Studi Sociali - XIV - n. 3 serie III - 30 aprile 1943
6 'STUDI !SOCIALI Non é utile entrare nei particolari. E' fuor di dubbio che il capitalismo ha aumèntato spesso la capacita pro– duttiva di certe industrie, specialmente nell'industria pe– sante. E' anche fuor di dubbio, che il capitalismo ha aumentato la produttivita individuale dei lavoratori. Ma questo fatto non deve illuderci. Non é ·questo che biso– gna esaminare per avere un'idea giusta della produttivita' reale' del modo di produzione capitalista. A che serve la capacita produttiva dell'industria pe– sante, se non é _impiegata completamente, se oltrepassa i bisogni normali, eccetto in tempo di guerra? E non dimentiGhiamo che la guerra, sotto i suoi aspetti moder– ni, deve rientrare nelle spese generali del capitalismo ed essere messa nel passivo della produttivita. A che serve il rendimento individuale, se una gran quantita d'indi– vidui dev'essere impiegata .a produrre inutilmente un materiale che ~oi si spr'ec·a? Ma, si potrebbe obiettare, questa produttivita potrebbe essere impiegata altrimenti. Forse, ma non bisogna contarci troppo, giacché essa é legata in modo mol~o ·stretto allo sviluppo ipertrofico dell'industria pesante e dei mezzi di comunicazione, Qual'é il beneficio, se per far si che un tessitore pro– duca due volte di piu, bisogna che un operaio supple– mentare lavori a produrre il telaio, un altro mantenga le strade, le ferrovie, ecc.? E' quel che segnalavano, nel secolo XIX, i "pessimi– sti", Sismondi per esempio. Ma, in cfondo, per Sismondi, era sopratutto criticabile la distribuzione delle ricchezze. Proudhon, nel "Sistema delle contraddizioni economi-. che", vede piu nettamente ·1 problema: "Ma io credo dover avvisare fin da adesso i partigiani di quest'utopia, che. la speranza in cui si cullano a pro– posito delle macchine, non é che un'illusione d'econo· misti/ qualcosa come il movimento continuo che si cerca . . sempre e non si trova, perché lo si domanda a chi non lo puo dare. Le macc}:iine non funzionano sole: bisogna, per mantenerle in movimento, organizzare intorno a loro un immenso servizio; di ·modo che, .alla fine, siccome l'uomo crea .a se stesso tanto maggiori occupazioni quanto piu si circonda di strumenti, il gran problema che su– scitano le mac?hine é molto meno quello di di'str,ibuime i prodotti, _che quello d'assicurarne l' alimedtazione, cioè d·i rinnovarne incessantemente il motore. Ora, questo mo– tore non é l'aria, l'acqua, il vapore, l'elettricita; é il lavoro, vale a· di~e lo sbocco." , ~ Il socialismo, in genere, ha difeso il macchinisl)].o; con maggiore o minore entusiasmo secondo le scuole, i so– cialisti pensavano che il macchinismo non era cattivo,. non aveva conseguenze nefaste, se non per l'uso che ne facevano i capitalisti, e che, in condizioni sociali nuove, in mano ai socialisti, potrebbe divenire uno strumento di progresso, diminuèndo la fatica degli uomini. E c'é del vero, certo, in questa opinione. Il progresso scienti– fico, é inriegabile, potrebbe e dovrebbe servire ad alleg– gerire la fatica quotidiana di ciascuno. Ma i socialisti, e specialmente i marxisti, credevano e credono ancora che il -macchinismo sviluppato dal capitalismo non era che l'applicazione della scienza. Ora, tutto ci mostra che cio non é esatto. La questione é che spesso innovazioni tee• n:iche profittevoli al capitalismo hanno aumentato il la– voro ed altre innovazioni possibili, utili socialmente, no_n sono state adottate perché diminuivano il profitto ·capi– talista. Tutta l' organi~zazione tecnica capitalista é stata ' - orientata dalla ricerca del profitto capitalista, e non da quella dell'economia del \avoro, come si crede general– mente: l'uno non corrisponde sempre dll'altro ·e spesso ile si oppone. ,• U'iia riorganizzazione totale sarebbe necessaria. D'alÙa parte essa s'imporrebbe anche solo per il fatto che i bi- sogni da soddisfare, 'in una societa progressista, sarebbero ~ompletamente diversi, giacché si cercherebbe d'elevare il livello di vita delle grandi masse, mentre il regime attuale l'abbassa per elevare quello d'una piccola mino– ranza. E bisogna tener conto fin da adesso del fatto che questa trasformazione non ·sarebbe immediatamente ac– compagnata da una diminuzione del lavoro, come una propaganda socialista, troppo elementare e demagogica ha potuto far credere, ma al contrario da un aumento di sforzo. Il beneficio immediato sarebbe solamente mo– rale, attraverso una maggiore liberta e giustizia; il bene· ficio economico non si tradurrebbe in una diminuzione del lavo_ro, ma. in, una maggiore sicurezza so~iale e in un miglioramento delle condizioni lavorative e de1la vita generale. Ma questo, certo, giustificherebbe tutti i sacri– fici. ANTOINE SIMON. IL MOMENTO S RICO DELL'ANARCHIA In alto i cuori, o compagni! La nostra lotta non dii le soddisfazioni immediate e palpabili di un fine rag– giunto, appunto perché saremo sempre sconfitti fino al giorno della vittoria completa, se pur completa potrii dirsi, fino al giorno della rivoluzione. E all'indomani forse ci sembrera di non aver vinto ancora, perché il fine ultimo non é ~ai l'ultimo. Ecco per ~hé tanti di noi si stancano, ecco perché sembrano aver ragione coloro che èi dicono: "che cosa avete concluso? che cosa contate?" Infatti non contiamo· nulla, se "contare" significa po– ter dire siamo mille, siamo milione. Ma é appunto q~e- · sta la nostra forza, di vedere l'opera nostra diffusa e penetrante da per tutto, ma pere.io appunto inafferrabile ed incalcolabile. Coloro stessi che irridono al 1J,Ostroa– postolato, hanno il pu'ngolo anarchico alle reni, ne sen– tono lo spirito entro di sé ed in mezzo alle loro file, a scompigliare i loro piani, a sobillare i loro seguaci, a spingere i loro atti collettivi oltre le loro intenzioni e contro i loro scopi ristretti. Certo, il nostro movimento specifico di gruppi e· di persone, che ha una palese etichetta -anarchica, traversa anch'esso un _periodo di stasi, perché, fatto di uomini e vivente nell'ambiente, non puo sfuggire all'influenza di 1 questo. Questo movime11-to ha anch'esso la sua importanza e non deve essere trascurato. Ma bisogna persuadersi che non puo essere ese'!te da difetti, da manchevolezze, da deviazioni parziali. Fortifichiamolo e vivifichiamolo questo centro di at– tivitii, man,teniamolo a contatto del mondo esterno e rin– noviamone d{ continuo l'azione e lo spirito in mezzo aUe éorrenti intellettuali e pratiche della vita moderna,. Po- . tra. aver~ degli istanti di sosta, di smarrimento, potra volta a volta esagerare la sua tendenza individualista o quella socialista; ma se ·rimarrii anarchico e vivra 'la vita delle classi oppresse, non smarririi la sua stradd. Questo movimento, cui abbiam 'data tanta parte di noi, dev'essere il fulcro della nostra azione sul mondo. , Ma per misurarne la forza dobbiamo guardare piu fuori che dentro di esso. Pochi e poveri, come nucleo di combat· timento, noi siamo il numero e la ricchezza migliore co– me f or.za morale. Questa fede ci sorregge e ci rende ., superbi, superiori all'oltraggio ed allo scherno oggi, come ieri alle persecuzioni ed ai coÌpi nemici. LUIGI FABBRI. 1911.
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