Lo Stato Moderno - anno IV - n.3 - 5 febbraio 1947
62 LO STATO MODERNO cooperare con voi, se voi non ci date la certezza che'intendete trattarci come alleati e non come nemico vinto e privo di ogni diritto. Se a governare il'1ta1ia del Sud e utilizzare il sangue dell'Italia del Nord la cooperazione del re e del suo Bactoglio vi' basta, contentatevi di quella e lasciate noi a casa nostra. Ma se avete bisogno di noi, dateci modo di giustifi– care agli occhi del popolo nostro la nostra cooperazione con voL Se no, no». Se le domande di Croce, Sforza, Rodinò, Togliatti e Ci. fos– sero state accolte, la cooperazione doveva essere entusiastica. Se fossero state respinte, esse dovevano es~ere pubblicate per definire le responsabilità innanzi alla opinione pubblica italia– na e alleata . .I!: in questo caso, Croce, Storza, Rodinò, Togliat– ti e Ci. dovevano dare due parole d'ordine: una ru Sud e una al Nord. Al Sud: .nessuna cooperazione di nessun genere con gli Alleati; al Nord: lotta con tutti i mezzi possibili contro 'i te– deschi e i fascisti per dovere assoluto verso il popolo italiano e non verso gli Alleati. Che cosa avrebbero dovuto domandare Croce, Sforza, Ro– dinò, Togliatti e Ci. in cambio della cooperazione italiana? - La ~isposta era ovvia nel 1944 come è ovvia oggi: a) niente cobelligeranza, ma alleanza; b) i poteri della monarchia, che erano stati sospesi al mo– mento dello sbarco in Sicilia, dovevano continuare a rimanere sospesi; la decisione istituzionale riservata al popolo itahano e presa entro un anno dal}a fine delle operazioni militari in Italia attraverso un'Assemblea Costituente; assoluta neutralità dei governi esteri in questa faccenda interna italiana; e) la Commissione Alleata di Governo investita esplicita– mente non wlo dei poteri ma delle responsabilità spettanti al governo centrale, dato che non esisteva più governo centrale; d) formazione di amministrazioni comunali e provinciali elettive sei mesi dopo la <finedelle operazioni militari in cia– scuna località; ciascuna nuova amministrazione provinciale a– vrebbe delegato un rnppresentante a formare un Consiglio Na– zionale Provvisorio, che assistesse la Commissione Alleata di Governo in attesa della Costituente; e) accordi finanziari ed economici analoghi a quelli che erano intervenuti o sarebbero intervenuti coi .francesi; f) formazione di coi,pi volontari sotto il comando di uffi– ciali alleati e italiani - scelti, questi ultimi, fra persone che non avessero precedenti fascisti, - che giurassero fedeltà alla nazione e non al re o ai suoi reali successori, in attesa che la nazione decidesse la questione istituzionale alla fine della guerra; g) nessuna mutilazione del°territorio nazionale in Europa. Volontari e territorio nazionale I volontari e il territorio nazionale compaiono ultimi nel– !' elenco, ma avrebbero dovuto figurare primissimi nelle trat- tative. · Era diventato ormai evidente che i « liberatori • non in– tendevano utilizzare il popolo italiano •sulfronte di combatti– mento. Cinque migliaia di uomini, s', dovevano partecipare alle operazioni militari perchè era opportuno costituire una pic– cola « guardia bianca » a servizio della casa reale e dei suoi fedeli, e un po' di prestigio militare non avrebbe fatto nessun male a quella guardia. Ma tutti gli altri italiani dovevano es– sere impiegati nelle retrovie come conducenti, cuochi, guar– diani, vuotacessi e simile personale di servizio. Nell'Italia cen– trale e settentrionale i « liberatori » cercavano spie e sabotatori pagati ,a cottimo, non « partigiani » combattenti. Le ragioni di questo atteggiamento erano due: 1) gli Al– leati non si fidavano del « cobelligerante » nuovo venuto; se lo avessero aiut!).tOa ricostituirsi un esercito, che ÙSo ne avreb. be fatto? esso doveva e6sere disarmato, e il modo mi&).iore ~r disarmarlo era di non riarmarlo da capo; 2) ,e il'itaJiani a– vessero partecipato efficacemente alla guer,ra, non sarebbe sta– to decentemente possibile negare loro ogni giustizia quando doveva essere dettata la pace. Come si diceva apertamente nella Commissione Alleata di Governo a Caserta, « a quei ma– ledetti italiani non doveva essere permesso di passare da e– roi ». Perciò, quel che rimaneva delle dotazioni militari ita– liane era regalato ai partigiani jugoslavi, mentre gl'italiani Ti– manevano disarmati. Se i « liberatori » intendevano che solamente alcune mi– gliaia di guardie bianche regie pa·rtecipassero alle operazioni militari vere e proprie, il re e Badoglio avrebbero voluto au– mentare il numero delle guardie utilizzabili domani nella po– litica interna. Ma neanche essi volevano saperne di volontari non legati a un giuramento di fedeltà dinastica. I militari di professione non hanno mai voluto saperne di volontari. Gari– baldi ne seppe qualcosa. La gue~ra doveva essere un mono– polio regio (si era visto con quali risultati!). Gli Alleati consen– tivano a questo monopolio regio. Giovani meravigliosi di in– telligenza e di coraggio, che attraverso ,pericoli inauditi arri– vavano dal nord smaniando di combattere, erano maltrattati come « disertori », salvo che si sottomettessero a ,prestare giu– ramento al re, e anche allora venivano· sequestrati in iscuole di spionaggio e §abotaggio, da cui potevano evadere solo at– traverso i più incredibili espedienti. Quanto alla questione del,la integrità del territorio nazionale in Europa, fino dall'estate del 1941 erano apparsi i primi sintomi dei pericoli che ,la minacciavano. E nell'ottobre del 1942, no.n era stato possibile al Conte Sforza e ai 5uoi clienti di ottenere dal sottoseg•retario americano Berle altra dichia– razione se non quella che « la nazionalità » italiana non cor– reva pericoli. li che era ed è vero. La « nazionalità • di un popolo civile non corre nessun ,pericolo anche re quel popolo è ,politicamente ~idotto in pezzi. Quel che doveva importare agli italiani era la faviolabilità del « territorio nazionale • e non della « nazionalità ». li pericolo, dunque, era chiaro, e non poteva essere ignorato a base di ottimismo s1;1 comando. Negoziare non è impuntarsi (« o tutto o niente»). E' ce– dere ed ottenere. La vita è fatta di compromessi. Ma vi sono compromessi e compromessi. Un compromesso sulla base del 75% del tota:e è buono; su:Ja base del 40% è mediocre; sulla base del 10% è lamentevole; chi chiede cento e non ottiene niente, non fa un compromesso, ma si arrende a discrezione; chi non domanda niente, è un uomo che si arrende senza avere neancbe tentato di resistere, è un servo volontario. Su!le domande sopra enumerate ve ne era quS.:cuna, sulla quale non si poteva insistere con quella che l'amico Calamandrei definisce « intransigenza assoluta ». Nel settem– bre 1943 fra il primo e il secondo armistizio, gli Alleati ave– vano promesso per iscritto di appoggiare « con tutte le loro forze l'autorità del re e del governo » (Badoglio, L'Ital.ia f!ella seconda guerra mondiale, p. 134). Su questo punto molto probabilmente Croce, Sforza, Rodinò, Togliatti e Ci. con potevano non cedere . .Questo non significa che dovessero mollare su tutto il resto. Ma su due la intransigenza doveva essere assoluta, pro– prio assoluta, direi feroce: 1) la questione dei volontari; questi, dovendo essere licenziati a guerra finita, non potevano su– scitare i sospetti deg:i AI:eati; se gli AJ:eati non volevano sa– perne, era, dunque, per contentare il re e Badoglio; 2) la integrità del territorio nazionale italiano in Europa: tutti gli a:tri errori degli Alleati avrebbero avuto risultati temporanei e dimenticabili col tempo; un errore su questo campo avrebbe avuto resultati deleteri permanenti.
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