Studi Sociali - XII - n. 1 serie III - 31 ottobre 1941

che riduce tutto lo reolté o reolté spiriJ:uole, non po- - tevo non considerare erronea la sociologia positiva che. voleva prescindere da ogni speculazione filosofica .. "I · ~atti su cui- si costruisce, sono, nel migliore dei casi, quelli che le storie, criticamente elaborate, trasmettono ed espongono: o, nel peggiore, ci6 che si estrae dai giornali, storie poco critiche che informano su fatti di ieri e di oggi ... e quelle. storie, qu_ei giornali, sono sempre essenzialmente formazioni mentali, che il pen– siero, cioé la filosofia, produce, interpretando e confi– gurando e qualificando le azioni e gli avvenimenti" ("Etica e politica" p. 245, citato in spagnolo do Tre– ves). Tonto lo sociologia, quanto lo filosofia dello sto– ria s.ono due errori (errori opposti) per Croce, che, pure, non nega olla prima ogni valore pratico. Glielo nego invece Gentile, che ho condotto lo suo critico fino alle ultime conse.guenze. Croce nego il concetto filosofico çJi societé, identi– ficando lo societé con tutto lo reolt6; e nego anche il concètto empirico çli societé, giacché questa per lui non é che un nome che serve per indicare lo molte– pi icité degli individui in relazione fra loro. "Negando il concetto empirico di societé, dice Treves, che rima– neva risolto negli individui· che lo componevano, éroce negava- anche il concetto di legge, che é c.omprensìbile ~olo quando emano da. un principio razionale che tra-, scende l'individuo considerato nello suo porticolorité empirico. E, con il concetto di societé e di legge, Croce . finiva col negare anche il concetto stesso di Stato. Infatti, malgrado gli sforzi fatti in questi ultimi anni per difendere e svolgere uno concezione etico-ljberale e· non piu economica, lo Stato continuo a rappresen– tare, nel pensiero crociano, un pseudo concetto, uno costruzione fittizio che si . risolve inevitabilmente nel complesso mobile delle relazioni individuali". Per Gentile invece il concetto empirico di societé non ha esistenza, neppure di carattere pratico; sussiste solo "il concetto filosofico di societ6, che, o suo volto, s'i– dentifica con la realt6 spirituale nello suo pienezza concreta, cioé con la moralit6. Lo Stato é lo. volont6 comune in otto; l'·attivité clello Stato é lo stessa co– scienza etica dell'individuo fatto comune e universale. E' la dottrina dello Stato etico. "Questa diversité di conclusioni, continuo Treves, spiego· facilmente lo grave alternativo, il dilemma in– superabile che. le due grandi direzioni del neo-hegeli– smo italiano han finito col porre di fronte al problema politico concreto: indiyiduolismo o statalismo. Do un loto, lo dissoluzione del concetto di societ6 e di Stato nelle individuolit6 empiriche dovevo condurre olla di– fesa dei principi politici dell'individualismo che, dopo esser stati· intesi in senso formale e utilitario, presero successivamente un carattere spirituale. Carattere per ii quale Croce arrivo ad. essere il piu_ deciso avversario delle concezioni autoritarie dello Stato, il pil'.i corag– gioso difensÒre dell'idèa liberale ch'egli sostienè oggi,· non solo .con la convinzione d'un credo politico,. mo ·ar:iche con la forzo irresistibile d'uno fede . religioso. I Questa secondo fase del pensiero poi itico di Croce -– ch0e çorrisponde olla sua deciso opposizione al fasci– smo- si pu6 dire che si presenti gio chiaro nei suoi "Aspetti morali del1o vita politico", Bori, 1928, e si va precisando negli stritti successivi, fra cui bisogno ricordore la "Storia di Europa nel secolo decimonono", Bori, 1932, e "Lo storia come pensiero e come a– zione", Bori, 1938.) D'altro· porte lo dissoiuzione del concetto di societ6 e d'individuo p·orticolore nello con– crezione dello spirito etico, che trovo lo sua massimo determinazione nello Stato, doveva condur-re in com- ' bio, allo difesa dell'autoritarismo politico. Si so infatti che, apponendosi decisamente a Croce, Gentile é stato critico severo delle concezioni individualiste e propu– gnatore abile delle dottrine e delle reolizozzioni del fascismo che, almeno in un primo tempo, credette di poter conciliare con le premesse e gli schemi del suo sistemo filosofico. (Gli scritti filosofici principali di Gen– tili sul fascismo sono: "Che coso é il fascismo", Firen– ze, 1925. "Origine e dottrina del fascismo", Roma, 1929. "Dottrina politico del fascismo", Padova, 1937) ." Prosegue Treves dicendo che, negato. lo sociologia, rimaneva sempre da risolvere il problema enunciato po– . liticomente nel dilemma ir,dividuolismo statalismo. D, qui un'esigenza che cercano di soddisfare alcuni pen- so tori itol ioni contemporone·i, che si muovono nel I' am– bito dello filosofia del" diritto e che, partendo gli uni (Falchi, Alessandro Levi) dal positivismo, gli altri dall'i– dealismo (Battaglia e, piu recentemente, Gioele Solari l convergono ¼.erso l'elaborazione d'un pensiero sociolo– gico italiano. Chiude Treves quest'orticolo informoivo (che c'interessa in quanto ci parlo d'un a_spetto della vita italiano _che é sf uno dei piu ristretti e lontani dallo spirito popolare, mo é "'anche uno di quelli su cui la sterilizzazione fascista· si esercito meno e in cui, ci troveremo di fronte "~uolcosa" domani) con lo sua conclusione personale: "In un'epoca · in cui l'individua'– lismo é in crisi e le organizzazioni giuridiche degli stati autoritari minacciano schiacciare i valori·_ dello per– sona, il concettò di societ6 riaffermo i suoi diritti e indica uno nuova strcida, un criterio feèondo per supe– rare tonto l'atomismo individuale, quanto -t'autoritori– smo statole". Resta do vedere che coso s'intendo per societ6 e come si traduce politicamente questo criterio fecondo, cioé come si supero· il dilemma. Nello stesso num~ro di questa rivista ,;Il trattome'nto del delitto nelle Repubblic,he sovietich_e", 0 di John N. Hozord, dimostro, sullo base di citazioni e _di ci– fre, come si teÌìda in Russia o ritornare ai vecchi con– cetti e olle· vecchie applicazioni del diritto penale bor– gliese. C'é poi un lu~go studio, "Uno societ6 di lovorqtori", del fascista Corrodo Gini, direttore dello Scuoio spe– cio"le di Statistico dèll'Universit6 di Roma. In· quest'ar– i icolo si sostiene che lp prosperit6 .nordamericana é un prodotto del l'elevato contributo demografico che ho dato l'immigrazione allo popolazione degli Stati Uniti. Gli immigranti roppr~sentono uno forzo di lavoro ché !''A– merico riceve gi6 pronta, risparmiando tutte le enormi spese dello sua preparazione (allevamento ed educa– zione dei fanciulli) che sono state sostenute dall'Eu– ropa. Il Gini sostiene che questo risparmio é stato cosi gronde che, benché sia stato male amministrato, spiego perfettamente l'alto livello di vita del N. Americo. Que– sto sarebbe, in· fondo, un regolo dell'Europa. Mo non é di questo tesi -che ho per noi un interesse relativo --- cne vogliamo parlare. Vogliamo solo rilevare un dettaglio. Il Gini sostiene_ che lo differenza principale fra l'Americo del Nord (in cui nasce una nuova va– riet6 umano "che gio reagisce potentemente sulle po– polazioni dello madre patrio ed é destinato o invadere il mondo nuovo con lo sua influenzo'-') e l'Europa sto - 112110 psicologia del lavoro. In Oriente si lavoro per ottenere il minimo necessario ·allo vita; in Europa· si lavoro per consumare; in Americo si lavoro per lavo– rare. Tutti lavoron·o in Americo. "11 contrasto tr-0 persone che lavorano e persone. che non hanno bisogno di lavorare e quindi non lavo-, rono, che é lo base dello questione sociale in Europa I Ecco un sociologo poco profondo! N. d. R.) non esi– ste in Americo, precisamente perché quelli che con– tano sentono il desiderio di lovorarè e quelli che non rnntano lavorano senza sacrificio. Questo spiego per– ché il comunismo non sia arrivato o prender prede 9 od incutere timore in Americo. E spiega anche perché non °si sento lo necessito di stabilire differenze sociali marcate, rafforzando le gerarchie._ Mancano quelle pro– fonde differenze che, senza una ·netto gerarchia, pos– sono minacciare l'equilibrio sociole. _In cambio tra noi ero necessario questo forte gerarchia; per cui a fa– scismo, comprendendo questo necessito ho dato il ri– medio fondamentale, impiantando come base dello "Corto del lavoro", il principio che il lavoro sia un dovere sociale." Dalle parole di questo professore fascista si ricavano n_aturolmente due conci'usioni: I.) il_fascismo é sorto per difendere "l'equilibrio sociale" doWiro dei produttori in miseria contro gli oziosi che vivono nel lusso; 11) il fqscismo é s.toto necessario per imporre in Italia il la– voro come :'dovere sociale" (naturalmente "a quelli che non contano") , mentre in Americo non c' é biso– gno d'imposizione, perché tutti lavorano con piacere. Ci ~i ricordo di quei fascisti (ne ho sentiti d'influenti, al– meno nell'ambiente coloniale) che sostenevano che la democrazia va bene per gli inglesi che sono civili, mo che per gli italiani, ancora troppo primitivi, ci vuole per forzo iI mango nel lo 1 LUX. 27

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