Lo Stato Moderno - anno III - n.9 - 5 maggio 1946

/ 206 LO STATO MODERNO sindacati bianchi contro sindacati rossi; oppure o~ganizzazioni sindacali socia]jste contro comuniste, non merita dimostra– zione. D'altro lato, .J'ine.s,perienza stessa delle forze lavora-· tr,ici, i-nfatto di lotte sindacali (inesperienza che diede e con– cede ancora un rilievo eccessivo al problema tatti,co del!a con– troversia, in confronto al suo aspetto strategico od economico) favoriva una tale situazione; mentre la scarsezza di quadri direttivi quasi l'imponeva. Ancor oggi l'impone in molte occasioni. Come del resto, sottovalutare l'wgenza di un'azio– ne, qualunque sia, per rabberciare alla meglio i molti squarci arrecati, nell'intelaiatura del diritto italiano del lavoro, per la ~duta repentina delle leggi fasciste e repubblicane? Tutta– via, motivo non secondario al patto sindacale fra i tre par– .titi di massa, furono i te~ini, le condizioni del patto stesso. I partiti procedevano di conserva, in unità d'intenti e di azio– ne; e le direzioni· di ciascun organo sindacale, dalle commis– sioni interne, ai sindacati di mestiere; dalle camere del fa– voro alla stessa direzione centrale confederale, erano affidate ad una sorta di triumvirato, costituito da un rappresentante per ciascuno dei tre -partiti aderenti al patto. Ciascun par– tito, dunque, poteva ritenere che, operando in condizione di parità in ,tutti gli organi sindacali, il suo rappresentante avreb– be potuto far sentire ·le direttive del partito suo nel campo della politica del lavoro. E se 111'avrebbeavuto, in certo mo– do, un'azione di compromesso, da potersi inquadrare nei presupposti fondamentali di ciascuna delle ,tre direttive poli– tiche associate. Ma il funzionamento, in realtà, pi codesti organi colle– giali (sorta di C.L.N. in minor grado) rispose veramente alle aspettazioni? Prima questione da risolvere. La seconda (e vedremo che ambedue giungono alla stessa conclusione) dovrà porre in foce q ali modificazioni, nella composizione degli or– gani direttivi, s'ebbero dopo la stipulazione del patto di unità sindacale. Non vorremmo essere accusati di maldicenza. Ma è os– servazione comune anche pei non esperti che, in generale, i sindacalisti comunisti, specialmente presso i maggiori orga– ni sindacali territoriali"{Camere del lavoro) o di categoria, a non parlare della· stessa Confederazione del Lavoro, si mo– strarono assai più combattivi dei loro colleghi democratico– cristiani o sociali-sti. Se ne ebbe· che la politica confederale del lavoro ebbe a subire in modo prevalente l'influenza dei partiti di estrema -sinistra ed in particolar modo del partito comunista. • Lo riconoscono, del resto, i socialisti stessi quando (Critica sociale del 16 marzo 1946) scrivono: • Gravissimo errore è stato commesso anche in materia di politica sindacale. Se ad impedire la pluralità di otganizza-zionl, in contrasto fra loro, potè esser necessario mettersi d'll'CCordo con gli altri due, così detti, partiti di massa, per -porre ciascuno un proprio rappresentante a capo della C.G.I.L. e delle singole Camere del Lavoro ... si doveva tenersi in continuo contatto con essi (rappresentanti del partito socialista) perchè potessero rap– presentare il genuino pensiero del, P. ·S. e non quello del P. C. i cui rappresentanti (i quali ricevono continuamente dal loro partito precise istruzioni) sono stati spesso costretti ad af– fiancarsi passi=te ». Ma frattant6 una nuova modificazione strutturale soprav– veniva, a infirmare le possibilità reali d'azione deglì elemen– ti democristiani e socialisti, negli organi sindacali ·pei lavora– tori. Si ,procedè, democraticamente, alle elezioni <legli ele– menti dirèttivi; convenendosi •in anticipo che in ciascun or– gano confederale (commissioni interne, sindacati di mestie– re, ecc) vi sarebbe stata una sorta di responsabile, un segre– tario appartenente al partito vittorioso nelle elezioni e due vlcesey:retar.i, in subordine, appartenenti ai partiti diciamo. meno vittoriosi. ln qualche caso, quando l'organo collegiale era formato da più di tre persone, si doveva avere così, una maggioranza ed una minoranza: rispecchiando la composi– zione degli organi collegiali il risultato delle elezioni col si– stema della proporzionale. Capitò, ora, che democristiani e socialisti fossero scon– fitti in generale, nelle elezioni degli organi maggiori. Le ra– giorri sono elencate egregiamente dal Gonella stesso (Ii Popolo del 17 febbraio 1946) quando scrive, a commento delle ele– zioni nelJa Fiom, essere del tutto legittimo che i partiti rigo– rosamente classisti « raccolgono maggiori aderenti in un am– biente particola=ente sensibile alJo stirnoio della iottà di cla·sse » e quindi meno ricettivo alla propaganda democri– stiana; od- ammette « la deficienza e l'insufficienza dell'orga– nizzazione sindacale » democristiana; ed il minor mordente dei democratici (e perchè no, dei socialisti) in confronto agli elementi di estrema sinistra; e via elencando. Ma l'analisi di siffatti motivi d'inferiorità ci condurrebbe lontano. Limitia– moci ad accettare il fatto, puro e semplice. Orbene, poichè come s'è scritto, i comunisti più aggressivi e ,più spregiudi– cati, dettavano legge nelJe trattative, già quando le com– missioni erano paritetiope, se ne trae oh'essi tanto più im– porranno ·il loro volere in futuro: •guidan_do,col sussidio della maggioranza, le organizzazioni sindacali dei centri maggiori e le più robuste associazioni sindacali dei centri maggiori e le più robuste associazioni di mestiere. Che son, poi, quelle donde proviene il verbo sindacale. L'aziÒne della Fiom ad esempio, (Federazione degli operai metallurgici), oppure della Fiot (analoga Federazione per i tessili) fu d'importanza assai grande nell'ultimo »ino per la politica salariale; come, d'altro lato, trattative iniziatesi a Genova, Milano o Torino condussero poi a risultati salariali estesi -a tutta l'Alta Italia. . Che giova ai democristiani, ìl disporre di una maggio– ranza in molti centri minori, di provincia, quando la politica sindacale segna, inevitabilmente, l'indirizzo impressole dal.le maggiori associazioni di mestiere o territoriali? •• o Alla lunga, dunque, pei socialtsti, ma soprattutto pei de– mocristiani, il patto di unità sindacale è pregiudizievole. Anzi la politica sindacale ohe ne risulta pÙò esser veramente in netto contrasto con quella che ciascun ,partito attuerebbe nel quadro d'una politica economica nazionale veramente sua. Valga un esempio, astratto forse, ma significativo. Ad un certo momento può convenire ai comunisti l'attuare U,!la politica salariale, onde le imprese non soltanto maggiori, ma minori e minime cadano bocç ,i.mi ;e se ne abbia una ge– lJd)Ulleproletarizzazione della vi!a economica. Infatti ciò gio– va, senza dubbio alcuno, ad una direzione centralizzata den'o Stato; in quanto, con -l'eliminazione di quei-eeti medi 'Che più sono avversi ai regimi totalitari, l'instaurazione di una eco– nomia diretta dal centro incontra meno ostacoli. Ma ciò sarebbe proprio contrario agli scopi della ,poli: tica economica tracciata dal De Gaiperi, nel recentissimo con– gresso democristiano; ed anche a quella che, secondo il pro– gramma economico approvato a Firenze, hanno in animo di perseguire i socialisti, in ispecie -dopo le recenti mutazioni nelle cariche dir,ettive del loro partito. Come uscir,· dunque, da queste contraddizioni che -il patto di unità di azione reca? Come far sì che fa politica sin– dacale di ciascuno dei partiti fimÌatari possa presentar&i « di– stinta dal pensfero di ogni altro partito, ,per quanto affine » come vogliono .j socialisti di Critica ,sociale? · ••• Quando si scriveva, dunque, poc'anzi, ohe il problema sindacale in Italia non è neppure posto con piena chiarezza, non s'erà nel falso.

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