Studi Sociali - XVII - n. 5 serie III - 31 maggio 1946
, 28 STUDI SOCIALI ·, calii,ta 'a tendenze anarchiche che si sviluppo in Francia dal 1895 in avanti. La· ,questione di un titolo pu6 semh~are di niinimaim portanza; ma non é cosi. Noi sa,ppiamo che qu_esto grave errore non si deve .a J. Grave, il quale vole;a chiamare il suo lib,ro «Souvenirs· d'un Révolté». E in• · fatti, intitolato e.osi, il libro satebbe stato aécolto 8ssai meglio, e ~vr~bbe I corrisposto di piti alla veritii. ·:Ma l'editore si é imposto è ha voluto mettere il titolo ai- , tuale, facendo a Grave il peggior danno, togliendo di fatto aÌ libro molta sèrieta e svalutando anèhe ci6 ·che di realmente huon~ vi si contiene. 11 libro é sopratutto inte;essante· e corrisponde di piti al suo titolo nella· pri~a meta. Il sorgere dell'anarchi– smo in Francia ne esce lumeggiato abbastanza bene, e cosi lo svilu,ppo dei primi gruppi a' Parigi: Il periodo ccrsi detto eroico, del 1899-94, anch'esso ne scaturisce ab– bastanza vivo. Ma nella seconda parte, qua,si tutta presa dal litigio con l'individualismo e infine dalla deviazione guerrafohdaia, J. Grave veramente rende un cattiv9 ser: vigio alla causa anarchica. Non. sarebbe male, anzittutto, studiare quanto dello sviluppo dell'individualismo in Francia ed anche di cer– te sue .esagerazioni tattich~ spetti di responsabilitii alla <<Révolte» antiorganizzatrice di un certo momento.· Ep; poi nella furia di combatterlo, Grave finisce c'ol dart all'individualismo, un~ importanza ed un posto_ a·nche maggiore di q_uell? che ·esso abbia sul serio avuto stQ• ricamente nell'anarchismo francese. Il modo di combat– terlo poi · é spesso ingiusto· e di ' cattivo genere; vi si sento.no troppo il preconcetto settario e le ostilitii e rancori personali; e non. soltanto ver'so· gli individualisti. Il mostrare il movimento anarchico francese dell'ultimo p.eriodo, tutto attraverso pochi fatti e persone;presentati in modo cosi antipatico é. veramente un ài~to involon- , ' tario dato ai nemici ed avversari, che Grave poteva ri- sparmiare; anzi lo doveva, pèrché la visione che ne scaturisce di fronte al Jett<ire estraneo al movimento anarchico é del tutto fuori· della realtii. Troppe; spesso, sotto l.a penna dell'autore, la storia si diluisce in un:i inutile cronaca, e qualche volta nel pet– tegolezzo, cui ogni màncanza di serenitii impedisce di · credere sulla parola. L'ultimissima parte del libro si tiferisce alla guerra . \ del 1914-18 e .all'atteggiamento «jusquabutiste» che di fronte ad essa presero lo stesso Grave, Kropotkin, Ma– 'lato, Pierrot, ecc. Come noi dissentimmo, d'accordo' con' la grande maggioranza degli anàrchici di tutto il mondo e gran parte (forse anch'essa maggioran~a)' degli anar: chi ci francesi, é ben noto. E' inutile qui ·rifare una cri– tjca fatta giii tante volte. Grave, naturalmente; nel libro continua a sostenere le sue idee di quel tempo. Su ci6 non insisti~mo, e solo ci doliamo forte~ente· della; ri• pubblicazione di unà lettera inedita di Kropotkin a proposito della guerra, che non aggiunge nulla· alla sto– ria, ma che mostra solo come anche dei grandi ingegni e dei cuori nobilissirµi, come Kropotkin, possono sotto una esasperata e accecante passione malsana del momen– to arrivare a scrivere le .cose piu cattive, irragionevoli e pazze. Pu6 succedere a tutti di- dire o scrivere in qual · che istante di aberrazione o irritazione delle male pa• role o delle scìocchezze; ma non ci pare sia il caso . di tramandarle alla storia! E l'amico Jean Grave avreb– be dpvuto· capire che, daf!do in pasto al pubblico quella brutta lettera, non contribuiva certo ad aumentare la b!llfa fama del nostro grande Kropotkin. ' b!llJ~ fama del nostro g, .... In conclusione, l'ultimo libro di Grave é di quelli che gli anarchici conoscitori d-i uomini e cose, capaci .di comprensione e di serenitii, possoµo utilmente leggere ed anche servisene, come materiale d'esperienza e come mezzo di conoscere meglio lo svjluppo del mo_vimento anarchico; ma che i:ion potrebbe essere dato in mano . ad avversari, estranei o inesperti, senza gen~rare in _loro una idea molto falsa e poco· simpatica sull'anarchismo che é realmente. assai diverso e migliore nel suo com- plesso di idee e di fatti. . · T,utto ·cio, noi che conosciamo Ì·'A., sappiamo bene che ~ del ·tutto indipendente dalla volontii e dal senti• mento di lui, che res.ta un fedele innamorato della idea anarchica. Non potevamo pe~6 lostesso tacere quel che pensiamo, pur serba11do per }I vecchio amico tutto l'af– fetto e la' stima' ~he abbiamo sempre profondamente sentito per lui. LUIGI FABBRI. Ciro Ale_gria: EL MUND_ù ES ANCHO Y AJ,ENO. Ed. Ercilla. Santiago de Chile, 1943. Questo libro non é stato mandato a «Studi Sociali», ma ne parlo lo stesso, perché merita veramente 'd'esser .conosciuto anche da chi non legge lo spagnolo. Siccome credo che sia stato tradotto in inglese,. mi sembra utile segnalarlo ai lettori della rivista che risiedono nell' A– merica del Nord. 'E' un romanzo la cui azione -se· di azione si pu6 parlare- si svolge fra gli -indigeni del Perti. Da tempo immèmorabile, fin da prima della 1 conquista spagnola, gli «indios» andini (Per.ti e Bolivia) vivono organizzati in libere comunitii agricole, in cui le decisioni impor• tan~i sono prese dall'assemblea di tutti i membri adulti, l'ordinaria amministrazione é affidata a un <<alcalde» e ad un consiglio eletti annualmente e la terra, gli animali, gli strumenti di 'lavoro sono di proprietii comune. I conquistatori europei portarono tra loro la civilta cri– stiana e la schiavitti, fac;endo di tutto per trasformare i contad~ni in minatori e, piti tardi, in estrattori di caucciti o in operai industriali, miserabilmente retribuiti. (;i6 malgrado le comunitii sussistono, ridotte di numero, ed in èantinua lotta con i potentissimi latifondisti, a cui la leg_ge 'da sempre ·ragione. Il romanzo di cui ci occupiamo non hà vero e proprio intreccio .. E' la storia, lenta e dolorosa, d'una di queste comunitii, di vita vigo• . rosa e piena ~i possibilitii di' futuro, che soccombe, prima sotto una montàgna di carte da bollo, e poi, ri– dotta all'estrema disperazione, nel . sussulto disordinato e nel sangue d'un'inutile rivolta crudelmente revressa. La trama é semplice; il libro é lungo, forse troppo. Ma il lettore non sente la · stanchézza, tanto é preso dalla grandiosa sinfonia di Ìuci, di colori, di suoni; di .pro• fumi c<he s'inalza dai .pendii andini e <;he l'autore rac– coglie in pagine lussureggianti e sobrie nello stesso tempo. Certi capitoli ricordano il nostro Silone. Pero c'é meno intimita e piti intensitii di vita fisica. E, sopra– tutto, non c'é nessun Pietro Spina che , interpreti gli avvenimenti, legando il vili.aggio -che solo ·conosce sé stesso e la. sua esistenza profonda~ al vasto mondo che parla un Hnguaggio complicato e spesso incomprensi– bile. C'é si un membr~ della comunitii che, esiliato, viag– gia molto, impara a leggere e a scrivere, entra in un sindacato e se:Q.teparlare di Marx. Ma, durante tutta l'a– zione, vive completamente separato dal suo mondo d'o; rigine e torna solo alla fine, per morire sotto le palle dei soldati. E' un libro . tragi-co, eppure pieno d'un in– vincibile e involontario ottimismo che, come in «Pane e Vino», viene dalla terra. C'é una pienezza di gioia nel libero· lavoro dei c;Ìnpi, che for.se nella nostra Europa impoverita 'suonerebbe ironia, ma che' esiste ancora nei grandi spazi della campagna americana. Ciro Alegria riesce a far sentire quest'ebbrezza del .lavoro senza pa– droni e senza aviditii di gui3dagno .personale, sotto un sole sfolgorante, in mezzo alla maestii delle !!_lO~tagne. E piti stringe il cuore la decadenza [dell'indigeno che scende vinto n~lla miniera o si sommerge nella, selva
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