Lo Stato Moderno - anno III - n.13 - 5 luglio 1946
294 LO ~TATO MODERNO quisite delb tecnica agraria. Lo stesso Ispettorato (in con– corso con le organizzazioni sindacali agrarie)' potrebbe anche promuovere, quando la violazione sia di grave pregiudizio alla produzione, l'espropriazione dell'azienda, da pronunciarsi da un comitato· peritale, composto di due tecnici nominati dalle parti e di un direttore di istitpto superiore agrario designato ogni triennio dal Ministro ~'Agricoltura. Ben si intende che le considerazioni che precedono non hanno altro scopo fuor di quello di richiamare l'attenzione s\J alcuni aspetti essenziali di una riforma agraria, la quale sia (come deve essere) sostanziale e tuttavia so:Jecita di non turbare e anzi di stimolare il meccanismo della produzione. elastica nelle sue forme in relazione alla estrema varietà di situazioni che il nostro paese presenta, semp:ice nella sua applicazione, fondata .su ,un·a selezione naturalé e su una continua possibilità di ricambio organico, poichè nessun vin– colo si .dovrebbe iporre alla disponibilità delle terre assegnate in enfiteusi o wccessivamente affrancate, ma nel caso di dissociazione fra possesso .della terra e lavoro, riprenderebbe a funzionare il meccanismo de!la_ riforma, tendente a ricon– giungerli ne:Je stesse mani. Io sono ben lontano dal disconoscere che molte cose resterebbero da fare, che un forte numero di piccoli pro– prietari resterebbero nella necessità di ricorrere a fonti sus– sièl:iarie di l.avoro o all'emigrazione, che molti braccianti non troverebbero sistemazione sulla terra: ma, per un verso, è un <lato di fatto ben noto ohe la terra coltivabile in ltalia è insufficiente a dare stabile occupazione a tutta la popo– lazione c!assificata come agricola (una divisione ex rwvo, su basi egualitarie, darebbe circa sette ettari per famiglia, di cui quasi la metà di boschi e terreni incolti) (l); per un altro verso, una redistribuzione de:Ia terra attraverso la scom– posizione o ricomposizione, a seconda dei casi, delle unità fondiarie (come proposte dal Rossi, op. cit.) sarebbe opera– zione di tal mole da richiedere molti anni, formidabili capi– tali ,una enorme attrezzatura burocratica e il sovvertimento di centinaia di migliaia di situazioni acquisite, cosiochè, se pur fosse praticamente attuabile, rischierebbe di gettare nel caos tutta la nostra economia agraria, la quale invece - non mi. stanco di ripeterlo - ha bisogno di essere trattata con estrema cautela. Un so:o rilievo vorrei aggiungere: la riforma agraria. come io 1~vedo, ,pur non essendo legata a una formula aprio– ristica, condurrebbe ad aUargare di molto, immediatamente o mediatamente, la sfera della piccola proprietà. Ho già ac– cennato da principio a-Ila essenziale im,portanZ-O, poubica di questa trasformazione iper il sorgere di un sostanziale e .sta– bile reggimento democratico nel nostro paese. Ho anche accennato come lo svi:u,ppo della cooperazione tra piccole aziende e un'adeguata assistenza tecnica ,possano far fruire in molttl casi Ja !Piooola impresa dei vantaggi tecnici ed eco– nomici della .grande impresa. Ma da molti si teme che la piccola proprietà significhi minore assorbimento di .mano d'opera e rapido avviamento alla polverizzazione. Perciò ,mi preme ricordare, quanto al primo punto, le statistiche della Boemia e ,della Germanfa (E. ~ossi, op. cit. pag. 100), da'1le quali risulta llirl impiego di unità lavoratrici per ettaro m– pidtimente dea1escent,e in relazione aM'a,umento della esten– sione <lell'azienda; quanto al secondo punto credo che la po1verizzazione potrebbe essere vaudamente contrastata, non solo e non tanto con norme giuridiche di difesa della unità colturnle quali già si trovano nel Codice svizzero e anche nel nostro, quanto piuttosto col riconoscimento, anche agli effetti successori, deUa comunione t-acita familiare già fa atto per (1) Of. lo specchietto del Lorenzoni, riportato in « Nuovi quaderni di G. e L. », fase. 2-3, rpag. 110. consuetudine in molte delle nostre regioni: in particolare, co! riconoscimento della facoltà di tacitare le fjglie con la dote in occasione del matrimonio (salve le opportune cautele in ordine alla equità deHa attribuzione) e della facoltà di ta– citare in denaro il condomino ohe recede da1la comunione. ARISTIDE FOA' VIVA LA FRANCIA! La malizia dei tiempi è aosì ~rane&, da vediermi coswetio alla subita avverten;,a che ncn si tl'llttt1 di uri-grido d' ircmio, e nemmenc di ttn grido di speMnza. E' un grido, se così posso dire, dellf irutell.etto, che al/,a patria di Ctartesio è grato di semina1'1echiarezza in un mondo di booti. Bi.dault, Gouin, Tllorez, non .90110 forse gli inter-µrfti della democrazia pro– gressiva europea in funziv~ d;ei tre grandi partiti di massa? E cosa sono De Oasperi, Nenni, Togliatti se non & scralbe riproduzioni imliche <kgl'i originali fm:ocesi, che stanno a quelli m1 po' come il Teue,,e alla Seuma, Fogazzaro a Flau– bert, Corrà a Cézanne? Nella mig/io1e delle ipotesi, gli imi– tat~ ci danno il senso del limite degli imitat'c>ri. Ora noi sappiamo qool' è /,apol/tjc,(l esrera democmtica e progressist-a dei tre gr <mcliparti.ti cli massa, nella loro edizione wirigina. E' quel/-a, degli Stati Maggicri. Ma, badat'e, non quél.1/adi uno Stato Maggio-re tntie/Jigente, a.mmadem~t>o. de– gno del/' epoca atomica, chè questo ci avrebbe chi'esto al– meno tutta la Valle Pqckma e sm-ebbe statti una violenro de– gna dei tempi; ma no, pnoprio uno Stato M10ggwre sco/,astico che ci ruba quel tanto d'Itoltà che sarebbe sembrato neces- sario ,a un Ma.esciÒllo di Luigi XN. • Ed è questo quel che più rattrisfu, irriro ed offende nel gesto francese - e che è sinfonwtico di J.utta !.a politioo dei partii.i cli massa: la vecéhiezza mortale delle ÙJrocondezioni, il sillabat-io vuoto e incomprensibile di cui si seroono, la ripe– tizi.one staooa di formule 'll1'rugginite. E alla piccola, sciocca, inut,ile e offensiva agwessi.one dei 14'ecompari di Froncia, i tre com;i@'i d'Italia non sanno oppaN'e altro che una po-litica estera am.oootesoo, fri;/JIJa di memormli e di appelli patetici. Veochi gl.i urn, deCJ'epiti gli 'llltri. Viva dunque la Frarickl. che oi ha dato questa lezione, anche se da pochi sarà gustaba e compresa. Eppoi, povera Francia, bisogna pure che noi la orniamo nelle strettoie in cui si dibatte oggi, se la amammo ieri, spie,i. dida nella po.esili, neU'rarte e nella politica; bisogna pure che noi la amiamo se è ridotba a ronto che per ricordarci « la 'pugnalata » del giugno del '40 rwn può servirsi che di Ara– gon, dilla Juliot Curie e di quell'ineffobile Eluard, complici inbellettu&i di quei pqlitici francesi che nell'agosto del '89 ben altra pugnalata infersero a una F1WJcia sul punto di in– cominciare il calvario. Noi che avemmo le mani. ,i.ette nel '89 e 1101 '40, voglia– mo avef'e -la coscienza net/la anche oggi. E se brucia il ran– core, lo soffocheremo non con paroZe di odio fabbriaate in terra cisalpina, ma con 'due versi tolti proprio a Eluard, af– finchè dalle sue parok medesime i.mpari a capire il rwstro stato d'animo. Hommes réels pour qui le désespoir AHmente le feu dévorant de I' espoir. Ancoro una volta, dunque, viva, la Francia! VITTOR
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