Studi Sociali - XII - n. 1 serie III - 31 ottobre 1941

\ . Spingere a fondo -~nel suo svolgimento e nelle sue conseguenze- la lotta contro il fascismo: tale il nostro compito in questo mòmento. E' un compito di carattere rivoluzionqrio, sia · all'interno dei paesi totalitari, che all'interno di quelli che si chiamano democratici. Se, sotto la pressione popolare, il conflitto, assumer~ il suo '-- significato integrale, questa saré gié una prima y,itto– ria rivoluzionaria perché si tradurré in una sconfitta , - delle 'forze plutocratiche, e di. quelle altre forze di as– solutismo statale ora per incidente alleate alle prime, che tentano di. vincere l'impulso popolare prendendolo alle spalle attraverso le diverse rainifica"zioni mondiali del Partito Comunista. Fissata la meta a cui· vogliamo arrivare e che é la stessa a cui tradizionalmente tendono gli anarchici dal tempo di ~akunin, fis.sati i caratteri particol-ari del tem– po nostro e le speciali condizioni di .lotta, ci resta da rispondere a due domande di carattere pratico: che coso dobbiamo fare ~ome libertari? Q_uali rapporti si possono stabili,1e fra la nostra azione e quella delle altre ten– denze che combattono contro il fascismo? Che cosa dobbiamo fare? Come non si possono dare norme d'azione per ·tutti i tempi, cosi neppure si possono dare norinè d'azione pef tutti i luoghi. C'é un.o tattica pèr thi si tro~a nel fuoco· della guerra guerreggiata, un'alfro (p-reva!entemente cospirativa) pér chi agisce nei pOl.:!Si totalitari, e una terza per chi ~ive nell'at– mosfera ancora _--ma sempre meno- libero dei jDaesi vari'amente democra_tic:j. · Ci· limiteremo· naturalmente_ a studiare·. quest' ùltima. La preoccupazione principale di molti .compagni é quello ·di non mettersi in contraddizione con i principi. Glra, bisogna guardare le cose da un punto di vista ·pratico; dovremo scegliere la tat-tica che ci porti a quel che vogliamo per là. strada pi~ corta. Ma, attenti: la strada apparentemente piu corta é in realté spesso la piG lunga. la ·strada piu corta per attuare un program– ma. é sempre quella che nelle linee generali non_ si di– parte dallo spirito di quel programma. Non bisogna mai confondere il trionfo· materiale -d'un partito, d'un· ~ov'imentÒ, d'u'na persona, con· il trionfo dei principi che quelÌa persona, quel movimento, quel partito vuole qttÙare. Bl4m é sociOlistci e, al potere, ha fatto il gioco_ della -reazione; il trionfo del partito bolscevic? in Russia ha portato a tutt'altro che al trìonfo del socialismo (non tanto per mala fede, quanto per la teoria d,ella "strada p.iu corta");· 10· vittoria dei conservatori in molti paesi d'Europa ha portato a tutt'altro che alla conservazione del!' ordine esistente. Questo ·non perché l'uomo con tut– ,ta· là sua febbre ·d'azione sia una semplice paglia in balia delle grandi corre;,ti, · ma perché, fatalmente, ol voler limitare l'autorité degli altri si perde la propria . . J . e solo mette se stesso e te proprie• idee nell'opera sua chi non subisce t'autorité né t'esercita (che é un'altra farnia di subirla). La storia non la fanno _che in pic– cola parte· (quasi sempre la parte negativo) i governi. . Ora, guardando di lontano, vediamo che ha lasciato un sedimento piu solido l'opero di S. Francesco che si svolse alla base, vicino alla terra dell'Umbria, che quello_ del suo· contemporaneo, l'onnipotente · papa Innocenzo 111, che vide in g·inocchio ai .suoi piedi il re d'Inghilterra, .riaùsse all'obbedienza il re· di Francia, distrusse a ferro e fuoco l'eresia, trasformando il mezzogiorno della Fran– cia in un deserto angustiato, e mandé uomini a morire _in Spagna e. in Oriente, organizzando per mezzo loro .a Costantinopoli u~ impero vassoi-lo. Ha portato piu mat– toni all'edificio della storia spagnola una collettivité 16 d'Aragona, un sindacato di Barcellona o il popoio di Madrid, che Azaria, Jesus Hernéndez, o anche·· i mini– stri cenetisti, tùt~e pag_lie ( per loro- stessa_ confessione) in balia del gorgo. Su questo piano mentale èi dobbiamo mettere, senza che questo voglio .dire misurare ogni nostro atto con il nastro millimetrato dei· principi. Non é questione d'or– todos_sia; bisogna agire co,n mentÒlité anarchica; biso– gna sentire prepotente il ·bisogno di liberté per noi e per gli altri; bisogna che l'ambizione personal,z e di partito no'n ci faccia velo e non ci ·faccia pe.rde·re di vista la vero meta. E .ag~re, Ogire: affrontando il peri– colo dell'errol"e e .anche, perché no?, quello dell'incoe– renza: non c'é ·strada senza pericoli. Gli errori, quando non si sono potuti evitare si rettificano; il temp6. per" dut"o non ·si ritrova piu .mai. E oggi, chi perde il• treno rimane a piedi p.er un pezzo, perché non ci son piu fermate. E la peggior forma ·d'inazione é quella · che s' i IIude d'agire, ·criticando I' attivité del compagno. Al la luce di queste considerazioni' bisogna fissarsi una linea •d:a;ione. ' . · al 'l.'ra noi. Perché l'opera nostra sia efficace bi– sogna che sia coordinata. Di qui la ·necessité dell'orga– ni:(zazione, organizzazione che deve esser 1 e; e -nei fatti- é; piu agile e piu aderente alla realté 'di quanto siano i soliti partiti ·politici, perché basata sul ·principio . dell'autonomia piena dell'individuo nel gruppo e del gruppo nelÌa federazione. L'Unione Anarchica Italiana, unione federativa di, grupf)i locali vincolati da una "commissione di. c~rrispondenza", i cui membri e la cui sede érono cambiati ogni· anno, é un tipo d'organiz-za– zione i cui caratteri generali ·sono applicàbili a qua– lunque· 'ambìerìte e si potrebbero applicòr'e, fra· l'altro, all'Unione Anarchica degli Italiani all'est/ero.· Ad evitare il pericolo di deviazioni autoritarie basto che l'organizzazione· non abbia la pretesa di rappresen– tar.e tutti gli anarchici e si consideri solo come l'organo d'azione di quei compagni che hanno liberamente uniti i loro sforzi per combattere per fini comuni e contro un comune nemico. Ci si é ~etto piu d'una volta èhe, visto. che gli a– narchici sono contro tutti i governi, essi devono occu– pare il loro posto di lotta dovunque si trovino è che non c'é ragione per loro d'aggrupparsi per nazionalité. E' ù17 errore, speciòlmente in questo momento in cui non si pu6 parlare d'emi§roti, ma d'esiliati. L'ltali'ò é in esilio. Di quest' Ital io noi facciamo ancora pcirte, · e l'afferrhiamo presdndendo da' qualunque pregiudizio· no- . ' ' zionalista. Vogliamo solamente dir.e che la nostra lotta c~ntr~ il fascismo italiano non é cessata quando abbia– mo passate le Alpi -.e varcato l'Oceano. E non é cessata, perché la consideriamo altrettanto necessaria _di quella che i libertari dei vari paesi svolgono nel luogo dove sono nati e dove continuano ad abitare. lh Italia tutto. tace. E' un silenzio apparente. Ma l'angoscia della schiavitu e l'ansia di liberazione che gridano n-=dle co- 5,cienz~, ci vuol pur qualcuno che le gridi ad alta voce., • E quella voce -voce, ahimé, troppo debole, r:ia pur · necessaria- é questa nos~ voce. d'esiliati: L.'ltalia no_n é ~ .. -se non vogli_amo adoperare le parole trit;3 che servono ai nemici dell'u?mò per togliergli la liber•té- fa nostro patria; ma é e rimane il· nostro campo di lotja, perché in esso possiamo ·essere alla nostra causa piu utili che altrove. Il che non vuol dire che ci si isoli e che ·non si prenda parte alla battaglia per la· liberté dovunque ci si trovi; vuol· solo dire· che sulle nostre spalle pesa un doppio compito:. la coope– ·razione con i nostri comp_agni dei· paesi in cui ci ha

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