Lo Stato Moderno - anno IV - n.4 - 20 febbraio 1947

Abbonamento per un anno L. 800 soc. Ed. Lo stato Moderno - Am• mtntstrazione e Dtreztone: Milano, Via Senato 38, tele/. 72.440, 71.918 .Esce il 5 e il 20 di ogni mese LOSTATO MODER ORJTJCA POLLTlOA EOONOMJOA E SOCJALE Anno IV · N. 4 20 FEBBRAIO 1947 Una copia L 30 S O M M ·A R I O MARIO PAçGI: Pace e politica estera . L. L.: Lacrime ,di coccodrillo , . . . . • GAETANO BALDACCI: Tre giorni a Roma: ' GAETANO SALVEMINI: Servitù volontaria (fine) . . . . , . . • • • · · · GIORGIO GRANATA: Costituzioni ed utopie VITTORIO ALBASINI SCROSATI: L'organiz– zazione del potere esecutivo . . . . . ACHILLE BATTAGLIA: La libertà personale dei ,cittadini nelle Carte Costituzionali . ARRIGO CAJUMI: In. margine a Proudhon . . pag. 69 )) 71 72 73 76 78 80 83 VITTOR: Memoria e Politica . pag. 84 • ARTURO FERRARIO: Necessità n. 1: Costrui- re gli impianti idroelettrici . )) 85 eNJNO PITTALUGA: Ritorno ':illa stabilità dei cambi )) 97· •EZZETA: Cronache ,di via Morone . )) 88 • BRUNO ·PAGANI: Democrazia e Unioni Sinda- cali negli U. S. A . . )) 89 - RASSEGNA DELLA STAMPA ESTERA . » 90 RASSEGNA DELLA STAMPA ITALIANA . )) 91 NOTE QUINDICINALI )) 92 SUPPLEMENTO: La COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Testo de! progetto approvato da!!a Commissione e presentato a!!' Assemb!ea Costituente PACEE POLITICA ESTERA 8trano, strano trattato di pace. Ne dicono male tutti, e non soltanto i vinti, che è logico umano e in fondo anche politico. Ma il bello è che. lo trovano de– plorevole gli stessi vincitori, e la Jugoslavia medita il rifiuto della sua firma, e poi sottoscrive con riserva, e Byrnes - uno dei suoi maggiori artefici - scrive addirittura articoli per agenzie giornalistiche allo scopo di vituperare quella .che è pure, almeno in parte, una sua creatura. Ora, per chi vuol ragionare fuor dalle mischie immediate, e tentare sopratutto di capire in termini politici che cosa sia questa pace, come convenga porsi di fronte ad essa, e come farla servire per i nostri fini futuri (che ci pare poi la sola questione veramente in– teressante), è opportuno uscire fuori dal pelago di al– cuni luoghi comuni che oscurano il discorso. Uno di questi luoghi comuni è quello che fa risiedere una delle manchevolezze del trattato nel fatto che esso . non sia frutto di libere negoziazioni tra le parti. E' un ''diktat», si dice, non un trattato alle cui conclusioni si sia giunti dopo cordiali ed amichevoli scambi di vista. · Occorre dire che, così ragionando, ci si aggira in quel vecchio vizio di eccessiva «giuridicità» che andiamo da tempo rimproverando alla-nostra politica e_stera. A non voler tener conto che si tratta per di più di una concezione contrattualistica ormai anti– quata e superata sin nel campo del diritto privato, dove tutti giornalmente poniamo in essere contratti le cui condizioni ci sono puramente e semplicemente « imposte ». Ma, per tornare al campo specifico, vor– remmo sapere quando mai una pace è stata « libera– mente negoziata». In siffatta materia le parti sono « libere » solo finché si scambiano cannonate; quando una parte alza bandiera bianca, è come quando un. interlocutore si tace: non ha più argomenti da op– porre. Vediamo, per fermarci solo all'ultimo secolo. (il figlio diletto dell'epoca dei lumi), se ci sia stato .un trattato di pace « liberamente negoziato». Forse una parvenza di discussione dette vita alla pace tra -la Francia post-napoleonica e le potenze associate, ma non per questo le clausole più importanti, e in specie quelle territoriali, furon men dure per il vinto. Ma poi? Né il '66, né il '71, né, riteniamo, il '918 possono essere date destinate alla citazione da parte dei fau– tori delle « paci negoziate·». Un secondo luogo comune di"cui conviene sbar– razzarsi se si vuole sul serio, e fuor d'ogni querimo– nia, preparare la strada per ripòrtare l'Italia al livello internazionale che le è obiettivamente ·proprio, è quello dell'« ingiustizia della pace». Se, sopra, l'er– rore consisteva nell'adoperare tnale e a sproposito un concetto .giuridico; qui il torto derivia dall'adoperare a sproposito un co·ncetto mor·a1e. Una pace è un atto politico, e come tale non ·può essére né giusto né in– giusto; può essére soltanto un buono o· un' cattivo strumento per il raggiungimento di certi fini; per il

RkJQdWJsaXNoZXIy