Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948

342 LO STATO MODERNO \ perchè questa conferma ha tutta l'aria di un maschera– mento. In realtà la politica che Togliatti ha tentalo per quallro anni sulla ,formula dell'c unità nazionale> è de– finitivamente fallita e non ha più alcuna ragione di es– sere. Toglialli aveva cercato di mellere il P.C.I. alla testa di tutti i partili democratici per indurre il Paese sul pia– no inclinato della democrazia progressiva. Sul ceppo ori– ginario della coalizione antifascista dei C.L.N., il P.C.I. aveva tentato d'innestare allre formazioni di carattere unitario per esercitare la sua forza di attrattiva in. tulli i settori della vita nazionale. Sorsero cosi, accanto ai C.L.N., i vari Fronti della gioventù, della cultura, l'Unio– ne delle donne italiane, i Comitati per la difesa della Re– pubblica, il Fronte popolare: quest'ullimo con spiccate finalità elelloralistiche. Di tutte queste formazioni.,.unita– rie non ce ne è stata una che abbia retto favorevolmente la prova: la sola che non aveva deluso era l'organizza– zione unitaria sindacale, che•in questi quattro anni di vita, ha ottenuto dei risultali indubbiamente positivi sot– to l'abile guida dell'on. Di Vittorio. Ma è lo stesso terre– no, su cui opera l'azione sindacale, ad esigere un'inizia– tiva unitaria. Pure, dopo la 'decisione presa, forse al di là dei nostri conCini, di far del P.C.I. un partilo« più bol– scevico>, anche questa organizzazione unital'ia ha cedtHo di schianto e si è infranta. I repubblicani ed i socialdemocratici, pur ammetten– do gli errori, gli impulsi faziosi della maggioranza social– comunista, rimproverano ai d. c. di essere stati troppo precipitosi, troppo intransigenti contro le agitazioni di protesta che si svilupparono in lutto il Paese dopo l'at– tentalo a Togliatti. Ma furon soJlanlo delle manifestazio– ni di protesta? Ad un cerio momento, alla periferia ed an– che al centro, si ostentò il proposito di continuare lo scio– pero ad ollranza fino alle dimissioni del governo. Anche i dirigenti della corrente socialcomunista si recarono, a nome della C.G.I.L., dal Capo dello Stato per sollecitare un alto d'imperio contro il governo, che pure aveva una larga base di maggioranza al Parlamento e che aveva ac– cettato di discutere davanti alle due Camere le accuse che erano state sollevate per sue eventuali responsabilità. Di Villorio in un secondo momento lo ha smentito, la sua sarebbe stata sollanto una missione pacificatrice: pe– rò, in quei giorni, si diede a vedere che la O.G.I.L. era risoluta a ricorrere a tulli i mezzi pur di ollenere le di– missioni del governo. Quel che si tentava era un vero e proprio colpo di Staio, manovrando il polente organi– smo sindacale non soltanto contro il governo ma anche contro il Parlamento, che pur teneva in quei giorni le sue sedute in ambedue le Camere. · I democristiani sono stati consegùenti. Hanno rinno– vato l'atteggiamento che già presero al tempo dello scio– pero generale di Roma. E questa volta le circostanze era– no tali da giustificare maggiormente una nuova più gra– ve incrinatura della solidarietà sindacale. I d. c., fa so– stanza, hanno fatto diventare operanti, ancora una volta. le riserve formalmente espresse al congresso fiorentino contro l'art. 9, traendone le ~onseguenze che comportava la estrema gravità del caso. Nè potevano rinviare un più approfonldito esame della questione, quando erano ma– nifesti i segni di conati insurrezionali. L'on. Scelba potrà aver accentuato. nei suoi rapporti al Parlamento, la gra– vità di certe sitr:azioni che si vennero a determinare nei giorni delle agitazioni; ma gli episodi accertati dimostra– no chiaramente come i comunisti considerino lo sciopero politico una premessa indispensab!le •per le loro mano– vre di piazza. Il settore più delicato era quello dei tra– sporli, dove i socialcomunisti non dispongono di una si– cura maggioranza. Ebbene, i ferrovieri sono stati indotti allo sciopero con la violenza e con l'inganno. Sono siate fatte mìnacoie, sono state effettuate delle interruzioni alle linee e si è fallo credere che lo sciopero avesse un ca- ratiere economico. La conclusione è staia questa: fallito lo sciopero genertlle, i ferrovieri hanno visto sacrificate le loro legi llime aspirazioni. Sette mesi avanti, quando per la prima volta i d. c. ruppero la solidarietà sindacale, la maggioranza social– comunista si limitò, come sopra si è visto, a· proferire qualche minaccia, ma in realtà, almeno sulla carta, dovette fare larghe concessioni col documento Santi-Di Vittorio. In queste concessioni era implicito il riconoscimento che l'azione antisciopero dei sindacalisti cristiani di Roma era giustificata. Il 14 ed il 15 luglio !'on. Pastore e soci avevano ragioni ben più serie per far valere le famose riserve dichiarate al secondo congresso confederale; ep– pure questa volta i comunisti sono stati intransigenti. E dico i comunisti, perchè i socialisti del P.S.J. avevano tulio l'interesse, come ha cercato di mettere in luce l'on. Lombardi, a sfruttare l'occasione per dimostrare che la nuova direzione centrista, uscita dal congresso di Geno– va, poteva dar prestigio al partito con un'azione autono– ma ed efficiente. La verità è che Di Vittorio questa volta è staio sopraffatto: si è trovato solo e scoperto di fronte al duo Secchia-Longo. Quanto all'on. Santi, non aveva prestigio sufficiente per reggere una simile situazione. La sera del 16 luglio, dopo che i dirigenti sindaca– listi cristiani avevano constatato che era stato e così in– franto il patto di unità sindacale > ed avevano rimesso ogni decisione conclusiva ad una convocazione nazionale straordinaria della loro corrente, !'on. Di Vittorio, in una intervista all'Unità, deplorava l'atteggiamento scissionisti– co di quei dirigenti ma insieme ammetteva che « non si può escludere che dei sentimenti di settarismo esistano ancora in alcuni compagni socialisti e comunisti. Non si può escludere che talune generalizzazioni stupide e no– cive abbiano portato alcuni lavoratori ad assumere .tl– leggiamenti poco amichevoli nei confronti dei propri fra– telli democristiani. Tali atteggiamenti portano l'acqua 3f molino di coloro che cercano di dividere i lavoratori>. E cosi concludeva: e Bisogna ora più che mai preoccupar si di avere delle franche e fraterne spiegazioni fra lavo– ratori di varie correnti perchè tutti siano concordi nel mantenere e rafforzare l'unità>. E' stato questo l'ultimo appello dell'on. Di Vittorio in favore dell'unità sindacale. Due giorni dopo, interpretando l'appello del Segre– tario Generale a modo suo, la segreteria della F.I.O.T.. retta dalla sig.ra Teresa Noce, estrometteva il rappresen– tante della corrente cristiana anticipanC,o di uria buona settimana la deliberazione dell'Esecutivo· -della C.G.I.L. Così alla sig.ra Teresa Noce, consorte di Luigi Longo. spelta l'onore di avere per prima compiuto il gesto irre– parabile della scissione. E' deplorevole, è doloroso che si sia giunti al passo della scissione. Ma le recriminazioni sono inutili. Neppu– re il bilancio delle responsabilità porla alcun contributo alla soluzione del problema sindacale: che, fondamental– mente, è sempre lo stesso. Dare basi più stabili, perché più democratiche, all'unità sindacale, che occorre rico– stituire al più presto. Fra tante ,conseguenze dannose, di cui faremo pur– troppo l'esperienza, di questa deprecata scissione, c'è pe– rò un dato fermamente positivo; che contribuirà col tem– po a chiarire la situazione ed a creare un nuovo più franco costume di vita sindacale: è finita per sempre quell'ipocrita finzione dell'autonomia dei sindacati. Ogni partito assuma ora coraggiosamente le '))roprie responsa– bilità nel campo sindacale ed il Parlamento ci dia una leg– ge che consenta di ricostituire l'unità in seno ad un cQn– sesso confederale centrale veramente democratico. e. ba.

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