Lo Stato Moderno - anno III - n.8 - 20 aprile 1946
- LO STATO MODERNO 181 .. dicazione di certe rettifiche di confine, di cui ancora nello scorso mese <li febbraio si è fatto portavoce il suo autorevole organo uffì~ioso « Le Monde » - il sistema esistente ver– rebbe ad essere in taluni punti modificato ed alcuni valichi finirebbero col trovarsi totalmente in territorio francese. Noi -speriamo che però in Francia finisca col prevalere una visione più realistica della situazione e che pertanto sva– nisca il problema delle d:ettifiche di frontiera con la conclu– sione de) trattato di pace. Parallela alla pacificazione degli animi dovrebbe essere l'intensificazione della collaborazione econonùca fra Italia e Francia- A tal fine gioveranno, secondo le nostre esperienze di vita vissuta in zona di frontiera: 1) per la ripresa degli ·scam~i comme.rciali, il ripristino delle ...comunicazioni ferroviarie, attualmente possibili solo attraversp il transito di Ventimiglia. Gravi sono ancora le , interruzioni, specialmente oltre frontiera, su1la linea Torino– Modane, che si spera di poter riaprire al traffico nell'estate del corrente anno 1946: la distruzione di importanti opere d'arte eseguite dai tedeschi in ritirata rende invece alqyanto difficile una prossima riattivazione della Cuneo-Nizza; 2) il riconoscimento che nelle comunicazioni interna– zionali hanno ora assunto un peso ~otevo1issimo i trasporti stradali. Olt,re che per la tendenza del turismo a scegliere la via ordinaria, in conseguenza della futura !Tegolamenta– zione dei traffici -ispirata al rinnovato clima di libertà eco– nomica, è da presumersi che le restrizioni i-spirate ad un gretto na~ionalismo adottate contro il traffico di merci inter– nazionali a mezzo autocarro abbiano ad essere soppresse o quanto meno notevolmente attenuate. In altre parole gli autocarri piemohtesi dovranno essere ,autodzzati a circolare nella zona delle Alpi Marittime e viceversa; 3) il mantenimento dell'apertura anche nei mesi m– vernali dei principali valichi transalpini. L'esperienza di que– sta guerra ha dimo!;trato essere ciò possibile coi moderni spartineve motorizzati: si noti che ciò, allo stato attuale, avrebbe una grande importanza per la VaUe d'Aosta l avreb– b~ anche conseguenze psicologiche favorevoli ai fini della nostra ,politica unitaria. Verrebbe infatti a cadere r accusa· dei separatisti, che il governo di Roma li vuole tenere nel– ]'isolamento. C'è poi il problema dell'adozione di particolari norme per le popolazioni di frontiera. Ma questo esige un più ampio ed adeguato discorso. GIANDOMENICO COSMO Per una politica d'en:iigrazione (Continuazione e fine) 2. - In -base alle considerazioni positive e negative sin qui svolte ritengo giustificata ,l'esigenza dell~ definizione di una nostra politica emigratoria e della conseguente creazione degli appositi strumenti esecutivi. Il governo fascista per per– seguire la sua chimera di un imperialismo anacronistico e antitetico alle attuali situazioni di potenza nel mondo, ab– bandonò ad un certo momento gli strumenti che fo stato italiano si era andato creando rotto fa lezione dell'esperienza per l'orientamento e .Ja_ tutela della nostra emigrazione. Non_ si vo'.le più padare di emigranti, e si parlò di « italiani al– i' estero » messaggeri di potenza, e fin qui nulla di male perchè molte vo:te le parole non contano nemmeno per il fiato che si adopera ad emetterle, ma il male cominciò quando proprio per la illusione imperialistica si mandò ali' ariil tutto quello che era stato fatto in precedenza e si crearono istitu– zioni all'estero che non servirono che a diffondere sospetti po– litici e a creare attriti tra gli immigrati e il paese di adozione, lino a che si arrivò al -tabbjoso catenaccio del fenomeno mi– gratorio, incomoda testimonianza di una insufficienza che non si voleva dare per ammessa e che si sperava, invece, di tra– sformare in lievito di malcontento pt;-r la -spinta a nuove con– quiste. Ora, come ·si è detto, sulla base dell'esperienza e se– guendo alcuni dettami di semplice buon senso, che non è sempre mancato agli italiani, prima di questa tabula 1a~a fa– scista erano stati elaborati degli strumenti pe~ una efficace politica dell'emigrazione. La legge del 31 gennaio 1901 sull'emigrazione (compre.1a poi nel testo unificato delle leggi sul!'emigrazione del 3 dicem– bre 1919) aveva portato alla costituzione di un ,consiglio ge– nerale del!'emigrazione per I~ studio di problemi ad essa connessi, di un commissariato generale de11' emigrazione, or– gano esecutivo del ·primo, di ispettori· dell'emigrazione nei principali porti di imbarco, di un cor,po di ispettori viaggianti– per i paesi transoceanici e di addetti alla emigraziohe negli uffici consolati. Non voglio ora dire che quell'ordinamento fosse perfetto e soddisfacente, giacchè vi mancava soprattutto una organica connessione con le organizzazioni dei lavoratori e con i ministeri economici e dsultava poi di un certo im– paccio J'orìentaro"ento che esso•aveva aiì_sunto verso il Mi- t nistero degli Esteri, anzichè verso i Ministéri economici, tut– tavia era un qualcosa di serio e di solido. H problema che si pre.senta ora è in wstanza semplice: può lo stato disinteressarsi del fenomeno migratorio? E la risposta, anche da parte dei lilberisti accaniti, credo non potrebbe essere che negativa. Conseguentemente allora si tratta di e'.a'borare un_sistema sciolto per garantire che l'in– ttervento del:o stato avvenga nelie forme necessarie e op- 1portune, che cioè non solo non crei intralci, ma che possa essere utilizzato a beneficio de~li emigranti, con tutto un com– plesso lavoro di orientamento ne!Ja scelta degli sbocchi, nella ricerca dell'occupazione e in una certa tutela durante il tran– si.torio periodo di sistemazione. La cosa più seniplice sarebbe tornare ali'antico, tenendo conto degli insegnamenti e della esperienza e delle necessità del momento, ma è chiaro che questa è un'opera che -spetterà, quando ci saranno, ai nor– mali organi legislativi.- In via transitoria mi pare opportuna la formazione di un embrione della futura organizzazione de- finitiva. 1 Pertanto sarà il caso di ricostruire il consiglio generale deJ.l'emigrazione, chiamandovi a far parte gente che abbia vo– glia e capacità di lavorare, senza farrte un parlamento, ma un organo di lavoro. Questo consigfio provvisorio potrebbe essere costituito da un paio di esperti, un pajo di r~presentanti dell'organizzazione dei lavoratori, due o tre rappresentanti qualificati delle regioni a maggior flusso migratorio, e basta. Ma questo consiglio dov'.rebbe essere organicamente ancorato con altri istituti che ~bbiano, in -un certo modo, nelle mani l'economia del paese; certamente la 50Juzione migliore sa– rebbe, quella di fare del proposto consiglio provvisorio della emigrazione una sezione del promovendo consiglio nazionale dell'economia. '- La attuale direzione degli italiani a:11' e.stero, se del caso modificata e· riformata, potrebbe tornare ad fssere il vecchio Commissariato; ad essa spetterebbe, per il momento, svol– gere- prevalentemente un lavoro di analisi e di studio delle. possibilità dell'emigrazione e delle condizio~i offerte alla no– stra mano d'opera dai vari paesi, soprattutto dovrebbe pun– tare su un'opera cli raccolta di informazioni e di dati concreti. . I
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