Studi Sociali - XIII - n. 2 serie III - 30 aprile 1942

L'articolo del. compagno Lun pone il ·problema che da temoo turba profondamente il nostro campo e il campo di tutti i rivoluzionari, nei suoi termini piu, chiari ed inesorabili. Nelle line'.! generali la sua posizione é la nostra e risponde a quell'esigenza di "socializzare la 8uerra contro il fascismo", p(u volte espressa da "Studi Sociali". Ci sono le inevitabili differ'.!nze di torio e di sfumatura, specialmente nelle parti polemiche. Ci sono pqi -alcune dive·rgenze nei p~rticolari, che e' é sembrato nec-:;ssario rilevare ·in queste note, giacché l'argomento é ·di quelli che bisogna esaurire e su cui é necessariò intendersi il piu chiaramente possibile. ( 1) L'amico Lun reagisce contro il bizantinismo ragionativo, e forse non ha· tutti i torti. Ma non biso– gna dimenticar= che la mania di spaccare i peli in quattro non ho niente a che fare con quell'attitudine "razionale" di fronte alla vita e alla latta, oggi piu che mai necessaria in mezzo all'urto feroce degfi inter'.!ssi e degli istinti. Non· dimentichiamo che il fascismo ha fatto, suo il mito' dell'irrazionalismo romantico ed ha di– vinizzato il "fatto", disprezzando l"'idea", ha esaltato il mero istinto vitale ,.,ridando "muoia -i'intelli.genza". Sappiamo che l'intenzione di Lun non è quella di so– pravalutare l'elemento irrazionale, ma semplicemente quella di ricondurre i teorici alla carn'.! e al sangue- della realtéi. Per6 é-bene .eh.e non sussistano dubbi a questo proposito. (2) A questi e simili quesiti (specialmente per quel che riguarda l'ambi'.!nte italiano) s'é giéi cercato di ri- spondere da queste colonne. . · ( 3) Qui la generalizzazione é ingiusta. Abbiamo lette e sentite anche noi frasi di questo gener'.!. Per6 la magg'or parte dei compagni_ nostri oppone al1a guerra, non l'attesa ma la rivoluzione: e il divario é allora sulla tattica, sul modo, sulla valutazione del fanomeno fasci– sta, sulle relazioni fra guerra ·e rivoluzione. Molti di noi d'altra parté ~on preso decisamente posizione e non · ha_nno affatto rifuggito il problema. (4) Non é precisamer.te p:!r avere iI favore popo- lare che si deve prendere posizione. Nel 1914-18 il popo 1 0, che non aveva voluta la guerra, rimase con chi c?ntro la guerra aveva lottato. Ma dall'altra conflagra– z,on:; a questa una cosa fondamentale é cambiata: non piu colonie e mercati sono in gioco, ma la nostra posta (anche se i principali giocatori non vogliono) : la li– berto. In Francia la posizione pacifista era pooolare· eppure i nostri compagni, che l'hanno adottata, si son~ sbagliati. Durante l'altra gUerra l'alta industria e l'alta banca erano guerrafondaie; in questa guerra favoriscono in genere il nemico totalitario; cambiamento ch'é ·sin– tomo d'una profonda differenza. Questo criterio e non quello delle preferenze che avréi il popolo doma~i deve guidarci. ' . (5) Attenti con gli insegnamenti della guerra! Sono qua_si sempre autorita~iamente individualisti e reazio– nari. (6) La diserzione· no, ma una-·seconda rivoluzione socialista e. antistalinista, in Russia,. se rapidamente vit~ toriosa e non pacifista, sareqbe certal)lente un fattore di vittoria. Il problema, in Russia, é quest0: "Quell'e– roico contacjino si sarebb'.! fatto ammazzare, prima, per il binomio Hitler - Stal_in, se 'Stalin gliel'avesse coman– dato? _Searriviamo a una r_isposta negativa, tutte le spe– ranze sono permesse. · (7) Nel la critica al pacifismo, qui, e' é un errore (in fondo é quello stesso rilevato 'piu sopra). I oacifi– sti affermano che lei guerra non creo e non libera e che ' STUDI SOCIALI 13 solo la lotta contro la guerra, cioé (per quanto i paci– fisti non rivoluzionari lo neqhino) la rivoluzione, ·pu6 darci un mondo rinnovato. Ora la storia ci ha portati od una situazione paradossale. La lotta contro la guerra é lotta contro il fasci;;mo. La rivoluzione -la nostra– é lotta contro -il ·fascismo. Come castigo di non aver soouto fare lo rivoluzione antifascista (cioé socialista), abbiamo lo "guerra antifascista". Ricondurre [I piu pos– sibile lo guerrn sterile allo rivoluzione che creo, ecco il nostro compito. (8) Non sarebbe meglio adoperare il termine piu gen'.!rale di "socialismo" (giacché si pu6 essere anar– chici senza essere comunisti), per non mettere limiti non imprescindibili agli sviluppi futuri? (9) Basare la prooria azione su una simile speranza sarebbe certo utopia. Pèr6 gli episodi di reso in mossa che si sono verificati fra le truppe itol ione provano che molto si pu6 fare in questo senso. Solo che si pu6 fare in Italia o in Ungheria, o in Bulgaria, ma non stando qui. 11 compito nostro é un altro. E, da per tutto, lo rivoluzione, e non lo resa o lo diserzione, ou6 risolvere il problema. Solo un sabottaggio rivoluzionario contro la guerra nei paesi fascisti, e uno trasformazione dello guerra in s~nso altrettanto rivoluzionario negli altri pu6 oortare o quello fraternizzazione che, se si pensa a quanto d'ontifascisn:io resto ·ancoro e cresce in Europa, • é tutt'altro che improbabile in coso che l'hitlerismo sia ,.confitto e forse anche orima. Evident'.!mente l'uomo é, debole di fronte agli armamenti moderni ed al grande oooorato che li creo. Per6 ouesta guerra ho dimostrato il contrario di ci6 che sembrava aver dimostrato l'al– tro: il gran valore dell'elemento umano, l'elemento ch'é mancato a Mussolini e che Hitler ancora possiede. Se in Francio l'Òpposizione olla guerra, invece d'essere be– lante e-rinunciataria, fosse stato attivo, rivoluzionari-_ e veramente antifascista --cioé non pacifista- si sarebbe potuto estendere allo Francia la rivoluzione spagnola e Hitler sor'.!bbe stato affrontato in oltre condizioni e su altra base. '( 1O) Bisogno insistere sul fatto che, vincere a fondo' questa guerra non é negli interessi di nessun cooitalismo. Il capitalismo tende a prev'.!nire i pericoli della vittoria con il compromesso. Toccheréi ai popoli andare in fondo, sotto peno d'aver combattuto per niente. ( 11) E' vero; anzi "l'emoncioazione integrale della classe operaia" finisce.col diventare, negli ambienti sin– dacali, un luooo comune e col perdere lo suo forza di fine mo_tore. E non· é qu·esto lo causo dello poca ener– qia riyoluzionario del sindacalismo? Scegliere il nemico, sf, nello lotto sindacale e nello rivoluzione, mo senza che il fine ultimo e totale cessi d'orientare e~oordinore· 1 i particolari momenti dell'azione. ( 12) Sarebbe troppo lungo ripetere qui le nostre riserve sulle espressioni: "fascismo, avanguardia del ca– pitalismo". e "antifascismo = anticopòtalismo". I lettori che han seguito. il lavoro di "Studi Sociali" le conoscono. ( 1 3) 11 fascismo, in cot"lcreto, abbraccio un campo piu vasto. Petoin non ero un fascista "astratto", quando, our figurando fra i "cogoulords", faceva porte dello. Stato Maggiore francese. Quanti Petoin ne1 mondo on· coro democratico? ( 14) Certamente, lo svil'uppo· logico delle premesse cjemocrotiche porta all'anarchia. Mo é uno sviluppo lo– gico contro cui lo plutocrazia (tonto fascista che pseudo– d'.!mocrotica) cerca di resistere con tutte le su_'.:forze. ·( 15) E' questo un terreno in cui bisogna muoversi con molta cautelo. Quegli stessi eserciti che, in coso· di vittoria, e per il semplice fotto della sconfitta del ne– mico, porteranno la rivoluzione contro il fascismo nel territorio dei paesi vinti, saranno adoperati come stru– mento di repressione -contro gli spontanei movimenti dal bosso, do parte dei governi vincitori che -é chiaro fin d'oro- di rivoluzione non vogliono sdperne. E per lo rivoluzione bisogna lavorare, non solo davanti, in ter– ritorio conquistato - liberato (che per ora é la pelle dell'orso), mo anche di dietro (Londra, New York, ecc., ecc., ecc.) e, soprntutto, n'.!ll'esercito stesso, cosG non impossibile, perché. lo sconfitto vero del fascismo non si pu,6 avere che a quel prezzo. C'é quindi posto per tutti.' Solo -e qui ho ragLone Lun- bisogna esserci.

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