Lo Stato Moderno - anno III - n.4 - 20 febbraio 1946

LU STATO MODERNO 85 Il "diario di un borghese~~ di G. Douro Tra i documenti ,più interessanti pubblicati in questo periodo a proposito della valutazione storica degli ultimi vent'anni, si deve enumerare senza dubbio il Diario di un borghese di Giovanni Douro. Esso è apparso a Firenze sulle colonne di Società nel num~ro doppio di gennaio-giugno 1945. Douro è un uomo che non soltanto pensa ma anche ,crive bene: il diario che tratta (negli estratti pubblicali) 1 uasi esclusivamente di problemi politici, di riflessi politici, di sensazioni politiche e contiene soltanto due o tre accenni personali, s'esplica con una forza di evidenza letteraria che si imprime per l'onestà, la dirittura dello stile e del carattere. Ecco come dipingè la morte del padre: la necessità del rinnovarsi della vita anche nel dolore, la pur aspra coscienza di ciò proprio attraverso l'affetto, un tocco di rimpianto con– tenuto ma estremo: vi sono rinchiusi in una semplicità piena di espressione. . « E' morto il mio Babbo - senza che ci siamo salutati, senza che ci fossimo .dette le para:e che abbiamo sempre taciuto. Io sapevo che ciò doveva avvenire quest'anno. Ora non mi consolo altro che parlandogli in sogrlo. Desidero la notte per poter stare con lui. Se ne è andato e ha portato con sè i ricordi della mia fanciullezza. Ora sono veramente davanti alla vita e la giovinezza è finita. li mio lavoro, da tutto interiore, dovrà farsi esterno». Ma cotesti sono episodi: l'importante è il carattere del– l'uomo vissuto fra il '20 ed il '40, che ne balza fuori net– tissimo e benchè ·lui specificamente, lui, Douro, con intui– zioni personali ed -acute, è anche il rappresentante de:la crisi degli intellettuali italiani: così non è pura coincidenza il fatto che tra certe parole del Douro nel 1941 e le parole del Ban– dinelli nella prolusione all'Università di Firenze nel '44 vi siano recondite associazioni. « L'unica luce è stata la parola di Benedetto Croce ... ma oggi che siamo usciti da quel carcere, nel quale la sua era la sola luce che polarizzava i nostri,, sguardi, essa ci è apparsa meno intensa, meno viva ... intorno a noi la vita e il sole son tornati a fremere con rinnovata potenza e il grande vecchio non sta più dinanzi a noi come una meta o un faro ». Nato Hberale e diventato socialista, il Douro nel '21 non credeva nel partito socialista, ma nelle idee socialisti– che: passato attraver-s~ e positivismo e 111istic'ismo e Croce, egli non crede più nel filosofo dell'intuizione ma aspira a qual– cosa che non sa definire: il crisma del dubbio non l'assale con piena violenza fino al '38: egli era ancora in quel tempo. legato a concezioni liberali. Più tardi diventerà comunista, ma comunista attraversato da dubbi, .pur se inconsci; di spe– ranze non comunistiche- « L'umanesimo è stato una cosa grandissima, l'intima re– ligione dei tempi « moderni »... Oggi una nuova re'.igione sta nascendo... la sua marcia sarà più rapida di que'.la del cri– stianesimo e perciò apparirà più rivoluzionaria; per la stessa ragione la frattura, il « medio evo » sarà più breve. E do– mani tutti vedranno che essa è stato un progresso ». V'è in cotale atteggiamento un dramma composto da più convergenti; in cui la convergente cultura (v,ita morale) ha tanta importanza quanto la convergente peolitica. Questa ·anzi 1,i risolverebbe: lotta contro il fascismo, creazione di federa7Jioni democratiche (nel '35 prevedeva: Stati Uniti di Europa; lingua ufficiale del mondo: l'inglese) ecc. ecc. Gli è che vi si introduce un fattore diverso: la morale; ecco lo sviluppo per il protagonista del diario dalla concezione libe– rale a quella comunistica, della morte dell'idealismo ,in lui e la ragione della ricerca di un nuovo mito che so~entri a quelli mistici e religiosi antichi. ù « Ma arrivato in fondo non trovo nulla di chiarito ... per esempio, è certo che l'estetica di Croce ha ucciso parecchi mostri... ma quel far consistere l'arte in ,un punto ... mi sem– bra non una soluzione deHnitiva e totale, ma solo l'estrema conseguenza della posizione del romanticismo... l'estetica crociana, mi sembra da collocarsi ali'estremo di uno svi– luppo, non inizio di uno sviluppo nuovo ... (così) con l'im- 01anentismo nel!a storia, un nuovo mito (torna) ad allon– tanare la storia dal realistico contatto con gli avvenimenti umani ... ». Eìcco l'idea che l'io debba essere riassorbito in qual– cosa di più grande, idea che aumenta, invece di diminuire, di fronte alla guerra; ad essa, alla moribonda danza maca- · bra di quest'umanità, alla carna'.e efficienza del do!ore e de:Ja sofferenza, alla contumace riserva di speranze che oltre– passino la facilmente combustibile indiv,idualità, si deve la ripresa di motivi mistici, oltramonda:i · Dietro a cotesto senso tipico dei cataclismi fa riscon– tro la prassi degli eventi: l'impotenza di riforme creative sia negli agrari che nei contadini nelle annate 1919-21; la classe militarista e la borghesia timide e restie nell'estate '43; l'av– vicendarsi delle sconfitte e delle vittorie; l'oppressione fa– scistica coi metodi buffoneschi, le cariche, la demagogia; il reazionarismo del Vaticano nel problema Franco; il distacco tra le generazioni; uno sfondo che ha dei colori di dramma, il dramma più vero e sentito, umano, senza scatti irrisori o meschini di partigianeria. E' per queste serietà che il Diario di un horghese è documento storico di a'.to .valore e saggio umano reale; è per questo che avvince chi abbia rivissuto questi anni; a noi ]:fiù giovani è Ia riprova di uno svolgi– mento di ricerca anche nostro. Il borghese del diario siamo noi in evoluzione interiore: potremmo opporre al Douro os– servazioni contrarie, ad esempio, in contraddittorio alle sue negazioni dell'umanesimo, decaduto -a motivo trito. Io po– lemizzerei decisamente in questo senso: l'umanesimo non è che un motivo eterno di umanità che si ripete senza esau– rirsi entro di noi, nell'aspetto vario della libertà (un umane– simo socia-le, direbbe Thomas Mann, una democrazia so- Ma coteste osservazioni meriterebbero sede polemica e non espo.sitiva come questa è soltanto. Il• borghese che ci si delinea nel Diamo è il borghese sfiduciato solo nell'ultima osservazione. « Non sarò mai, per mi.a· fortuna, un. uomo politico»· Qui il borghese ha nuovamente timore, anche se può essere solo il timore della lunga tensione cui l'abbandono arreca uno sfasciarsi fisico, quasi. Nel complesso la nostra ricerca !a nostra .serietà cioè, la nost:raimtazione a sentir rimpiccioJi.re quella che si sente oggi come conquista di dramma ita'.iano e umano assieme la ripresa di contatti col mondo e la sensazione che tali contatti -sono su di una base completamente diversa; la coscienza che· non ci si rialza -rinfrescato con l'avvilimento e con l'asserire (cotesta, 'lo ripeto, è l'unica parola ,non vitale che ci dica il Douro), « non sarò mai uomo politico »: tutto ciò si può identificare con la sen– sazione provata leggendo il diario da uno che oggi soffra come il Douro soffriva allora. Ma sto prendendo una via non maestra e mi riattacco troppo all'oggi: il Douro ci ha fatto intendere l'urgenza di problemi ideali e il cangiamento di essi da allora ('20-'21) ad oggi, in lui. Da allora, dai nostri· padri fino a noi figli che ~entiamo un palpito turbato a rileggere queste pagine, in riguardarci attorno; come citi non voglia il ripetersi di una favola. ' GIANFRANCO DRAGHI

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