Studi Sociali - XIII - n. 2 serie III - 30 aprile 1942

coloro che vedono la vita attraverso i libri possono commetterlo. Le virtu francescane vivono e non han cessato di vivere in seno al pooolo italiano. In pieno secolo )!-V, vicino al frate parassito, che nasconde i suoi ghiotti appetiti, lo suo vonit6 ed il suo egoismo sotto op– porc!nze ipocrite, si trovo il tipo _del religioso Èìro– vuomo che non recitavo lo sontit6, mo si mescolavo al oo,.,olo e facevo veramente delle ooere buone. Tale fu il "Pi=vano Arlotto", il curato di Son Cresci a Mocinoli, presso Firénze, rimasto celebre sopratutto rer le sue facezie, mo che si pu6 senza paradosso con– siderare -é:osf come la leooenda, piutto<to eh= la ~to– rio ce lo tramanda- come uno dei migliori discepoli dr S. Francesco nel secolo XV ( 4) : amava tutto ci6 che é- sincero· e vero, aveva in odio i colli torti, i falsi devoti, gli ipocriti; amava le naFur= aperte e franche,· cporezzava su tutte le cose ali atti di bon+6 e san..eva lo vonit6 delle. discussioni sulle cose inconoscibili. Nel sermone pieno di soirito ch'eali fa su una galera· fio– rentino n=lle Fiandre in contraddi+orio - e-ori un sani ente teolociò; mo.stra le opere di carit6 effettiva come la vero manifestazione della virtu, le operozioni finanzia– rie come truffe e le sottihzze teoloaiche come vani passotemoi, giacché la fede non si deduce da arguzie. Lo si vede sempre preferire il fondo olla forma, la recita oll'aooor=nza, la vera reliq;one che si manifesto per mezzo di atti alle pratiche del culto. Questo buon– tPrrt"o.,e faceto. ouesto amatore di vita olle,ira,_ e1•1e-=;to "_semplice di spirito" secondo la parola de-I Vangelo, ri-• concilia nemici, aiuto i deboli, difende i p=rseguitati, inseano ai qrandi eh(;! la miqliore ooera di tarit6 non é' mica il far l'elemosina ai poveri, mo il non sfrut– tarli e il non abusare dc!lle forze di nessuno. Non era forse simile, sotto certi aspetti, ai compa– gni della primo ora, che, secondo la regola d_oto loro da S. Francesco per sua prooria ispirqzione, dovevano trovar= lo loro gioia nel frequentare gli umili e i di– sorezzoti, i poveri e i deboli, i malati e i ;;,endiconti? Ignorava la scienza dei libri, ma ero sapiente col cuo– re; era quasi analfabeta, ma possedevo lo fede piu robusta; non avevo orqoglio ed era pieno di bont6; non aveva forse il carattere che conveniva ai fratelli di S. Francesco d'Assisi? Sarebbe senza dubbio impossibile trovare oggi nel clero italiano un solo erede di S. Fronc=sco, non fosse che· del ·genere "secolare" del pievano Arlotto. La con– troriforma col suo gesuitismo, il secolo XIX con la sua meccanizzazione della chiesa, ridotta a un apparato ri– gido, han finito di togliere· ogni contenuto a una reli– gione che· s'é andata inaridendo dal Rinasdmento in poi. Lo spirito francescano sopravvive in Italia solo fra il popolo, nei semplici e negli umili, fuori dei quadri dc!I culto ufficiale. lo conosco, sulle colline dei dintorni di Firenze, una povera contodinà in cui le migliori virtu francescane sono ancora vive; benché sia vecchia ed ~bbia molto sofferto, ha conservato occhi sorprendentemente! chia-ri e il su.o sorriso, piu di qualunque altro, irradia bont6. Lungo tutto una vita, occupato dal lavoro incessante delle umili e dure occupazioni dello terra e della caso, s'é prodigata senza mai contare, senza ma,i pensare a se stessa, non solamente ai suoi, ma o tutti coloro · eh' esso ho potuto a-i-uto re e soccorrere. Natura sono e ricco, avevo, da giovane sposo, del • STUDI SOCIALI 27 lotte in sovrabbondanza: in compagno, quando dei bambini reclomovon lo poppa, sia che le · loro madri non ovc!ssero abbastanza latte, sia che si fossero al– lontanate per occuparsi di qÙolche lavoro, li portavano a lei ed ella li allattava; si pu6 dire' che ha alimen– tato col suo corpo. tutti i bimbi della collina. Dacché non pu6 piu allattare i piccoli, va ad aiutare. in un raggio di chilometri, le partorienti: la chiamano di gior– no, di notte, ·molto lonta"no, molto in alto, nc!lle fat– torie P=rdute 91 limite delle possibilit6 di coltivazione, dove la roccia affiora . da per tu_t+o, lo terra cede e i• ciottoli rotolano sotto i passi; ella va a piedi nudi, con il suo passo elastico e ritmico, con il suò passo lento ; sicuro di montanara, elio va, sorridendo con il , suo buon sorriso, o portare il conforto o coloro che soffrono e ne hanno bisogno, · senza aspettare né rì– comoenso né riconoscenza. Sente l'incomparabile bellezza della natura che la circonda e non solo la sente oscuramente e in modo incosciente, mo n= assaporo il fascino; l'ho sentita un çiiorno descrìvere · l'm.petto del paesaggio, c_on i suoi -:irbusti cooerti di brino, in termini ben piu pittoreschi e suociestivi di quelli che avrebbe adoperati il lette– rato piu esperto. In questo oure la sua anima· é vicino all'anima di Francesco d'Assisi: chiunque ·sia andato oll'Alvernia, ~on · in corovòna, mg in modo da entrare in intimo contatto con lo montagna e lo foresta, si rend= conto dello profondit6 del sentimento dello natura in San Francesco e comprende perché I[ PILI che altrove egli si sentisse in stato di grazio per comunicare con il suo Dio. • * "' Ebbe und gran disgrazia nello suo, vita: lo perdita del suo figlio prediletto, l'ultimo. Lei e;a sullo soçdia della vecchiaia. Bambino, que– st'ultimo noto le aveva dote molte preoccupazioni: ero stato per morire d'un ·reumatismo articolare acuto, che gli aveva lasciato un vizio di cuore. Ma, o forza di cure, l'avevo salvato; egli era cresciuto, era diventato un giovan3t·to dall'apparenza un po' fragile, ma d'in" telligenza viva e flessibile: o diciassette anni era gi6 un eccellente ooeraio a ·cui il padrone, fabbricante d'op– parati ortopedici, affidava i lavori piu delicati e diffi– cili, pensando di farne il suo successore. li giovane Alberto, che aveva lo" prospettiva d'un brillante avve– nire, carezzava spesso· suo madre e le prometteva di procurarle una vecchiaia •dolce, senza pr=occupazioni, sollevata dai fardelli materiali troooo pesanti; lei ri– combfava l'e sue dimostrazioni d'affetto, lostiandosi cul– lare dolio suo tenerezza, sognando con lui quel sogno ,-ereno. Sogno d=luso. . . Una mattino chiamarono invano il ragazzo addormentato. Abitavamo la éosa vicina: un rumore insolito, stra– no e confuso, ci sveglio: fu prima, nel ·dormiveglia, come il ronzio d'un alveare che si· animasse improvvi– samente; poi un incrociarsi di suoni inorticol_ati, che sì trasformarono a poco o poco, o misura che la coscienza • tornavo, in gemiti o riso soffocate. . . Spesso si distin- guono mole, nel primo momento, le manifestazioni del– lo gioia da quelle del dolore ... Ma no!· erano proprio gemiti, pianti e grido, . .. C: sporgemmo dalla firlestra.

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