Lo Stato Moderno - anno III - n.9 - 5 maggio 1946

.LO STATO MODERNO 199 fn malafede, la critica che i regimi totalitari muovevano alla istituzione Camerale, .alla quale rimproveravano di non rap– presentare lo Stato bensì un gruppo-di persone. Dopo quanto fu ,da noi detto è inutile che riaffermiamo ancora come il Parlamento rappresenti in ultima analisi la stessa comunità di persone e tragga il suo potere dalla stessa com~nità di persone da cui derivano il proprio potere gli altri organi dello Stato. . E' soltanto il modo di essere della rappresentanza che cambia: e il fatto che nel Parlamento si abbia una ra,ppre– se1itanza di volontà si spiega con la ragione storica che il Parlamento sorse proprio come una rappresentanza dei vari gruppi di persone che avevano forza pO'liti!)anel Paese e che volevano affermare la loro vo!o[ltà ed il loro potere di fronte alle tendenze accentatrici del Sovrano: e d'altra parte con la Tagione pràtica che ancora oggi si afferma, che occorre impedir~ con una costante espressione della volontà popolare, un troppo facile affermarsi di tendenze egoistiche di individui e di gruppi. Lo Stato moderno, non dimentichiamolo, si presenta co– me un armonioso combinarsi <li 01,gani,ognuno dei quali ha una propria funzione ed il cui insieme raggiunge uno stadio di equilibrio: ma, perchè questo stadio di equilibrio si ot· tenga, è necessario, secondo la dotwina democratica, che vi sia ,un perfetto contro1lo sugli organi dello Stato da parte delila comunità di persone che forma il nocciolo essenziale dello Stato stesso. SANDRO MIGLIAZZA - LO SPIRITODELLARESISTENZA In fondo noi Italia11iabbia.mo uno str<mo templeramento: prima, 1 /a retorwa ,più ,gru!la che si potesse immaginare, e la ingviavamo con la più grande indifferenza del mondo; ora, /'eccesso opposto, uno sconfinato pudore, una ca.stigatezza di parole tale da llN'ivai~,a non dir più « resistenza » o ✓ cÌan– destinità • o «martiri•· Così la resistenza italiana non ha dato finora un bel libro, fatta eoc.ezione lU due o tre che pur·· sono esiperjenze parti.colmi del fatto ,partigiallO. Si cospirò, si finì in gakra, si morì: ma &mentica:ti sOllOi nomi di molti compagn4 caduti, rtravoiti daU'ambizioso marciume & dopo. E come non bastasse, invece dei Vercors e degli Aragon ci arrioò la carta stampata da cui si •gettava fango a piene mani sui « olandestini » del ,wrd. Un po' la pigra modestia, un po' l'amore deJ qtdeto vivere han fatto sì che non si reagisse. Il tempo parlerà per noi, dissero. La realtà è che da ceriti am– bienti ci s'è buttati come cani su questo ·po' di gloria gari– baldina, tiemendo che essa finÌ&'lieper mventaire motivo & privilegio. E tu Maffi, tu come tanti akri, sei morto senza la speranzia che qualcuno raccontasse ai tuoi figli perchè sei morto? Forse .71Q. Dovremo pensarci ,noi. Eppoi, quel ricordo della nostra guerra civile, riessuno pensa che è Il cemento & queste prime ,prove della lotta politica? Ciascuno di noi, che disknte da un compagno, riconosce un limì/Je oltre fl quale non è poosiblle andare: la guerra rpm-tigiana. Tutto potrà accadere, ma qualcosa ci lega oùre ogni confiitto ideologico: In passione comune & chi ha combattuto per la stessa causa. Una sorta di spirito combattentistico, se volete .•Non è nato il fascismo, da questo spirito combattenustioo, sOllOnati -i par– titi e la democrazia. Ma una democrazia per essere vitale, deoe aoere dietro & sè ,un forte spirito nazionale o un furto così profonda sofferto oed umano com'è una guerra civile. Tutto il resto è democrazia posticcia, interessi dissimulati di tm vecchio mondo disfatto. Io posso dubitare del.lo spirito democratico di un comunista, &rglielo, discutere. Ma non posso permettere che un partito dez.la lotta olandestina sia messo ,in discussione per esempio dall'Uomo qualunque. Sono cose che tra noi è in.utile dircele. Ci riamosoiamo subito, c'è wi minimo di linguaggio che ~ermette di p01'WCi franca– mente. QuerJJaè l'essenza della lotta atttlille, che è ancora la lotta di ieri portata sul pia7lO ~ l.egaJ.ità.Voglio dire che si distinguono nettatnenJe due mon&: uno, Il nuovo, quello sorto da questa passione; l'ahiro, ,il -vecchio, che non è il, fascismo, ma l'essenza stessa, la causa, la giustificazione del.· fascismo. Noi dobbiamo uscire ancora da questa situazione - e dopo si potrà parlare & una Italia nuova, di una demo– crazia fondata sui principi 1TUXkmi deNa democrazia. Se non riusciamo ad abbattere il vecchio ci trasoi.neremo come para– litici che abbiano fatta la 1CUraWoronoff. Quando dico linguaggio, mi riferisco a qualcosa che in politica, dave a tutti par lecito interloquire, 110n è prena– mente inteso. Perchè, infatti, a giudicare di un quadro si chiede di ,partecrpare ad -un minimo di cultura su cu.i si fonda quello che è detto il « linguaggio delle arti figurative »? Sta– bilito ,elle sia queJ linguaggio, il discorso diventa più espNcito e scorrevole; si taociano le cose muti,li, ci s'intende con poche battute. La lotta clandestina ha fatto quaJ.cosa di .sinnile: tra coloro che vi parteQiparono, a qualunque pll11Uto appar,tenes· sero, ha fondato un linguaggio politico, per cui su certi p_ar– titi ed istimti e uami:ni e cose non è più luogo a discuter(:. Ma abbandoniamo I.e riflessioni mor~ e pensiamo_ piut– tosto a quei morti che non si pos.sono rievocm-e. Scmo tanti. Non basta una ~etteratum. Per che cosa morirono? Una rivo– luzione non fu fatta, dioono. Morirono dunque per un su– premo ideale di libertà e di dignità umana. Anche questo. Ma, rin.tendiamoci, se una rivoLuzìone, seconda gli ~chemi quarantotteschi, 1um fu fatta, come la chiamate quella divi– sione di diciotto mesi, quella lotta fratricida? Una rivoluzione sui generis. In Francia, ai 18 fruttidoro successe il Terrore. In Italia, il terrore si sovrappose alla rivoluzione, che si svolse continua, nei modi con~•entiti dal .tempo, sotterranea ma pre– sente davunque, qua e là affiOTante alla superficie per sovràp– porsi al terr«e: l'occupazione di Biella, di Omegna ecc. ecc. Chi può credere che ii· dolore delle madri, delle spose, dei figli, -si risdlva in nulla come la rissa di due ubriachi aJl' an– golo della strada? Il 25 aprile del 1945 fu un episodio insur– rezionale, d'abcordo, nulla di grave: sebbene qualcosa che resterà fu compiuto, in piazza Loreto e altrove. Un furore. Poi la .-ivdluziooe cambia r;trada, s'malvea nella legalità, prende le vie dello stato. Comincia la rivoluzione « con– creta». QuattTo date sono fondamenta/;, nella storia recente di Italia: 28 ottobre 1922, abdicazione dello stato Uh.era/e; 25 luglio 1948, crollo farsesco del fascismo; 8 settembre 1943, t'inabissarsi tragico delle facili speranze; 25 aprile 1945 ... Quest'ultima data offre all'Italia l' occasionè di,dor prova di vera ed autentica maturità. La rivoluzione non poteva di– ventare barricadkra, ccme al.cuni fantasticavano, ma, tenuto conto deUa sìtuazione anternazionale, della condizione di vinti, daveva, evi.tonda di ripete.re ogni fa11SeSca impostazione rivoluzionaria, tradur.ti nella concreta esperienza storica del paese, dar vita a stmmenti adatti ad operare i:l:all'interno dello stato. Oggi, 25 aprile 1946, ,non si può dire che sia stata fatta molia strada: ma il 2 giugno, forse, il popolo ita– liano potrà determinare il concreto rinnovamento dello stato. Ad un sol patto: che sopravviva in esso lo spirito .della re- iistenza. · G. B.

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