Lo Stato Moderno - anno III - n.24 - 20 dicembre 1946

Abbonammto J>er un ann,o L. roe Boe. Ed. Lo Stato Moderno - Am– mtntstraztone e Direzione: Milano, Via Senato 38, te1ef. 7%.440, 71.UB ' LOSTATO MODER ., OBITI.CA POLlTI.OA ECONOMICA E SOCIALE Anno III - N. 24 20 DICEMBRE 1946 Una copia S ·O M M A R I O MARI0 PAGGI: Partiti in subbuglio pag. 549 MARIO ALBERTINI: Come formare la secon- da camera - Appunti e proposte » 551 VITTOR: Generazioni » 552 ARRIGO CAJUMI: L'ultima libertà <n 553 FABIO CUSIN: Lettera da Trieste - Dopo gli accordi di New Yorlt » 554 ENRICO BONOMI: Problema altoatesino (111) » 556 LIBERO LE TI: Commento al prestito • 558 * * La tregua dei prezzi » 559 ALBERTO GIULINI: Problema unitario - Pre- messe della ricostruzione economica . » 560 EZZETA: Cronache di via l't1orone HENRY LEVIN: La démocratie italienne condi– tion du rapprochement /ranco-italien A TO IO BASSO: La questione del « veto • ali' O. N. U. ENRICO SERRA: 1936-1939 . Svolta decisiva della /JOlitica mondiale RASSEGNA DE~l..,A STAMPA ESTERA RASSEGNA DELLA STAMPA ITALIANA NOTE QUINDICINALI pag. " " » )) » PARTITI IN SUBBUGLIO VolevélJ1ilO scrivere « Partiti in movimento»; ma poiché non è ancora chiaro se si tratti di moto illumi– nato e cosciente, diretto verso mete prefigurate e de– terminate, o piuttosto di moto disordinato e caotico, frutto più di malessere circostanziale che non di chiara e precisa volontà, così abbiamo scritto una pa– rola che vuole semplicemente fotografare una situa– zione di f:atto: subbuglio. Mentre i socialisti attendono, nervosi e impa– zienti, il loro Congresso - e di tanta discordia si di– straggono ogni poco chiedendo la direzione del gabi– netto, certo sperando che nessuno li ponga alla prova - albeggia la crisi della democrazia cristiana, e giunge alla rottura quella del partito li~erale. In tanto franare solo il partito comunista appare saldo come granito. I dirigenti del partito comunista possono permettersi qualunque esperimento, ma il partito non dà segni di irrequietezza. Possono rinun– ciare all'égualitarismo - converrà tornare su questo che è un fondamentale argomento - e nessuno ag– grotta le sopracciglia; possonò passare cial terreno dell'agitazione a quello governativo, e viceversa, e nessuno protesta; possono cedere o difendere Trie e, e a nessuno passa in mente di chiedere il perché di tanto mutamento; possono respingere proposte di na– zionalizzazione avanzate dai socialisti, ma nessun gruppo operaio scuote deluso la testa; annunciano una pqlitica fiscale leonina e il loro ministro la esegue con·gentilezza di agnello, ma nessuno s'aggr9nda. Per ora, è chiaro, mirano a destra·, senza preoccuparsi di coprirsi a sinistra. · Né internazionalisti, né trozkisti, né (crediamo) le velleità sinistrorse di « Iniziativa socialista » li tur– bano nella loro. olimpica serenità a sinistra. E' a destra che vogliono guadagnare; e ci ie– scono, in parte a spes'e dei socialisti, ma forse.in parte anche giovandosi di quello strano, originale e intel– ligente connubio di mito e di real-politik in che si ' sostanzia la loro nuova posizione, per attrarre nuovi gruppi nella ragna della loro manovra. Subito alla loro destra, dove incomincia non tanto la democrazia, quanto la libertà, si. apre imme– diatamente la voragine dei dissensi e delle discordie A questo punto dell'indagine qualcuno potrebb1; essere malinconicamente indotto a pensare che gli uomini non sanno più essere liberi. Non tanto, fors~ non vogliono più esserlo, quanto ~on sono più capaci di attuarlo. La libertà è un aspro, amaro, sottile gioco di affermazioni e negazioni, di volontà e <li limit , d1 audacia e di responsabilità, di istinto e di riflessione Occorra. gusto e allenamento, facilità di intendere gli altri e facilità di farsi intendere. Esperienza, inson1- ma; e noi siamo ben lontani dall'averé esperienza di libertà. O forse è peggio; che gli uomini non vogliono più essere liberi, e chi lo vuole ancora agisce in mndo - come strumento di una insondabile Provvidenza - da compromettere la possibilità stessa d~lla libertà I Ricordo di aver scritto altrove che forse noi assi– stiamo alla fine di quel glorioso processo storico che si apri col Rinascimento. Da allora, parecchi secoli fa, cominciò l'orgoglio e lii coscienza della libertà. E ora, forse, gli uomini ne sono stanchi. Certo che oggi dove c'è libertà c'è disordine; e se io sono disposto a t~– nermi il fastidio dell'uno per amore dell'altra, dubito

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