Lo Stato Moderno - anno III - n.8 - 20 aprile 1946

186 possano essere stati i diretti e le defi– cienze della Società delle Nazioni, i sono urgenti motivi per cui essa deve rimanere ,una fonte potenziale di pro– tezione per le democrazie, tra le quali costituirà sempre il più sicuro ed ef-. ficace )egame. Non si ripeterà mai abbastanza che la pace non sa,rà salvaguardata da una politica di astensione e di condiscen– za anche riguardo questioni che posso– no sembrare cli secondaTia importanza. La pace è una e indi visibile. Contrariamente ailile convinzioni di Chamberlain, ilia difesa degli interessi inglesi in estremo oriente potrebbe sen– za dubbio essere assicurata in Spagna. La sconfitta dei republ:xlicani mette– rebbe in ~ado il triangolo Roma-Ber- - lino-Tokio di controllare le basi me– diterranee vitali per le necessità in– glesi e tenderèbbe cosi a disgregare la potenza bellica della marina i:Jl$tiantti- LO STATO MODERNO ca. E' evidente .ili pericolo che una nuo– va offensiva delle truppe di F'lranco nella zona mediteril"anea possa coinci– dere con un attacco giapponese a Hong– Kong. Prima delle <limissioni di Ecle,n il governo in~ese sembrava rendersi conto di questa eventualità; e verrà presto il momento in cui se ne renderà conto di nuovo. Quanto alla Cecoslovacchia, sia che • LondTa ,Jo riconosca o no, essa forma l'Ulltimo baluardo de11e democrazie nel– l'Europa centrale, come Delbos ebbe l'occasione di constatare durante la sua recente v.isita costà. La Francia non consiglierà mai il governo di Praga a cedere al Ticatto tedesco, anche se la gran Bretagna fosse favorevole a tale condotta. La Germania insiste perchè la Cec06lovacchi nunci a111accordo con la Russia come condizione fonda– mentale per più strette relazioni fra Berlino e Praga, ma se la Cecoslovac- chla adeTlsse a quésta :richiesta, la Francia perd&ebbe uno dei fattori del– la sua sicurezza. E si potrebbe chie– d&e a questo punto che cosa acca– drebbe delle famose civiiltà democra– tiche deJl'Europa occidentale se il fa– scismo e dli nazismo riuscissero ad af– fermarsi ov,unque. Non ci può essere civiltà dove gli 111omini non possono foggiarsi la vàta a propria scelta, nè manifestare libeTamente le. proprie opinioni nè mangia·re a sufficie,nza. Co– loro che pensano che queste siano le basi di ogni esistenza umana degna di essere vissuta,. non impiegheranno molto a decidere in quale dicezione la Francia e i'Inghilterra debbano orien– tare la propria condotta. GENEVI8VE TABOUIS . ' Così M.me Tabouis terminava le sue riflessioni eh.e sono state in parte con– fermate dalla prova dei fatti. · DOCUMENTAZIONE Coosiderazioni sull'agricoltura italiana (continuazione). LI granoturco interess,3 più il nord d ttalla che non il centro e per nulla o quasi il mezzogiorno. E' una coltura di rinnovo che lentamente si irestringe battuta in breccia dal,Ie altre colture di rinnovo dette Industriali, e ciò nel nord d'Italia dove trova condizioni arnbien- , tali favorevo:i. E' più difficilmente so– sUtuibile nel centro d'Italia dove per altro in certe zone di pianura le pro– duzioip orticole dowebbero, poter to– gliere di mezzo quel non senso econo– mico ohe è ,la coltivazione del ~no– turco in ambiente avverso, come è quél– lo centro merid,ionale e nelle altre lo a.llunga.mento della rotazione ne re– stringerebbe automaticamente la super– ficie a benefilcio dei prati e perciò del bestiame. La colttvazione de.r riso interessa ail– cune provincie dell'Italia settentriona– le e specialmente quelle di Milano, Pa– via, Vercelli, Novara, ecc. Nel basso bo– lognese ed jn altre zone dri ,recente bo– nifica è coltivazione insostituibile. Co– munque sia è probabile---'che tra non molti anni si debba !far sentire da noi la concorrenzia del13 risicoltura birmana e deg1i altrJ paesi dell'Estremo Orien– te sl ohe sia necessario ridurre le èol– ture a' riso; fooree il problema si risol– verà lentamente ma sicuramente allar– gando J'aUevamento del bestiame è con ,ciò la produzione lattiera. Gli altri cereali: orzo, avena, segale, non costituiscono proMemi ~tanti se non forse l'e,vena nel meridionale e nelle dsole che ~guirà Je sorti della granicoltura. Dunque la nost.a cereali– coltura se, come si crede, ci si avvierà ad una politica di scambi più liberi tra le nazioni dovrà prima di assestarsi su un nuovo equilibrio passaire per una fase difficile, e converrà predisporre le cose in modo che I dolori e Je scosse siano meno sensibili e ciò non solo nel– le aziende ma anche nei ministeri, nel– le scuole,,ecc. La viticultura oon la derivata indu– stria vinicola è forse per valore del pro– dotto (200 miliardi di lire ca.kolando un raccolto norma-le e 50-60 Jire· il li– tro!) Ja ,più ,grande industria d'Italia ch'è ancora l'Enotria che stupì per la ricchezza di vl,ti i ,prumi g,reci, sbarcati a colonizzarla. Siamo al 2° posto per produzione (36 milioni di ettolitri noi, 50 e più la Francia) ed 1/ 4 del vdno pro– dotto nel mondo è italiano, ma altri pae– si ci seguono e progrediscono; perfino la Russia è arrivata ad una notevole produzione e gli Stati Uniti e l'Argen– tina non dormono. La nostra situazio– ne in questo settore no,;i è brillantis– sima; la .i;,roduzione ai primi del secolo era di un buon 20 % superiore a quella di oggi e siccome gli italiani bevono, cosi questa è di poco superiore al no– stro fabbisogno, lasciando a1l'esportazio- - ne quantità ridicolmente piccole; pres– so a poco 1.000.000 di ettolitri coJllpreso il Vermut ed il Marsala! E' questo il punto: se, come sopra detto, potremo allargBTe attraverso u– na favorevole politica di trattati -l'espor– taz~ne e non dormiremo dn quanto a ricostituzione di vigne, non dovrebbe essere difficile ,portare Jo sparuto mi– lione cli ettolitri ei;portabi a 4 o 5 in non molbi anni. Si sp&a che il corso forzato di... enofi-lla che le t.uppe di tutto il mondo hanno lfatto sul ,povero nostro paese dolorante porti d suoi ef– fetti e diremo che tutto il male non sarà venuto per nuocere se questa pro– paganda del fatto darà i suoi frutti. Dicevo che sperando di portare la no– stira esportazione sui ~ o 5 milioni di ettolitri, tenendosi bassi nel valore ciò costituirebbe pur sempre wi apporto in lire attuailà di 30-35 mhliardi! Si trat– terà però di sosbituire tra i nostri clien– ti almeno ,per ,lungo tempo la Germania che era al secondo posto e che non a– vrà modo di pagarsi :hl vino, cibQ vo– luttuario. Ad una esportazione in gran– de dri vini fini in ·bottiglia in concorren– za ai francesi ci cr~do poco, a parte il vermut ed il ·marsala, ma ad un certo aumento sì e le ragioni di questo mio scetticismo sono di ambiente enologico non facilmente superabili e di radicate tradizioni anche queste difficili a mu– tarsi o comunque non in breve tempo: le nostre uve .non danno profumo ai vini e produciamo spesso male e non tipicamente. La tend:enm in tema da fa_ vorjre sarà quella .della costituzione di cantine sociali, cooperative vinicole, au– mento delle attrezzature nei luoghi di produzione centro~meridlonali. Nel campo zootecnico c'è da fare o rifare molto cammino; la popolazione equina già prima del '39 era dimil\uita in contronto a quella esistente nel 1915 di un 14-15 %, quella ovina di circa il 30 %, quella caprina di un 10 %, quella suina era restata quasi uguate e la bo– vina era aumentata del 10 %. S'erano diminuiti i prati per fare posto il più possibile al grano, ecco la ragione di queste diminuzioni e perciò bisognerà toil"nare indietro e sarà bene. Evi<rer1te– mente ,le ragioni poldtiche avevano per– fino fatto perdere .di vista aa legge che in agricoltura è costante e cioè che chi ha bestiame, ha letame, e chi ha letame ha grano! Ma dopo la guerra

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