Lo Stato Moderno - anno II - n.18 - 20 ottobre 1945
252 LO STATO MODERNO LIMITI DEL Al referendum, quale strumento di democrazia diretta, sono rimasti fedeli pochi tra gli inveterati repubblicani e gli sono divenuti fedeli, se proprio di una consultazione popolare non se ne dovesse fare a meno, certi monarchici. I primi, astrattamente, per tradizionalismo di opinioni. I secondi, con un basso calcolo realistico, cioè per la consapevolezza empi– rica, confermata da troppi esempi anche della recente storia italiana, che i plebisciti si risolvono per lo più in un trionfo della tesi conservatrice. se non addirittura reazionaria. E' evidente che il refere11dum presuppone una omogenei– tà nei consensi e nei dissensi, chè altrimenti si avrebbe il caso dei tot ca.pita, tot se11te11tiae con conseguente impossibilità di computo dei voti. In altre paro!e, occorre che il referendum si riduca alla scelta alternativa trn un «sì» ed un •no». In primo luogo, tuttavia, ciò comporta una falsa ed aberrante semplificazione dei contrasti polilici. Una demo– crazia che si riduca ulla scelta tra un « sì » ed un « no», è veramente una democrazia che può essere esercitata da tutti, ma troppo a cuor leggero. Le « effettuali » ragioni politiche, i profondi contrasti di interessi, le esigenze di comportarsi in una certa maniera, piuttosto che in un'altra, celate dietro quel monosillabo, sfuggono all'elettore comune. La lotta po– litica riduce la sua complessità di tesi, di dibattiti e di schie– ramenti, ad una puntualizzazione troppo schematica che con– sente o addirittura favorisce l'ignoranza o comunque non certo l'effettiva e completa conoscenza dei sottostanti con– trasti. In secondo luogo, in politica esistono beu pochi pro– blemi che si possono condensare logicamente in un « sì » o in un «no». Si .sottoponga a referendum una determinata legge costituzionale, o una riforma economica, o un provve– dimento finanziario: è chiaro che per poter dare con tutta consapevolezza il proprio voto bisogna non soltanto aver lette e compttlsate nel testo integrale, spesso assai complesso, le relative norme, ma essersi resi conto delle ripercussioni, favo– revoli o sfavorevoli, lontane e vicine, e, nell'impossibilità di introdurre emendamenti, aver vagliato se l'assenza di queste modifiche induca ciò malgrado a votare a favore o non invece a votare contro. E poichè questo è dato a ben pochi, gli altri o, spauriti dalla novità, si schierano a favore dello IS'ta'fus quo, oppure si lasciano trascinare dal più abile quando non dal più demagogico degli accaparratori di voti in tenzone. Si pensi. per restare in un caso a noi più prossimo, ad un ,referendum sulla questione istituzionale. E' chiaro che la questione non potrebbe restare limitata all'alternativa « monarchia sì o mo– narchia no»: essa si sdoppierebbe, nel caso della negativa, nell'altro interrogativo: « e allora, quale repubblica?». a cui un referendum plebiscitario non sarebbe in grado di dare risposta, con la conseguenza cli lasciare dubitosi circa la stessa tesi negativa. In terzo luogo c'è una questione costitutiva. Chi elabora il testo o il provvedimento o la legge a cui l'elettore dovrà rispondere con l'alternativa del suo monosillabo? 11 governo, il potere esecutivo? E allora è chiaro che elaborerà il quesito in modo da presentarlo in guisa che l'elettore sia indotto a dare la risposta che più gli è gradita e che indirà il referen– dum nel momento più propizio. Oppure il potere legislativo? Ed al:lora il voto del referendu.m diventa una pericolosa cen– sura dell'attività legislativa, che può risolversi addirittura in un conflitto circa la fiducia dei mandatari parlamentari, nel caso che la consultazione popolare rifiuti una legge già ap– provata dalla maggioranza del parlamento, giacchè il rifiuto significherebbe che il paese dà ragione alla minoranza del– ]'opposizione. REFERENDUM . . In conclusione, per qu:mto riguarda i problemi poli– t1c1, costituzionali o legislativi, e specie se di vasta portata assai più seria, efficiente e progressista appare, rispetto alld consultazione popolare diretta, la decisione che nasce dai dibattiti parlamentari. E' in tal sede, nella dialettica dei partiti e nel gioco delle diverse forze politiche, che i pro– blemi trovano soluzione sottoposti al vaglio del possibile dell'opportuno e del consistente. Elementi che sfuggono, pe; lo più, all'opinione popolare generica, quale potrebbe mani– festarsi nel referendum. C'è tuttavia un settore, anche se limitato settore, nel quale il referendum popolare può servire come strumento di una effettiva democrazia: ed è il campo dell'amministrazione locale, o, più esattamente, dell'amministrazione comunale. Giocano qui a suo favore: la ristrnttezza e omogeneità del corpo elettorale; la facilità di conoscenza dei problemi su cui si tratta di deliberare; la immediatezza degli interessi in -dibattito. La .:ostruzione di un:1 data strada comunale o di un ponte o della casa comunale; l'esecuzione di opere di miglioria, o di piani regolatori; la municipalizzazione di certe imprese o di certi servizi, ecc. sono deliberazioni nelle quali appare veramente democratico raccogliere direttamente l'as– senso o il dissenso dei componenti il comune, raccolti in assemblea, quando poi essi debbono sopportarne in definì– Uva il carico fiscale. Con questa diretta delibera dei compo– nenti il comune si eviterebbe l'inerzia, in buona o in mala fede, di giunte e <li consigli comunali in cui prevalgono in– teressi conservatori o misoneisti, specie se ai cittadini venisse consentito un certo potere d'iniziativa nel far promuovere dei refere11dwn. Si eviterebbero le eterne dispute locali a prn– posito di buone e di cattive amministrazioni comunali, tra– sferendo per certe delibere più importanti la responsabilità su tutti gli appartenenti al comune. Infine, la stessa tutela degli organi superiori sulla amministrazione comunale, non avrebbe più ragion d'essere - u si restringerebbe ad un controllo di mera legittimità - per quelle delibere approvate per referendum con un dato (ma elevato) minimum di votanti. Naturalmente, ad evitare da un lato risultati conserva– tori da parte degli elettori, d'altro lato pericolosi sperperi, la possibilità di disporre mediante referendum popolare an– drebbe ciTConscritta. Escluse da essa dovrebbero restare le spese obbligatorie a carico dei comuni, e - nel senso d'una contrazione - le spese per l'istruzione pubblica, di assistenza e di spedalità; escluse la possibilitù di alienazione del patri– monio immobiliare comunale ed il trasferimento a privati di imprese o servizi municipalizzati; esclusa la possibilità di accensione di mutui con ammortizzo eccedente un dato li– mite; escluse, naturalmente, tutte le limitazioni ed impacci concernenti l'immigrazione e la libera circolazione di per– sone, merci e beni. Entro questi limiti, non arduo si presenterebbe alla legge comunale e provinciale, l'indicare quelle delibere di maggiore importanza e atte a provocare dibattiti locali di più vasta portata sulle quali torni opportuno indire il referendwn. salvo sempre alle amministrazioni locai i di indire referendum facoltativo per quelle decisioni nelle quali, a sgravio di loro responsabilità o per trovare un più solidale consenso, rite– nessero ricorrere alla consultazione degli appartenenti al comune. GIULIANO .PISCHEL
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