuno, per conto proprio, poteva fare esperienza. Una specie di grande fabbrica di etichette da appiccicare agli eventi prima di aver cercato di capire come sono fatti questi eventi e perché avvengono. Oggi però i giornali stessi sono in pericolo. E, credo, più in pericolo dei libri. Rischiano di sparire, di essere soppiantati da tecnologie comunicative più efficienti, più rapide e funzionali. Si parla da tempo di giornali elettronici e simili. Il fatto è che per sapere cosa è successo oggi nel mondo, la lettura è un procedimento troppo lento e dispendioso. Perché non leggere venti pagine di un ottimo libro invece che passare un ora con un giornale in mano dal quale veniamo_a sapere poco più di quello che abbiamo sentito la mattina alla radio? Molti giornalisti hanno sempre creduto di essere "più avanti" di chi legge e scrive libri o periodici culturali. Adesso proprio i giornalisti dei quotidiani, invece, devono scoprire di essere legati a una tecnologia che sta diventando rapidamente antiquata. Credo che fra dieci anni un giornale apparirà molto più antiquato di un libro. E tutto sommato è giusto che l'informazione giorno per giorno non passi per la carta stampata. Meglio stampare discorsi più durevoli, più pensati e lavorati più a lungo, con cura maggiore. Io ho una frequente nausea dei giornali. Non riesco ancora a capire che razza di oggetto culturale sono. Forse anche perché non sono un "divoratore" di carta stampata. Così, se mi metto a leggere un giornale con attenzione, tendo a leggerlo come un libro, e allora vorrei ritagliare, collezionare, catalogare troppi articoli: la semLEZIONI aGinoBianco plice lettura del giornale mi si trasforma in un'attività troppo impegnativa. Oppure, viceversa, trovo ogni articolo troppo insoddisfacente, effimero, mal pensato e mal scritto, fondato su rimasugli di altre notizie che volano nei media: e allora butto via tutti quei fogli ingombranti e sento il bisogno di un libro, di un testo elaborato con maggiore competenza e attenzione da qualcuno che abbia studiato a fondo e conosca a fondo, magari di persona, le cose di cui parla. A volte penso: meglio sentire un po' di notizie e commenti alla radio, dalle sette alle otto, e poi uscire di casa, guardare le cose con i propri occhi, ricavare "notizie" da quello che si vede. 13. I problemi "gnoseologici" non possono mai essere risolti. La nostra nozione di realtà va periodicamente riesaminata, passata al setaccio. Con quali parole ci orientiamo, con quali immagini formiamo i nostri giudizi e pregiudizi? Della letteratura (non di tutta, perché ormai che molti "sanno scrivere", di cattiva letteratura ce n'è in giro troppa), apprezzo una certa lentezza: sia nell'elaborazione che nell'assorbimento. La letteratura, per quanto di consumo, non si consuma facilmente come la televisione. Dubito anzi della stessa definizione di "letteratura di consumo": mi sembra una contraddizione in termini. Perché stampare su carta e rilegare dei messaggi scritti che, una volta letti, possiamo buttar via? Quello che si stampa e si rilega dovrebbe essere non solo letto, ma anche riletto. E questo vale anche per riviste e periodici. Mi piacciono di più se non hanno l'aria di voler essere veloci come gli altri media, e invece sono consapevoli della loro lunga tradizione (una tradizione che risale al XVIII secolo). Facendo e leggendo queste riviste, siamo ancora un po' contemporanei di Addison e Verri. ♦ ------
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==