Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948
348 LO STATO MODERNO zi -: il timore di provocare inflazione è rimasto ... _sul · lastrico della strada. In realtà è un complicatissimo problema, questo della distribuzione dei redditi fra i lavoratori; l'occhio fisso sulle statistiche e sulle medie, noi dimentichiamo che vi son famiglie con due o tre lavoratori che stanno assai bene, e altre con un solo lavoratore dove, pur col salario al 106% del 1938, •si sia male. Il tener conto di ciò è certo assai complicato: ma forse in questo caso -· poichè il buono-casa riporta la composizione del nucleo familiare - si poteva pensarci. L'altro principio, quello dell'aulo-proprielà, era ed è fortemente avversalo dalle correnti comuniste e affini. Ha già cominciato l'Unità dell'8 luglio a parlare, con sdegno e con ribrezzo, della « smodata bramosia » di possedere la propria casa. Ma dopo aver applaudito a queste buone intenzioni, chi esamina il disegno di legge senza prevenzioni politi– che, è portato a formulare delle obiezioni cli ordine ge– nerale. · Anzitutto il programma, anche se sarà realizzato in pieno, cioè con 130.000 vani annui, soddisfa la fame di case in. mis'ura troppo piccola in confronto a quel nume– ro di 500.000 vani che dobbiamo pur raggiungere se vo– gliamo far discendere almeno di qualche millesimo il no– stro indegno indice di affollamento, che oggi sarà c.irca di una persona e mezzo per vano. E lo soddisfa in modo parziale anche qualitativamen– te, mirando a quell'unica forma che ho chiamato « auto– proprietà >. Per risolvere veramente il nostro problema, rio assicurativo, privo di qualsiasi esperienza in fatto <Ii . edilizia popolare, e fors'anche di iratica del mercato di titoli obbligazionari (come sono i buoni-casa), proprio non s'intende. Con qualche leggera variante si poteva affidare il tutto agli Istituti di credito Fondiario, che esistono in tutta Italia, già funzionanti e attrezzati, e ricchi di una esperienza talora secolare. Il piano forse anche minaccia di naufragare per la scarsa appetibilità dei buoni: un titolo di lire mille che darà frutto a interesse semplice fra sette anni, vale oggi mollo meno di mille lire: può darsi che il mercato, orien– talo come è ai tassi alti, lo valuti solo 700 o 600 o 500 lire, tanto più che gli acquisti sono limitati a una cate– goria che non usa disporre di liquido: la più parte degli operai ne terrà uno solo, per « scaramanzia >, e venderà il resto. f Da ciò possono nascere, in questo dolce paese dove c'è sempre chi è pronto a sfruttare la collettività, i più temibili abusi. Ad esempio, che un lavoratore - fors'anco prestanome ·di altri - faccia incetta dei buoni occorrenti all'acquisto del suo alloggio, del costo per esempio di L. 1.600.000 e li compri tutti a 600 lire, cioi, con un milio– ne: incasserà poi il valore presente detcontributo venti– cipquennale dello Stato, che per un simile alloggio si può valutare in lire 600.000, e si troverà proprietario, con la differenza di sole L. 400.000 di un alloggio che è co– stato L. 1.600.000. E poi troverà modo di rivenderlo o di affittarlo con. un bel lucro. è ovv-io che occorre, insieme a questa, agevolare anche l'altra forma, quella della casa di affitto, come ho avuto • occasione di dimostrare nei miei precedenti scritti. Mi par già di vedere i bagarini incettatori cbe un'ora dopo il sorteggio, corrono a offrire ai favoriti della sorte i buoni accaparrati e il compromesso di vendita dell'al– loggio. Si desidererebbe infine che la dizione di «vani• sempre vaga e discutibiJ.e, (poichè si possono avere vani da 8 a 25 mq.) fosse precisata, o integrala con un limite di superficie, minimo e massimo. Quanti lavoratori sentono veramente il desiderio di una casa propria? Forse una piccola, piccolissima frazio– ne degli operai, e una poco più alta degli impiegati: ma fra questi, quanti sono coloro che, con gli stipendi attuali si sentiranno di affrontare l'impegno di dedicare un quin– to del reddito - e forse più - all'ammortamento del de– bito per la casa? · Premesso quindi che la soluzione proposta è qualita– tivamente e quantitativamente parziale, mi sembra che l'obiezione principale da fare sia quella che il « Piano > costituisce nel suo insieme solo un'iniziativa pubblica, mentre piit larghi effel.li , a parità di sacrHicio, poteva ave– re un disegno che cercasse di suscitare iniziative indivi– duali. Qui si faranno delle case per i pochi fortunati che la sorte designerà per i primi e che forse le desiderano me– no di quelli i cui nomi resteranno in fondo all'urna; i quali invece, per la loro casa, sarebbero stati disposti a veri sacrifici. Non era meglio offrire agevolazioni un po' minori, ma a tutti, in modo che chi ha maggior possibili– tà di risparmio e più vivo desiderio possa farsi avanti? Quando l'iniziativa pubblica si sostituisce a quella privata, si sa dove si va a finire. E se non vorremo riav– viarci giù per la tragica spirale dell'inflazione occorrerà opporsi alle prevedibili richieste di integrazioni salariali pari al risparmio forzato, cioè bloccare i salari; e poi forse si dovranno bloccare i prezzi dei materiali edili; al– trimenti l'onere dei primi sorteggiati sarà minore di quel– lo dei successivi. Le ragioni che hanno fermato l'iniziativa privata nel campo delle abitazioni permarranno anche dopo il Piano Fanfani: anzi, p<iichè questo si estende alle case medie (ammette alloggi di cinque vani più servizi) si verificherà In questo campo la diserzione totale del· capitale priva– to, al quale è ovviamente impossibile far concorrenza alla iniziativa pubblica. Anche nelle disposizioni esecutive vi sono parecchi<' cose che o non s'intendono bene o non sembrano giusti– ficate. Pérchè, per -esempio, si debba far capo all'Istituto Nazionale Assicurazioni (I.N.A.), che è un ente finanzia- Il disegno promette poi diverse agevolazioni fiscali. una delle quali - sull'imposta consumo - è fatta alle spalle dei Comuni; ma sull'esenzione più saliente, quella della imposta fabbricati, osserva il più rispettoso - e 'minaccioso - silenzio. Ma se il « Piano Fanfani> era, come di sè dice il Fo– scolo, ricco, di vizi e di virtù, bisogna dire alto e forte che la Camera lo ha peggioralo e reso irriconoscibile. La linea economica del progetto del Ministro del La– voro era chiara e logica: ottenere del risparmio forzoso dove esso potrebbe formarsi e non si forma; servirsenl' per far investimenti in beni di consumo durevoli; dare impulso alla produzione, evitando al tem'po stesso infla– zioni. Questa linea è stata irrimediabilmente spezzata. Hi– masta intatta la 13• mensilitii, i capitali si preleveranno da un contributo pari a11'1% delle retribuzioni nelle (con differenze varie per gli statali e per le retribuzioni supe– riori a 20.000 lire mensili), da un equivalente contributo dei da lori di lavoro, e da un terzo con tributo, quello del– lo Stato; pari al 5% dei primi due. Anzichè avere dal risparmio forzoso 1'80% del capi– tale, se ne avrà a mala pena la metà. La inflazione di fine d'anno rimarrà. Le spese di amministrazione del compli– cato congegno raggiungeranno, secondo il ministro, che • è probabilmente ottimista, il 10% del ca\)ilale (e scusah" se è poco), e secondo noi, il doppio. n riflesso sui prezzi, che sarà in un primo tempo dell'1% diventerà -poi, nella facile previsione che gli in– saziabili Istituti Assicurativi lo assoggetteranno ai loro contributi e i datori di lavoro alla consu~ta quota di spe: se generali e utili, il 2 o il 3% sui prezzi, su tutti i prezzi di tutte le merci e servizi che paga, al solito, il consuma– tore e il contribuente. La Camera ba spogliato il piano dei suoi pregi e gli ha lascialo i difetti innegabili: Rimane l'I.N.A. incaricata di tutto. Io credo che i nostri Soloni di Montecitorio non banno pensato che co– sa vuol dire emettere e amministrare 180 miliardi di ob-
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