Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948
LO STATO MODERNO 111 no: il principio democratico si era inserito nella comunità, lo Stato, sua espressione, aveva veduto accrescere i suoi compiti. Ma, come è facile intendere, ogni passo avanti di questo genere significava una rivoluzione nei rapporti tra le grandi forze che operavano - nelloro contrasto - il progresso: rapporti tra Stato e Chiesa, rap– porti tra il Principe e le aristocrazie, rapporti tra le classi : la trasformazione dello Stato corre lungo il corso dello svolgimento dell'idea liberale. Se fosse vero che questa si identifica e coincide con il liberismo e la stretta concezione dell'iniziativa privata, non soltanto noi potremmo, oggi, considerare esaurita la sua funzione, ma potremmo constatare .come, mossa dalla rivendicazione dell'uo– mo, essa lo aveva, immediatamente, aggiogato allo Stato. In realtà il processo non è così semplice, l'idea liberale si è svolta in opposizione alle forme rigide del privilegio. Per disciogliere l'uomo dalle strette feudali, dal monarchismo, dal dogmatismo, per affermare il principio dell'eguaglianza avanti la legi.e, essa doveva tornare ad arricchire le funzioni dello Stato. L'intima costituzione di questo tornava ad avvicinarsi a11a con– cezione romana della magistratura, e cioè· al principio della pote– stà nascente dalla elezione. Si contrapponeva ancora il cittadino al ,urldito, la r,sp,eb/ica al regnum. In questo processo nasceva lo stato liberale, ma si preparava. lo si voglia o non, anche lo stato socialista. Nessuno poteva pen– sare che la lotta contro il privilegio si sarebbe arrestata ad un punto astrattamente predeterminato; tanto meno potevano pensar– lo coloro che vedevano già sotto i loro occhi i primi effetti della rivoluzione industriale. Si sa quel che ne pensò e le conseguen– ze che ne trasse Carlo Marx. Ma uno schietto pensatore liberale, il Tocqueville, in un suo appunto sui rapporti tra la classe media ed il popolo, avvertiva che dopo la Rivoluzione francese i princi– pali contrasti politici si sarebbero svolti intorno alle modificazioni del diritto di proprietà. Così dinanzi al fenomeno del proletariato industriale egli scriveva che era inevitabile una disciplina dall'al– to, un estendersi dell'azione sociale dello Stato. Se non che questa azione si è talmente estesa che essa ha portato alla fine del vecchio stato liberale e democratico. Oserei dire che è proprio lo Stato li– berale, come magistratura elettiva suprema, che non risponde più alle nostre esigenze; o, sarebbe meglio dire, non risponde alle sue proprie esigenze: lo Stato è -chiamato a governare, a diri– gere, ad amministrare, a distribuire; e crede altresì di essere chia– mato ad indirizzare moralmente i cittadini. Nonostante .che questi compiti lo assorbano, lo scontento cresce d'intorno e freme, assai spesso, sorda la rivolta. E' accaduto il capovi)lgimento classico: lo Stato man mano che assumeva nuovi servizi per eliminare antichi privilegi, finiva per risuscitare in sè stesso i privilegi stessi. Il fatto che oggi li abbia tutti riassunti spieg:, la sua debolezza e l'as– salto che gli viene mosso. La nuova politica liberale E questa condizione giustifica a nostro parere una nuova politica liberale. La nostra posizione è questa: noi vogliamo sottrarre lo Stato a questa condizione di cose che ne fa lo strumento della oppressione e quindi la meta degli oppressori ; e pensiamo e cre– diamo che la riforma dello Stato si identificherà con una effettiva libertà dei cittadini. Se vogliamo restituire la libertà all'uomo, dobbiamo restituirla allo Stato. Questo Stato onnipotente non è e non può essere uno stato libero. A sua volta esso è dominato dalle forze che si orga– nizzano per controllarlo nel suo potere, per spogliarlo, per quanto è possibile di· esso, per trarre dalla somma dei privilegi i vantaggi particolari delle classi, delle categorie, dei ceti. Per salvare quanto • gli rimane di libertà e di autonomia l'individuo, a sua volta, si anneg;,,nelle organizzazioni di partito e di classe; le sole che ab– biano forza bastante o ad opporsi allo Stato o,. meglio, ad asser– virlo a favore di interessi particolari. Il Parlamento, organo di sovranità, si riduce, fatalmente, ad es– sere di volta in volta, potere legislativo e camera di registrazione, organo esecutivo e consiglio di amministrazione. Nè il popolo vede in esso rispecchiata la ·sua volontà, nè i deputati si sentono respon– sabili avanti al popolo: così l'autorità sfugge al Parlamento e ri– torna a lui solo come all'organo di esecuzione. La funzione me– diatrice della lotta politica non è più del Parlamento, ma dei Par– titi Tuttavia senza Parlamento- pienamente libero e sovrano non vi è libertà popolare e non vi è democrazia. Un cerchi~ malefico si chiude partendo dalla servitù dell'uomo per finire alla servitù del Parlamento. Serva la volontà individuale: serva la volontà col– lettiva. Come romperemo questo cerchio malefico? Intanto noi dobbiamo parlare in termini politici ed agire p~li– ticamente. Bisogna perciò rispondere con le riforme e con le legg-: con un rinnovamento del costume politico che trovi nelle forme nuove dello Stato la sua capacità di espressione. , Bisogna avere il coraggio di fare, dopo l'opera della Costituente, una vera opera costituzionale. La Costituzione non basta. Le costituzioni affermano delle esi– genze, non risolvono dei problemi. Sono le leggi che rispecchiano la evoluzione costituzionale: e che consacrano le rivoluzioni. Le assemblee legislative avranno da compiere il più grave la– voro: quello di dettare leggi organiche che facciano della Costi– tuzione un organismo vivente. Io non voglio qui discutere i pregi e i difetti della Costituzione. Non dirò che essa sia un capola– voro. Se anche lo fosse essa non potrebbe essere che un capola– voro di idee a,;tratte. Dirò invece che, così come è, frutto di com– promessi politici tra i grandi partiti dominanti l'assemblea, essa si presta così ad un ottimo lavoro legislativo come presenta il peri– colo di una vera e propria paralisi politica. La Costituzione, in sè stessa considerata, ha risolto un solo problema: ha stabilito le basi della legittimità; e non è poco. Ha inoltre fissato i criteri direttivi di ogni attività politica; e qbesto è, fissato i criteri direttivi di ogni attività politica; e questo è, sen– za dubbio, troppo. Toccherà alle assemblee legislative rendere la legittimità esplicita nelle leggi organiche e dare ai criteri astratti lo svolgimento concreto senza vincolarsi alla nuda lettera della Costituzione, dal che nascerebbe la paralisi, e senza confondere i principii generali con nuove istanze tratte dalle dottrine dei partiti, dal che nascerebbe la confusione. In che consiste oggi la paralisi del Parlamento? Si 1/tò dire con una imagine. E' un corpo che ha fuori di sè stesso il suo centro di gravità. La responsabilità è del Parlamento; l'autorità è dei Partiti, dei Sindacati, delle associazioni e di tutti gli altri organi– smi di classe o· di categorie. Essi hanno una disciplina, un metodo, finalità alle quali il Parlamento è estraneo. Man mano che essi prevalgono l'uno sull'altro o si accordano tra foro a danno ora del– l'uno ora· dell'altro, il Parlamento è chiamato a tradurre in pure formule legali il loro accordo e ·a nascondere sotto la maschera della volontà generale le volontà particolari 'che hanno cli volta in volta prevalso. Si potrebbe aggiungere un'altra imagine. Il Parlamento è un motore fuori fase: il rihno della produzione è md'lto più ve– loce del ritmo legislativo e la soluzione dei problemi si impone prima che la legislazione si sia accorta della loro esistenza; sì che due norme regolano la vita di oggi. E se non si può dire çhe un diritto consuetudinario si svolga accanto al diritto scritto - chè la onnipotenza dello Stato impedisce ogni svolgimento di diritto consuetudinario - si può affermare che forze politiche impongono la forma legislativa corrispondente al compromesso o alla sopraf– razione che hanno realizzato. Non esprimendo più la volontà ge– nerale, il Parlamento muore e con esso la libertà e la democrazia. Direttive all'azione . Si sente spesso ripetere che oggi alla democrazia si è sostituita la partitocrazia; sarebbe più esatto dire la demagogia. Demagogia necessaria, poichè se il Parlamento non legifera bisognerà che for– ze particolari si sostituiscano alla volontà generale. La via alla dittatura è così aperta: dittatura di un uomo o dittatura di un partito. Noi abbiamo avuto il singolare privilegio di assistere alla dittatura dei partiti. E la lotta elettorale che si combatte ha tutto l'aspetto della lotta dei due partiti più forti per lo stabilimento della rispettiva dittatura. Così il Parlamento non è più lo strumento che impedisce alle dittature di nascere, ma l'ambiente dove le dittature si insediano. Bisogna agire - per rimediare a tutto questo - in una triplice direzione. Sollecitare le attività individuali, coordinarle af!inchè si associno in libere iniziative, e non solo non reclamino privilegi dallo Stàto, ma rivendichino per sè stesse il ·rischio e la responsabilità. Allo Stato rimanga non il privilegio ma il dovere politico ed il diritto
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