Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948
78 LO STATO MODERNO italiani. Le vendite in alta Italia continuerebbero, con la clli– ferenza però che i rapporti di scambio si svolgerebbero su una base economica più « naturale », non alterata dal riversamento di <:Ostidall'una regione (i.1 \Settentrione) .sull'altra (il Meri– dione). La combutta finanza-industria,proletariato dell'alta Italia, non avendo più la comoda riserva del Meridione su cui scaricare i suoi costi, dovrebbe accontentarsi di minori utili e minori salari quando vi fosse una minor protezione doga– nale. Lii, ;ragione di scambio internazionale muterebbe a van– taggio del Meridione, che potrebbe comperare a miglior prez– zo i prodotti àndustriali con cui vengono pagate le sue esporta– zioni. In queste condizioni, il collocamento dei prodotti sui mercati dell'alta Italia diminuirebbe (questa conseguenza è in– sita nelle ipotesi fatte). Ma anzichè forzare, a prezzi calanti. le vendite su a:tri mercati, il Meridione impiegherebbe le forze produttive rimaste libere, disoccupate, ne:Ia creazione della sua industria. Per questo compito non gli mancherebbero nè i capita!i - quel:i che ora l'A:ta Italia gli sottrae - nè la mano d'opera, nè l'iniziativa e la connessa capacità. Si veri– ficherebbe in sostanza uno spostamento di fattori produttivi in se11SO opposto: in alta Italia, in 1limitata misura, dall'in– dustria al:'agricoltura; nel Meridione, accentuatamente, dalla agricoltura a:I'industria. Il risultato sarebbe un maggior equi– librio produttivo e una migliore ripartizione del reddito na– zionale fra Nord e Sud. L'argomento scabroso del proletariato industriale pare fondato, 1!)anon nella misura in cui potrebbe apparire a prima vista. Le migliori retribuzioni di tale pro!etariato rientrano nel quadro della maggiore agiatezza dell'alta Italia, anche nelle sue zone più prettamente agricole, nei confronti del Meridione: ed è innegabile che questa condizione era già acquisita, se non, come noi pensiamo, anche più accentuata, quando Vitto– rio Emanue:e e Garibaldi si strinsero la mano sul Volturno. Si può invece avanzare il dubbio che n progresso economico del- 1' alta Italia abbia, ben al contrario, trascinato con sè i.Jmiglio– ramento delle condizioni economiche del Meridione, sia pure con la vischiosità e con le lacune con cui il benessere econo– mico si « travasa » da una ad altra regione di uno Stato, e anche da Stato a Stato. L'emigrazione dal Meridione a:J'alta Italia è stata una deJ.:e vie attraverso le quali si è sviluppata la tendenza ad un livellamento dei redditi,contenendone da un lato l'espansione nel Sette·ntrione e consentendo, dall'altra, un elevamento ne! Meridione. A parte ciò, la forza del proletariato industriale è un dato di fatto, col quale tutti g!i Stati hanno dovuto fare i conti, con non dissimili conseguenze. Può essere che il « peso » di questa forza ne!la nostra vita nazionale, economica e politica, sia comparativamente eccessivo; è comunque una realtà lega– ta alla inconsistenza in cui fino ad oggi ha vissuto, come collet– tività ad interessi comuni o paralleli,. il pro!etariato agricolo meridiona'.e, e alla soggezione morale ed economica in •cui è stato tenuto anacronisticamente da una classe ,padronale per la quale i « lumi » erano in troppo larga m_isuraancora sette– centeschi: dati di fatto questi che hanno deferminato la per– sistenza di una situazione di squilibrio delle forze in gioco l cui fondamenti sarebbe forse più proficuo, e non s0lo per il Meridione, cercare in primo luogo a sud del Volturno. E poi, la protezione industriale non è accordata all' alt3 Italia, bensì all'Italia intera. Perchè ne profitta solo fa!ta Italia? Lo sviluppo industriale richiede iniziativa e capitali. La iniziativa, affermano i meridionalisti, è coartata dall'industria deJ.:'alta Italia. E questo può essere abbastanza vero. E' anche probabile però che, in linea genera:e, il sicuro collocamento dei prodotti del suolo in alta Italia abbia concorso a protrarre il lungo sonno dei proprietari terrieri e in genere dei ,produt– tori meridionali: in una parola, la carenza dell'iniziativa. Per– chè avventurarsi sul conteso terreno dell'arduo reddito indu- stria!e quando si può fare affidamento sul tradiziona:e reddito terriero? Non so:o. Ma pare difficile voler ammettere che sia da imputare al , lato » la sorte dell'industria zolfifera siciliana. un'industria che deteneva un quasi monopo:io mondia!e e che ora vive solo con continue applicazioni di respirazione artificiale, perchè gli u:timi giunti, g:i americ~ni, hanno imme– diatamente surc:assata la tecnica produttiva sfoiliana. L'indu– stria zolfifera americana si trovava, di fronte a quella siciliana, nella situazione tipica dell'industria nascente, queì!a che è stata alla base di tutte :e teorie protezioniste. Essa non avrebbe dovuto avere possibi:ità di affermazione perchè gli anziani pro– duttori - i siciliani - dovevano essere in grado di surclassarla sui mercati mondiali. La teoria (chiamiamola così) ha funzio– nato egregiamente nei riguardi de!l'industria inglese, poi di quella tedesca, oggi di que!la americana. Per l'industria sici– liana ha fatto ci:ecca. Non è. un caso. Per quanto riguarda il movimento dei capitali, cioè la sot– trazione al Meridione di potere d'acquisto utilizzabile per in– vestimenti pubblici e privati e il suo aff.usso all'alta Italia, le vie del trasferimento, a parte il «furto» attuato con l'a:to prezzo dei prodotti industriali, sarebbero due: lo Stato, che preleverebbe dal Meridione a mezzo delle imposte, tasse, do– gane, depositi. versati a:le casse postali, quote assicurative, ecc., un ammontare di potere d'acqu~to superiore a quello che vi riverserebbe in retribuzioni ai funzionari, opere pubbliche (queste. soprattutto), ecc.: dando Juogo ad un risparmio « for– zato » (come dicono gli economisti) per la differen:ta fra i due ammontari, che verrebbe riversato all'alta Italia appunto in retribuzioni, opere pubbliche, ecc.; e il sistema bancario, che « pomperebbe » dal pubblico meridionale un ammontare di depositi che solo in parte verrebbe collocato nel Meridione medes'imo, mentre la differenza verrebbe pure impiegata nel- 1' alta Italia a vantaggio dell'industria. Questa possibilità del Meridione di trasferire - forzosa– mente - capita:i all'alta Italia potrebbe sorprendere, dato il basso tenore di vita de:la sua popolazione. In realtà, il tra– sferimento sarebbe appunto anche una conseguenza di tale basso tenor di ,vita, in quanto troverebbe. il suo fondamento proprio nella compressione dei consumi da esso determinata, come pure nelle minori esigenze di vita dovute al c:ima favo– revole (circostanza quest'ultima che, di per sè, Sarebbe stata· ed è favorevole all'affermazione de:l'industria, agevolata da· minori salari). Non abbiamo elementi per giudicare del trasferimento df capitali dovuto allo Stato, e formuliamo l'augurio che altri possa essere in grado di approfondire questo aspetto della, questione, interessante anche al di fuori di quella di cui trat-· tiamo. I Per quanto riguarda l'attività bancaria invece, disponia- mo di approfondite statistiche compi:ate ad opera della Banca· d'Italia, le qua:i gettano molta luce sull'argomento: una 1uce– concreta, basata su dati di fatto precisi, e non sulle categorie– molto elastiche dell'opinabile, allungabiB o raccorciabili a se– conda delle mire più o meno elettorali e demagogiche. I meridionalisti non vorranno ascriverci a co:pa se queste– statistiche hanno l'evidenza ... stellare del pugno ne:l' occhio, e– sono documentazione di una realtà ben diversa da quella de- nunciata nei loro schemi. ' E' noto che le banche non possono erogare ai clienti· l'intero ammontare dei depositi raccolti. In Ita:ia anteguerra le– somme erogate si aggiravano intorno al 65% dei depositi. A'.la fine del 1938 la percentuale era del 64,3%. In quel momento· le banche raccoglievano nelle tre regioni maggiormente indu– strializzate dell'alta Italia, cioè in Piemonte, Liguria e Lombar– dia, un ammontare di depositi più che settup!o de!l'ammon– tare raccolto nell'Italia meridionale (Iso:e escluse), cioè 28,S,; miliardi contro soli 3,9; ma alla clientela davano un ammon--
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