Studi Sociali - anno I - n. 8 - 8 settembre 1930
6 ne dl propaganda, per questl uomini e non per gli altri, che forse sarebbe meglio, davvero, che non fa– cessero nulla, o sl contentassero dl aiutare l primi, se la loro azione debba essere abulica, ciecamente istintiva o subordinata alla voglia di salvare sopra– tutto la propria pancia. Tutte queste consfderazlonl valgono, secondo il mio parere, tanto per l'azione collettiva che indivl– duale, eia nella lotta c,he nella rlvolta, contro il mondo che la rlvoluzlone deve rovesciare. Naturalmente, pel suo stesso carattere che impone un minimo dl accordo fra elementi diversi, l'azione collettlva sfugge un po' pili di quella Individuale al difetto dell'improvvisazione, dell'essere fatta a caso e· senza premeditazione. Pure, anche prescindendo dagli lmpulsivi e pili lrreflessivl moti e scatti delle folle, che non possono essere diversi da quel che seno, non dl rado anche l'azione colletti va concerta– ta, 'di partito, di classe o di gruppo, ha un caratte– re d'IJl]previdenza, di ceclta, d'irresponsabilit,a che sbalordisce, ed é spesso causa di gravi disastri. Né con ci6 essa manca di trascinare, e quindi di dan– neggiare, anche degli elementi buoni che per le idee che professano dovrebbero essere maggiormente prevenuti contro certi errori, o contro certe devia– zioni e degenerazioni. Se riandiamo col pensiero a ci6 che avveniva In Italia, nel campo proletario, rivoluzionario ed anar– chico nel perlodo 'del dopo guerra (1919-1922), pos– siam.o trovarvi pili d'un esempio di errori per man– canza di seria premeditazione. Quante "azioni" fat– te colletti va•mente tanto per fare, senza riflessione alcuna, di cui poi la classe, o il partito, o il grup– po doveva amaramente pentirsi! Ed anche dopo, e non soltaµto fra gli italiani, nei paesi d'emigrazio– ne, quante iniziative proprie o adesioni a Iniziative altrui sorte o deliberate con la masslma spensiera– tezza e imprevidenza, senza badare a nulla, giusto per ~•,rare"e non curandosi di vedere se si faceva bene o male! Ma qui non é luogo, né Pili é tempo di recriminazioni, elle del resto sarebbero inutili. Ci6 che importa ~ l'avvenire, non il passato. L'azione rivoluzionaria collettiva é sempre più òestinata a tenere 11 primo posto nel movimento di ·,rogresso e di liberazione, in opposizione al m,.,·,1- mento reazionario e fascista che ha sostitnito nel campo statale e capitalistico tutto il vecchio arma– mentario liberale e democratico. Nell'azione rivolu– zionarla, il compito materiale pili import.ante spetta, 1::.ll'inizio,all'insurrezione; la quale non é, d'accor– d<', la rivoluzione n1a resta di questa un elemento Indispensabile ed lmprescindiblle. L'azione rivolu– zionarla, oltre che Insurrezione, é anche attività ricostruttrice, organizzatrice, prosecutrice della vi– ta sociale ed economica che non pu6 essere interrot– ta In nessuna delle fasi rivoluzionarle, neppure per un istante neppure mentre dura la lotta armata. Ma la lotta armata é, nonoslante ciò, un elemento princlpl'le, senza di cui tutto Il resto diventa pres– soché Inutile; quindi ad essa i rivoluzionari debbo– no dedicare le maggior! preoccupazioni, a cominciare dagli anarchici che hanno Interesse a che l'azione lnsnrrezionale si svolga con un indirizzo che non ,llocchi nella costitnzlone di nuove tirannie ma sia fin dall'Inizio un atto dl liberazione e di difesa del– la llberta. Perci6 l'insurrezione non pu6 essere concepita che come un atto seriamente premeditato, concertato, organizzato. L'insurrezione non "scoppia da Per sé", come non pocbi si Illudono che possa avvenire. Pu6 scoppiare da sé unr. sommossa Improvvisa, determi– nata da fatti Indipendenti dalla volonta dei rivolu– zionari; ma essa •.\tlestlnata a restare sterile, e po– trebbe diventare disastrosa, se non v'é una mino– ranza, un gruppo, previamente pronto e disposto a svolgervi In mezzo una attivlta coordinata ad un fine liberatore. E' evidente che questo gruppo o mi– noranza deve sapere da pri•ma ci6 che vuol fare, e non affidarsi al caso; deve sapere come 1·isolvere certe difficolta m,iggiormente prevedibili per non essere .sconfitto. Di qui la necessita di uno studio preventivo del mezzi e dellè vie, e insieme di un minimo di preparazione materiale indispensabile. Non mi propongo qui di tracciare tali vie e mez– zi d'ordine tecnico o strategico: mi limito ad affer– mare la necessita di pensarvi, di scegliere per tem– po, di non ridursi a restare Indecisi nel momento ,dell'azione. Non si tratta di voler fare tutta la rl– rnluzlone, di bastare a tutto, visto che nostro scopo non 6 di monopolizzare la rivoluzione; pili modes– tamente si tratta di assegnarsi un compito dete~mi– nato, di proporsi una azione o delle azioni di cui possiamo essere capaci e che rispondano al nostri •copi. Non si tratta d'imporre agli altri una linea d'I condotta, ma di saper chiaramente quale condotta vogliamo svlluppare noi, quale consiglio possiamo 11- bera,mente dare agli altri con l'esempio oltre che oon le flll·foie. Il popolo farà quel che vorrà, d'accor– ·do; m• ojamo noi t!\e dobbiamo ben sapere 'quel che vogliamo e quel che faremo In mezzo al popolo, nel– le <lue Ipotesi che questo ci segua o non si segua. Questa premeditazione é di prima necessita, la qua– le si rh,6lve. In un secoil\lo tempo l·mmedlatamente seguente In ima necessi'ta d'organizzazione nostra. · Tra le forme cli attlvlta Insurrezionale non va trascurato il tanto deriso e cosidetto "colpo di ma– no'', che pu6 essere un mezzo d'iniziare l'insurre– zione, di creare l'occasione insurrezionale, senza aspettare che l'occa,ilone ci venga da altri, dal <Il fuori, da forse estranee o dal caso. Il colpo di mano pu6 essere Il fatto di un partito autoritario che se ne serve per Impadronirsi del potere; ma potrebbe BibliotecaGino Bianco STUDI SOOIALI anch'essere, ed a questo lo alludo, un fatto liberta– rio di un gruppo di risoluti pronti al rischio e al sacrific;o, I quali con una iniziativa d'audacia sfon– dino una porta, rovescino· un ostacolo, determinan– do una situazione insurrezionale e aprendo la via alla rivoluzione vera e propria. Ma é ovvio che ciò non potrebbe esser fatto a capriccio, per semplice scoppio d'esuberanza di energie, senza premedita· zione, - il che potrebbe condurre ad un disastro gli at.daci e ad un peggioramento 'della situazione ge– nerale,- bensi solo prAYio esame delle condizioni d'ambiente e delle possibilita di successo, e ,::on una lungimirante preparazione In rapporto ai fini me– diati e immediati che ,i hanno di mira. Questa premeditazione é necessaria sempre, dei resto, anche per quelle forme -d'azione pre-rivolu– zionarie che restano nell'orbita della societa. attua– le e non si propongono uno sbocco insurrezionale vero e proprio, come gli scioperi generali e parzia– li, [e manifestazioni di piazza, o cose pili moùeste ancora. Promuovere una. •manifestazione pubbllca, per poi trovarsi in strada o in piazza In poche de– cine di persone, zimbello del pubblico e bersaglio inutile ai colpi della polizia, sarebbe ridicolo e con– tro-producente; bisogna dunque scegliere l'occasio– ne e il momento opportuni, e preparare contempo– reneamente tutti gli elementi e le forze di successo. "E' superfluo dire cose tanto semplici e risapute da tutti", si dirA; pure non mancano esempi, da Pari· gi a Buenos Aires, d'iniziative di certi partiti i qua– li par si divertano a screditare cosi ogni forma d'a– zione.1 popolare! Lo stesso si 'dic,t per certi scioperi o scioperi ge– nerali. Dichiarare uno sciopero generale cosi per ,rarlo, senza badare se esso possa riuscire oppure non essere attuato che da scarsi e invisibili gruppi di operai, non significa forse compromettere l'Idea sl~ssa dello sciopero generale e mettersi nell'impos– sibilita chissa Per quanto tempo di attuarne uno sul strio? Che dire di uno sciopero di categoria, pro– clamato in un mo>mento di crisi 'del mestiere, iu cui é abbondante sul mercato la mano d'opera di– soccupata, In cui v'é sopraproduzione, e il padrone é pili interessato ,t chiudere le officine che a tener– i~ aperte e lo sciopero gli pu6 essere pili utile che èannoso? Qunlunque operaio un po' esperto di con– flitti economici dirà che ci6 sarebbe vera pazzia, la quale pu6 tradursi in un a~crescimento di miseria e di fame Per tanti lavoratori, oltre che in una più Hvilente sfiducia di questi rnlle proprie forze, e nella fine, sifl. pur mG·1nentanea., dell'organizzazione sindacale. Eppure non sono rari casi consimili. Di qui Ja 1,ecessita di richiamare, per le piccole come per le grandi cose, non s-010gli anarchici, ma anche i ri– voluzionari e lavoratori in genere, nel loro interes– se e in quello pili vasto del movimento di emanci– pazione proletaria ed umana, a'd una pre';neditazione sempre pili cosciente della loro azione collettiva. Quello che ho detto per l'azione collettiva vale an– che per l'azione individuale. Naturalmente, mentre per l'azione collettiva la premeditazione é compito di ;>ili individui, pochi o molti che siano e di una preventiva discussione fra loro da cui deve scaturi– re la decisione risolutiva, per l'azione individuale la premeditazione riguarda soltanto l'individuo che vuole agire, il quale pu6 anche consigliarsi con al– tri, se crede, ma resta lui solo l'arbitro delle proprie risoluzioni. La responsabilita di ogni azione individuale é es– dusiva·:nente dell'individuo che agisce; e quindi questo avrebbe tutto il diritto di dirmi che "fa ci6 che vuole" se io pensassl a limitazioni o direzioni della sua attivit:\ estranee a lui stesso. siano esse personali o di un 11artito. Ma questo non é nel caso mio, di anarchico. Dinanzl al fatto dell'azione Indi– viduale, io, come tutti, non ho altro diritto che quello di esprimere su di esso il mio libero pensie– ro, e a seconda cli quc'Sto di solidarizzare O no col fat– to; e insieme l'altro diritto, che poi in realta é un dovere, di fare la propaganda perché si realizzino gli atti che a me sembrano utili o necess ari, e si eviti– no gli altri che 'lli paiono inutili o nocivi. Il che tende non ad Impedire all'uomo cli azione di fare quei che vuole, bensi ad influire sulla sua coscienza J•trché egli "voglia" ci6 che secondo le mie convin– zioni é bene ,e non voglia e non faccia ci6 che é male. Non si tratta qui di teorizzare sul bene e sul ma– le e stabilire ciò che é l'uno o l'altro in modo obiet– tivo e valido per tutti. Il nostro giudizio non può es– sere obiettivo; bensi é ijoggettivo, In rapporto agli scopi della nostra lotta anarchica e rivoluzionarla. Evidentemente non pu6 essere bene o male pei no– stri avversari e nemici ci6 cl1e é bene o male per 1.loi dal nostro punto di vista di ribelli e di libertari. Per6 v'é sempre un criterio di bene e di male, tutt-0 nostro, che sì é formato nella nostra coscienza in armonia con le nostre concezioni di vita e di mora– le che ne scaturisce; in armonia con le nostre idee e convinzioni, col nostrl scopi spirituali e materia– li, politici e sociali; in armonia, infine, con gli tn– segna:menti della scienza, della storia e dell'espe– rienza nostra ecl altrui su ci6 che é utile o necessa– rlo e viceversa al fini che noi ci proponiamo ed alla causa per la quale combattiamo. Troppo lungo sarebbe, e forse Impossibile, analiz– zare ogni forma d'azione anarchica e rivoluzionaria di carattere indlvl'duale, perché le forme possono essere tante quanti sono gli Individui. Ma in linea generale si pu6 stabilire questo: che é incoerente col fini nostri, coutradlttorio alle nostre Idee, lnutl- le o nocivo alla nostra causa, sem'I)re, ogni atto o fatto che ci rlpugn~. quand-0 ne sono autori i nostri nemici e lo condanniamo in essi. Talvolta ciò non sembra; ma allora, o si tratta di errore determinato dalla passione che non ragiona, oppure si tratta di fatti di legittima guerra che si ha torto di rimpro– verare ai nemici, pur essendo naturale e necessario da parte nostra l'opporvisi ed il contrarrestarll. Se noi, per esempio, insorgiamo con le ar~i alla mano contro i dominatori, 'dobbiamo trovare del tut– to naturale ch'essi si difendano con le armi, pur cercando noi di vincerli. La loro resistenza non é materia di condanna. Quando essi (altro esempio) per difendere le loro idee storte di privilegi-O e al tirannide si servono di mezzi di libertà come la stampa, la parola, l'associazione. ecc., che noi pure rivendichiamo per noi stessi, non possiamo conte– sts rne loro il diritto né attentare ad esrn, non solo perché ci6 ci metterebbe in contradizione con le no– tre idee libertarie, ma anche perché quell'attentato antilibertario ,oltre all'essere praticamente inutile per noi, si rivolgerebbe prima o poi, con le sue con– seguenze, a nostro danno e a danno della nostra causa. II nemico bisogna colpirlo nei suoi organismi, stru– menti ed elementi tipici di sfrutta•mento, di tiranni– de, di prepotenza, di coercizione violenta, ecc. non negli altri, o estranei, o dal nostro punto di vista di diritto comune a tutti, 0 magari d'interesse gene– rale A meno che, s'intende, forza maggiore o neces– sita· superiore, costituita dal fatto che gli uni orga– nismi O strumenti s'identifichino con i secondi fino a fare una cosa sola, non impongano altrimenti. Ma al di fuori di tali casi eccezionali di necessità assoluta., la uorma del colpire direttamente i responsabili o gli organismi specifici della prepotenza nemica va osservata anche perché in tal modo é minore il pe– ricolo di colpire del tutto inutilmente degli irre– sponsabili, inconsapevoli o innocenti. Evital'e quest'ultima eYenienza sempre dolorosa e tragica, mi pare debbi essere una delle preoccupa– zioni piti forti del ribelle che agisce "con intelletto d'amore". Si dirà che ciò non é possibile sempre e in modo assoluto. E' vero; vi possono essere anzi dei casi in cui l'obiettivo é cosi imp"rtantc e il col– pirlo é di cosi grande interesse per il bene clell'u– manita e per la salvezza anche immediata di altre e pili numeroEe vite umane, da imporre di passar sopra a qualunque altra considerazione e di cogliere l'oc– casione di agire quando si presenti, anche se non é quella che si sarebbe voluta. Ma l'importante é che la preoccupazione , i sia; che nou si resti indiffe– renti dinanzi all'eventualiti cli colpire vittime inno– centi, che non si decida su ci6 a cuor leggero e sen– za con:;.iderarne tutte le conseguenze, e che la con– siderazione di una cosi tragica eventualit:\ pesi per tutto quel che vale sulla deci,ioue e sulla scelta elci mezzi e dei luoghi, Si dovrebbe molto meditare, per e,empio, sull'uso degli esplosivi e sulla tentazione di inseguire con essi il nemico in luoghi pubblici, cosi allettante per le 1>robabilita che offre di resta re impuniti; mentre un tal procedimento quasi mai raggiunge l'obiettivo voluto, come l'esperienza inse– gna ,e quasi sempre fa il maggior numero di vitti– me fra gente ignara ecl estranea alla lotta con uno strascico di dolori e di uno scatenamento di ostilità del tutto sproporzionati e controproducenti. Non insisto su ci6, e mi guardo bene dal volere con queste mie considerazioni stabilire alcuna norma fis– sa, che sarebbe ridicola e arbitraria. Ma sono con– siderazioni che banno il loro grande valore e non debbono essere trascm12.te . Mi basti citare su ci6 l'o– pinione di uno dei piti puri martiri dell'anarchia San– te Caserio, il quale al processo di Lione del 1894, dette al suo atto, - l'uccisione del Presidente Sadi Car– not nel giugno di quell'anno, - insieme a.lle a1tre ragioni più gravi della lotta anarchica contro la rea– zione repubblicana cli quel tempo, anche questo si– gnificato: che si pu6 colpire la borghesia nei tiranni che la rappr€sentano senza pasEar sul corpo di Yit– time innocenti, quando con l'atto di rivolta si gitta sulla bilancia l'intero sacrificio di se stesso ( 1). Cer– to non si pu6 esigere, da. chi con l'azione si mette sempre nel più grande dei rischi, un rischio e un sacrificio anche maggiori; ma non sl pu6 obiettiva– mente negare che il martirio renùe mille volte pili efficace l'atto di ribellione, talvolta perfino ne co– stituisce l'unica efficacia, e nobilita l'atto anche quan– do per caso questo sia errato. A queste opinioni che Eon venuto esponendo fin qui, di carattere generale e derivanti dalla concezio– ne dell'anarchia e della rivoluzione che io credo pili giusta, rnglio aggiungerne qualche altra che dir6 su– bordinata e dettata da un senso di opportunita con tingente, - ma non per questo opportunista, - in rapporto al momento storico elle attraversiamo, in cui la lotta per la liberla e pe! proletariato s'iden– tifica quasi completamente con la lotta contro il fa– scismo, sia quello tipico italiano, sia quello inter– nazionale e plutocratico. La terribile provocazione fascista ha suscitato un po' do•:tmque dei volontari dell'azione e della rivol– ta, non pochi dei quali non domanderebbero che di saper dove colpire, e potrebbero eEaurire le loro pre- (1) J\"on ,·tcon!o le varole precise, che furono viu poche e di-verpe, ,na di tal significato, dette b'n ci6 da Caserio nel corso del suo interrogatorio. Vedere 1e Mtc J)arole testuali nel noto libro di Henri Varennes "Da, Rat·achol (t Caserio" che io non lto sol10 mimo. L. S.
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